Religiosi/e brasiliani contro il governo

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religiosi brasiliani

Tredici istituti religiosi femminili e maschili brasiliani di Vivat Brasil a cui fanno capo oltre 1.200 aderenti hanno firmato la seguente “Nota di rifiuto” della politica del governo brasiliano nei riguardi delle popolazioni indigene e delle comunità tradizionali durante la pandemia Covid-19 e criticano il suo malgoverno sul piano sociale, politico, economico ed ecologico.

Noi, VIVAT BRASIL, con oltre 1.200 membri delle 13 congregazioni religiose associate (Società del Verbo Divino, Missionarie Serve dello Spirito Santo, Congregazione dello Spirito Santo, Suore Missionarie dello Spirito Santo – Spiritane, Congregazione delle Suore della Santa Croce, Missionarie Comboniane del Cuore di Gesù, Suore Missionarie Comboniane, Suore Missionarie di San Carlo Borromeo – Scalabriniane, Missionari oblati di Maria Immacolata, Congregazione delle Piccole Sorelle dell’Assunzione, Suore Adoratrici del Sangue di Cristo, Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (Dehoniani) e Suore Missionarie del Sacro Cuore Santo Rosario), esprimiamo la nostra solidarietà alle popolazioni indigene e alle comunità tradizionali, in particolare nell’Amazzonia brasiliana, per la lotta perseverante e la costante resistenza in difesa della vita e dell’ecologia integrale, di fronte all’attuale situazione di malgoverno, sia sul piano sociale, politico, economico e ambientale.

Ci uniamo alla voce della CNBB, (Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile) che il 13 luglio ha pubblicato una lettera aperta, chiedendo «l’approvazione da parte del Congresso Nazionale del Piano di emergenza (PL 1142/2020), ribaltando i 16 veti del Presidente riguardo alla lotta al Covid-19 nei territori indigeni, nelle comunità quilombole e in quelle tradizionali».

Con profonda indignazione, ripudiamo l’attuale politica del governo nei seguenti aspetti:

  • Disattenzione verso le popolazioni indigene in Amazzonia di fronte all’attuale situazione di calamità pubblica. In Brasile, il Covid-19 ha già raggiunto 143 gruppi etnici, contagiando 16.656 indigeni, 542 dei quali sono già morti, secondo i dati pubblicati su Folha de São Paulo (“I militari e il genocidio indigeno”, 21 luglio) e confermati dall’Articolazione delle popolazioni indigene del Brasile (APIB).

A causa della risaputa vulnerabilità delle popolazioni indigene, lo Stato avrebbe dovuto evitare che il virus raggiungesse i villaggi, invece non ha adottato nessuna misura per impedire che i cercatori d’oro e di diamanti, i commercianti di legname e gli accaparratori di terre invadessero i territori indigeni, diffondendo il contagio. In questo contesto, è ancora più grave il comportamento genocida del presidente Bolsonaro che ha posto il veto sulla fornitura di acqua potabile, il cibo e i letti d’ospedale alle popolazioni tradizionali.

Lo stesso papa Francesco ricorda che l’acqua «è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone e, per questo, è condizione per l’esercizio di altri diritti umani» (Laudato si’, n. 30).

La situazione è talmente grave che la Commissione interamericana dei diritti umani dell’OEA (Organizzazione degli stati americani), il 20 luglio, ha comunicato al governo brasiliano misure cautelari per proteggere gli indigeni Yanomami e Ye’ kwana a Roraima.

  • Trascuratezza del governo brasiliano che, di fronte alla pandemia, lascia il Ministero della Salute da oltre 60 giorni senza un ministro che si occupi della lotta contro il coronavirus nel paese.
  • Disattenzione verso le culture indigene per quanto riguarda la veglia mortuaria e il funerale delle vittime di Covid-19. Molti indigeni vengono sepolti senza notifica ai loro parenti e, in molti casi, non viene registrato nel certificato di morte che sono indigeni. Inoltre, è negato il diritto di portare il corpo nei loro villaggi con l’obbligo di obbedire alle linee-guida sanitarie.
  • Mancato controllo da parte degli organi federali dell’accaparramento delle terre, l’invasione da parte dei cercatori d’oro, del disboscamento provocato dai commercianti di legname, da allevatori e dal business agroalimentare di soia. Secondo l’INPE, dall’agosto 2019 al 10 luglio 2020, il degrado nell’Amazzonia legale è aumentato del 64%, raggiungendo un totale di 7.540 km² di area disboscata.

Davanti all’urgenza di difendere la vita delle popolazioni indigene e delle comunità tradizionali in Amazzonia, comprese le donazioni di qualsiasi genere, siamo disposti a inoltrarci nei luoghi più colpiti.

Perciò, alziamo le nostre voci come un grido di protesta per la trascuratezza del governo di Bolsonaro ed esprimiamo la nostra solidarietà a tutte e tutti i difensori del popolo, che lottano e contribuiscono a lenire tanta sofferenza. Per questo motivo, commemoriamo i martiri come p. Ezechiele Ramin (35 anni) e sr. Dorothy Stang (15 anni) a nome di tutti coloro che hanno dato le loro vite per la Vita, vite per il Regno e vite per l’Amazzonia.

Perciò, VIVAT BRASIL si unisce a tutte le persone e alle loro organizzazioni sociali e pastorali in difesa della vita e dell’ecologia integrale per vivere bene nella nostra casa comune.

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