Politiche dell’immigrazione

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Editoriale della rivista dei gesuiti statunitensi America sull’impasse legislativa in materia di immigrazione. Negli ultimi anni si osserva una delega della questione da parte del Congresso al potere esecutivo del governo. Questa mancanza di politiche legislative ha prodotto una condizione in cui le questioni legate all’immigrazione si decidono tra l’amministrazione in corso e le corti (originale inglese, qui).

Il 23 gennaio la Corte Suprema degli Stati Uniti ha confermato il diritto dell’amministrazione Trump di negare la concessione della carta verde a immigranti che gli enti governativi ritengono essere soggetti che potrebbero plausibilmente fare domanda per programmi di assistenza pubblica. La decisione 5 vs 4 della Corte Suprema consente all’amministrazione Trump di incrementare le restrizioni verso immigrati che presumibilmente diverranno un «peso pubblico». Ossia, una persona che almeno parzialmente dipende da forme di assistenza governativa.

L’avvocatura della Chiesa cattolica

La Conferenza episcopale statunitense ha mantenuto la sua posizione contro il cambio della legge, affermando che la «decisione avrà affetti devastanti per le comunità degli immigrati, dal momento in cui le persone colpite dal provvedimento sono gettate in una zona d’ombra perché temono di essere deportate e di venire separate dalle loro famiglie cercando sostentamenti essenziali per vivere».

Il Congresso non può rimanere inerme mentre l’esecutivo continua a demolire il nostro sistema di immigrazione che è già disfunzionale. Per troppo tempo questo corpo legislativo è stato negligente nel suo dovere di approvare una riforma giusta e umana del sistema di immigrazione.

Congresso e immigrazione

Aggressività contro i migranti

Dal 1990 un Congresso in tono minore non ha fatto altro che restringere gli spazi per l’immigrazione, rafforzare il controllo delle frontiere e accanirsi contro datori di lavoro che assumono immigrati senza permesso. Queste misure includono l’«Illegal Immigration Reform and Immigrant Responsibility Act» (1996), il «Patriot Act» (2001) e il «Secure Fence Act» (2006).

In tutti questi anni, sia la Chiesa cattolica sia vari gruppi di rappresentanza e sostegno dei diritti dei migranti hanno svolto attività di pressione sul Congresso per una riforma complessiva del quadro legislativo. Questi sforzi includono la lettera pastorale Non più straniero (2003) dei vescovi messicani e statunitensi, nella quale si articolava un percorso sfumato verso una riforma in materia di immigrazione.

La visione dei vescovi riconosceva il diritto della Nazione alla sovranità, ma al tempo stesso difendeva la dignità umana dei migranti. Mentre vanno avanti sforzi di questo genere, come il programma «Giustizia per gli immigrati», un Congresso diviso deve mettere in campo ora una riforma completa.

La rinuncia del potere legislativo

La paralisi congressuale inscenata da entrambe le linee partitiche ha sostanzialmente consegnato le misure in materia di immigrazione nelle mani del potere esecutivo. Nel 2012 il presidente Obama ha emanato un ordine esecutivo per far entrare in vigore il «Deferred Action for Childhood Arrivals Program» (noto con l’acronimo di DACA), che protegge dalla deportazione immigranti senza permesso che sono giunti negli USA da bambini.

L’amministrazione Trump aveva annunciato il piano di porre termine al DACA entro il 2018, ma una serie di decisioni giudiziarie hanno momentaneamente bloccato la soppressione del programma. Lo scorso novembre la Corte Suprema ha ascoltato gli argomenti orali in merito al DACA e si attende una sua decisione verso giugno. Il recente verdetto sul peso pubblico potrebbe essere un preludio della direzione in cui verrà presa quella decisione.

Recuperare la responsabilità politica

Ma per agire il Congresso non deve aspettare né Corte Suprema né il presidente. Lo scorso giugno la Camera dei Rappresentanti ha approvato l’«American Dream and Promise Act» (2019), che creerebbe una via verso la cittadinanza per i cosiddetti «dreamers» e per coloro a cui è stato riconosciuto lo stato di protezione temporanea. È ora che il leader della maggioranza, Mitch McConnell, permetta di votare in Senato sull’«American Dream Act» e per il presidente Trump di controfirmarlo e dargli validità di legge. I sondaggi mostrano che più del 75% degli americani è a favore di una legislazione che consenta ai «dreamers» di rimanere nel paese. E Trump ha detto di avere a cuore i «dreamers».

Congresso e immigrazione

Oltre a risolvere questo pericolo immediato a cui sono esposti i «dreamers», i membri del Congresso devono smettere di usare gli immigranti per trarne vantaggi politici con i propri sostenitori, ed è giunta l’ora che essi correggano politiche che trattano coloro che arrivano dall’estero come un problema e tengono milioni di persone in una condizione di incertezza legale.

American Greatness

La Nazione è servita male da un Congresso che non fa nulla per gli immigrati senza permesso (stimati intorno a 12 milioni di persone) che hanno fatto degli Stati Uniti la loro casa, né è in grado di mettere mano a procedure realistiche per gestire il flusso di migranti ai confini meridionali.

La grandezza dell’America è sempre stata costruita sulla forza dei suoi immigrati. È ora che il Congresso garantisca le condizioni affinché questa grandezza possa continuare.

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