Ucraina: la disputa sulla Lavra /3

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lavra di kiev

Il 29 marzo è scaduto il contratto fra lo stato (Ministero della cultura – Fondazione Lavra) e la Chiesa ortodossa non autocefala (in precedenza legata a Mosca) che fa capo al metropolita Onufrio. Alcuni monaci sembrano essere già usciti, ma né la comunità monastica né l’Accademia né la direzione della Chiesa (oltre 500 persone) si sono mosse. Esse hanno rilanciato, chiamando in giudizio la Fondazione e il Ministero per indebito scioglimento del contratto.

La comunità monastica si spacca?

P. Anderson (cf. Il Sismografo) dà nota di una operazione drastica che potrebbe rivelarsi importante. Il metropolita Epifanio, responsabile della Chiesa autocefala (riconosciuta da Costantinopoli) avrebbe nominato vicario della Lavra l’archimandrita Avraamiy, monaco della comunità e membro del consiglio di una delle chiese della Lavra.

Subito sospeso dalle autorità interne (vescovo Paolo), il suo nome potrebbe però convogliare quella parte dei monaci che è più critica nei confronti dell’attuale superiore, personaggio discusso per la sua simpatia filorussa e per la gestione commerciale della Lavra. È lui che ha reso nota la decisione della comunità e dell’Accademia di non lasciare il territorio monastico: «Secondo la legge e la Costituzione non hanno il diritto di espellerci».

Secondo p. Giorgio Kovalenko, della Chiesa autocefala, la maggioranza dei monaci sarebbe ancora incerta e divisa tra due minoranze che si equivalgono in termini di numeri: quanti sarebbero disposti a unirsi alla Chiesa autocefala di Epifanio e quanti invece vi si oppongono duramente.

Un precedente non favorevole sconsiglia di fare questi calcoli. Al momento del Concilio dell’unificazione (celebrato nel dicembre del 2018) si faceva conto sulla «frana» di una ventina di vescovi filorussi, che sarebbero stati disposti a entrare nella Chiesa autocefala. Alla prova dei fatti, aderirono solo due su un centinaio. Anche se oggi, dopo oltre un anno di guerra con la Russia, i giudizi potrebbero essere diversi.

Difendere la santa Ortodossia

Le accuse del Ministero e della Fondazione per sospendere il contratto riguardano ristrutturazioni arbitrarie, manutenzioni improprie e contratti con terzi di cui una apposita commissione (peraltro discussa) ha dato conto.

Le autorità amministrative (O. Danilov) hanno detto che non ci sarà uso della forza e tutto sarà fatto nel rispetto della legge. La procedura dello sgombero è solo iniziata. Si dovrà probabilmente attendere il responso dei giudici.

Il metropolita Onufrio ha chiamato tutti i fedeli alla preghiera per salvaguardare la presenza monastica nella Lavra, faticosamente ricostruita in tre decenni dai monaci. L’intero mondo ortodosso – ha sottolineato – è colpito da una decisione che non ha motivazioni plausibili. Nessuna possibilità di «compromessi»: «Niente può incrinare la ferma volontà di difendere la santa Ortodossia».

Molto coinvolti anche gli appelli del direttore e vicedirettore dell’Accademia (300 alunni e decine di professori): «Se perdiamo il diritto di utilizzare questi edifici della Lavra delle grotte, il principale polo di insegnamento teologico ucraino, che ha più di 400 anni di storia, potrebbe cessare di esistere» (Filarete, vicedirettore). «Se ci sono state violazioni siamo pronti a eliminarle in collaborazione con l’amministrazione statale» (direttore, vescovo Silvestro).

Epifanio si candida a sostituire la responsabilità del plesso della Lavra, ma non ha monaci in numero sufficiente per farlo e attende che una parte degli attuali residenti faccia il passo verso la Chiesa autocefala.

