Cina: un futuro da superpotenza scientifica

di:
cina partito comunista

XVIII Congresso nazionale del partito comunista cinese (2012)

Il vostro cronista ha ricevuto in copia da Lucia Votano, che in passato ha diretto i Laboratori Nazionali del Gran Sasso e ora collabora a un grande progetto di ricerca sui neutrini in Cina, una lettera che è stata inviata a lei e ad altri fisici occidentali da un collega, il professor Wei Wang.

Ne provo a riassumere i contenuti.

  1. Cari amici, vi scrivo perché nelle nostre università, qui in Cina, «abbiamo un numero praticamente “infinito” di posizioni in fisica da assegnare, che coprono l’intero range dal postdoc al professore ordinario».
  2. Nei prossimi 3-5 anni abbiamo, per esempio, 70 posizioni nuove da coprire presso la Scuola di Fisica dell’università di Guangzhou.
  3. Nei prossimi 3-5 anni abbiamo altre 70 posizioni da coprire presso la Scuola di Fisica a Zhuhai, che riguardano ogni ambito della fisica: dalla fisica delle alte energie a quella della materia.
  4. Cari amici aiutatemi a trovare candidati validi per queste posizioni. A cui possono concorrere tutti, da qualsiasi paese di provenienza. Non importa che non sappiano il cinese. A chi si vorrà candidare alla Scuola di Fisica a Zhuhai garantiamo anche la copertura delle spese di viaggio.
  5. Divulgate questa mia richiesta (e noi, nel nostro piccolo, vogliamo aderire all’invito del professor Wang).
  6. A puro titolo di paragone, la più grande università d’Europa – Sapienza, Università di Roma – nel suo Dipartimento di Fisica ha 28 posizioni da ordinario e 50 da associato, per un totale di 78 posizioni. Dunque è come se ciascuna delle due scuole, quella di Guangzhou e quella di Zhuhai si accingesse ad aggiungere alla propria struttura di ricerca in fisica un dipartimento grande quanto quello di Roma.
  7. Dite ai giovani postdoc e ai ricercatori di partecipare, perché, al limite, possono soddisfare tutta la domanda. In altri termini: è auspicabile ma non necessario che si candidino associati o ordinari. Vogliamo (anche e soprattutto) giovani.

Lasciamo allo stesso Wei Wang il commento, perché difficilmente ne potremmo trovare uno di più significativo:

«Yes, we are expanding at an amazing speed (I would not mind if you use another adjective for this)». Sì, ci stiamo espandendo a una velocità stupefacente. Uso l’aggettivo stupefacente per descrivere la nostra velocità di crescita. Ma non mi dispiacerebbe affatto se ne trovaste un altro migliore.

Certo, i numeri in Cina sono grandi. Certo, non mancano i problemi nel paese del Dragone. Ma è altrettanto vero che da quelle parti hanno idee chiare e una forte determinazione a realizzarle. Hanno deciso di fondare il loro futuro, anche economico, sulla scienza. E con straordinaria lucidità si comportano di conseguenza. Da almeno due decenni Pechino aumenta gli investimenti a velocità, appunto, fantastica. E ora sta aprendo le università cinesi ai cervelli stranieri. Stendendo tappeti rossi per conquistarli.

L’esatto contrario dell’Italia, che gli investimenti in ricerca scientifica li ha tagliati nell’ultimo decennio e che oppone ostacoli, spesso insormontabili, ai cervelli stranieri che mostrano interesse a venire nel nostro paese.

La velocità stupefacente cui accenna Wei Wang non riguarda solo le scuole di Guangzhou e Zhuhai. Nel settore della fisica, infatti, l’Accademia cinese delle scienze ha varato una serie di programmi che riguardano la ricerca di base e che ha due direttrici: da un lato entrare in qualche modo nei grandi progetti e nelle grandi strutture internazionali e dall’altro proporre progetti e creare strutture nazionali. Una delle quali è proprio quella che coinvolge Lucia Votano (e tanti altri italiani ed europei): il rilevatore di materia oscura Pandex localizzato nel laboratorio sotterraneo più profondo al mondo. Il sito ha già un rilevatore di neutrini, ma si accinge a ospitare un nuovo osservatorio dei neutrini (il progetto cui sta dando il suo contributo Lucia Votano) che sarà pronto entro il 2020. Inoltre dispone di svariate strutture che producono luce di sincrotrone. Dalle profondità della Terra al cielo: per esempio la realizzazione di un radiotelescopio con un’apertura sferica di 500 metri.

Ma lo sviluppo impetuoso della ricerca di base non riguarda solo la fisica. Riguarda tutta la scienza nel paese del Dragone. In biologia, ad esempio: i cinesi detengono, ormai, il 30 per cento della capacità mondiale di sequenziamento del DNA.

Ma per avere una visione complessiva è meglio lasciare la parola agli analisti americani che hanno elaborato il 2018 Global R&D Funding Forecast, il rapporto pubblicato di recente dall’R&D Magazine:

«La Cina è ormai considerata una superpotenza della ricerca, con numerosi progetti di Big Science già completati, con un crescente impatto dei lavori dei suoi scienziati, con più ricercatori e più ingegneri di qualsiasi altro paese al mondo, con un programma spaziale dinamico e aggressivo, con una quota crescente di articoli scientifici rispetto al totale globale».

E in effetti oggi la Cina laurea più giovani ingegneri di tutti quelli che risiedono negli Stati Uniti. E mentre nei medesimi Stati Uniti e in Europa tutte le strutture di ricerca devono misurarsi con una ristrettezza, più o meno ampia, di budget, in Cina i soldi a disposizione sono molti e continuano ad aumentare. A ritmo, appunto, stupefacente. Anche perché – proseguono gli analisti dell’R&D Magazine – la classe dirigente di Pechino crede davvero che la principale scorciatoia verso la leadership mondiale della Cina sia la leadership scientifica e tecnologica.

Né più né meno, aggiungiamo noi, di quanto sosteneva Vannevar Bush all’inizio dell’estate del 1945 per gli Stati Uniti d’America nel suo famoso rapporto Science, the Endless Frontier.

Ciò che colpisce, della politica della ricerca cinese, non è solo la velocità senza precedenti, ma anche la costanza e la determinazione con cui viene realizzata. Sono almeno 20 anni che il ritmo di crescita degli investimenti in R&D (ricerca e sviluppo) della Cina è tre volte superiore a quello del resto del mondo. Tanto che, partendo da una condizione di quasi marginalità all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, ora il paese ha superato per valore assoluto degli investimenti (444,8 miliardi di dollari nel 2017, a parità di potere di acquisto della moneta) l’Unione Europea (Regno Unito incluso) e ormai minaccia da vicino gli Stati Uniti (che nel 2017 hanno investito 537,6 miliardi di dollari). Il sorpasso del paese nord americano avverrà, al più tardi, nel 2026. E allora, sostengono ancora gli analisti dell’R&D Magazine, la Cina sarà «la» superpotenza scientifica del pianeta.

Riprendiamo dal sito web Scienza in Rete il racconto di Pietro Greco (pubblicato il 13 maggio 2018) sulla politica aggressiva del governo cinese in materia di ricerca e sviluppo scientifico.

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