Molto più silenziosa sull’intera questione è la Chiesa cattolica di rito bizantino. L’arcivescovo maggiore, mons. Svjatoslav Shevchuk, si è limitato a chiedere il permesso di poter celebrare talvolta nelle chiese della Lavra.

Liberarsi da Mosca

Il punto critico non è sulla proprietà, ma il sospetto del mondo politico, dei media, e di parte dell’opinione pubblica circa l’effettivo distacco della Chiesa non autocefala dall’influsso russo. È vero che il metropolita Onufrio ha condannato immediatamente l’aggressione russa e che il suo Concilio (maggio 2022) ha cambiato gli statuti rendendosi autonomo da Mosca, ma queste mosse non hanno convinto tutti.

La polizia ha messo sotto processo 60 ecclesiastici (su alcune migliaia) e ha già condannato 7 di essi. Quattordici gerarchi sono stati sottoposti a censure varie e sono state centinaia le perquisizioni nei monasteri, nelle diocesi e nelle parrocchie. Il patriarcato di Mosca non ha mai preso sul serio le distanze canoniche poste da Onufrio come se fossero rapidamente risolvibili e difende con tutti i mezzi a disposizione la presenza attuale nella Lavra.

Secondo un critico di Mosca, C. Hovorum, «il processo di indipendenza della Chiesa (di Onufrio) è stato fatto a metà. Da una parte è iniziato bene, con l’eliminazione di tutti i riferimenti a Mosca nei documenti di indirizzo. Ma, d’altra, se ha rimosso le referenze esplicite ne ha introdotte di implicite». E sul governo ucraino commenta: la spinta contro la Chiesa non autocefala «è anzitutto la pressione della società. E il governo cerca di navigare fra questa domanda molto forte e il principio della libertà religiosa. È una scelta difficile». A giudizio di T. Antochevsky (RISU) si tratta di «una situazione orwelliana. (I non autocefali) condannano la guerra ma dicono che avrebbe potuto essere evitata se l’Ucraina avesse negoziato con Putin, rilanciando così la propaganda del Cremlino».

Le disposizioni di controllo si allagheranno probabilmente ad altri centri monastici, come a Cernigov e alla Lavra di Poceav. Se dovessero essere approvate alcune delle proposte di legge già registrate in parlamento potrebbero chiudersi tutti gli spazi pubblici della Chiesa non autocefala. Qualche mese fa l’arcivescovo maggiore, mons. Shevchuk, aveva ammonito a non creare «nuovi martiri». Le Chiese non si spengono facilmente.

Le altre Chiese ortodosse

Campanelli di allarme sono stati fatti suonare sia del CEC (Consiglio Ecumenico delle Chiese), come da papa Francesco. Attestati di sostegno ai monaci della Lavra sono stati espressi da una fetta importante delle Chiese ortodosse: nella diaspora (USA ed Europa), dal patriarcato di Gerusalemme, dalla Chiesa bielorussa, da Antiochia e dalla Bulgaria. Il patriarca della Georgia si è rivolto direttamente a Bartolomeo di Costantinopoli, invitandolo a «fare il possibile per appianare le tensioni, con la creazione di condizioni di co-esistenza pacifica in un primo tempo e, in seguito, una evoluzione pacificatrice verso una mutua comprensione».

L’intervento più duro è quello della Chiesa serba, che indica le comunità che fanno capo a Onufrio come «la sola Chiesa canonica legittima» rispetto a quella scismatica di Epifanio, bollata come «falsa-sinagoga». La Chiesa di Onufrio sta sopportando pressioni, violenze e persecuzioni, una «ripetizione fedele della persecuzione sovietica della Chiesa», un vero «terrore di stato, come anche una violazione evidente dei suoi diritti fondamentali, della libertà religiosa e della libertà di coscienza in generale». Il fine di tutto è «di cambiare il codice e l’identità storica attentamente costruiti dalla Chiesa e preservati nel corso dei secoli».

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Un commento

  1. Sophia Senyk 31 marzo 2023

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