Germania e Austria: Chiese e rifugiati

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Domani, 13 marzo, si svolgeranno le elezioni in tre significative regioni della Germania. Secondo gli esperti, questo appuntamento elettorale rappresenta un banco di prova per Angela Merkel e la politica del suo governo circa l’accoglienza dei rifugiati.

Germania

Centro di accoglienza rifugiati a Buedingen

Centro di accoglienza rifugiati a Buedingen (Germania) 11 March 2016. (Photo: Arne Dedert/dpa)

Il rischio reale è una progressiva e inarrestabile perdita di consenso fra la popolazione tedesca. Memorabile e leggendaria è stata un’espressione della Cancelliera lo scorso agosto, durante una conferenza stampa. Alla domanda postale da un giornalista, se la Germania fosse in grado di accogliere i rifugiati, Angela Merkel aveva risposto: «Wir schaffen das!» (Sì, lo possiamo fare!).

Tuttavia, una porzione sempre più vasta della società civile, sostenuta anche da movimenti di estrema destra e antieuropei contestano aspramente questa politica. Movimenti come Pegida (Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente) e il partito AfD (Alternativa per la Germania) hanno accresciuto in questi ultimi mesi la loro influenza e forza. Essi contestano all’attuale politica tedesca l’incapacità di trovare una soluzione politica univoca in sede europea, il non avere considerato fino in fondo le conseguenza dell’accoglienza dei profughi, il non dare risposte credibili di fronte alla minaccia del terrorismo e alla crescita dell’insicurezza in varie città della Germania.

Ma Angela Merkel è convinta che l’accoglienza dei profughi sia parte integrante dei valori su cui si fonda la Repubblica Federale Tedesca e in linea con il partito di governo di chiaro orientamento cristiano (CDU)

Austria

Tale scetticismo non è esclusivo della Germania, ma si ritrova anche in altri paesi europei. Ad esempio, il governo austriaco afferma di aver raggiunto il limite della sua capacità recettiva e intende fissare il tetto a quota 37.000 profughi.

Mentre il dibattito politico è molto acceso e controverso, l’azione pastorale della Chiesa cattolica è in prima linea a favore dell’accoglienza dei rifugiati. Essa si muove nel contesto di una “cultura dell’incontro”, promuovendo il dialogo, il rispetto delle regole comuni, l’insegnamento della lingua – importante canale di comunicazione – e offrendo adeguate strutture recettive e spazi ricreativi. Tutte le diocesi tedesche sono impegnate a fianco di migliaia di disperati e, attraverso gesti semplici e quotidiani di accoglienza, l’impegno di molti cristiani è più nei fatti che nelle parole.

Una particolare menzione merita la Chiesa cattolica austriaca, anch’essa impegnata a favore dei rifugiati. Qui non solo le istituzioni caritative, ma anche il mondo accademico cattolico e gli ordini religiosi maschili e femminili hanno espresso chiaramente la loro posizione sulla questione dei rifugiati.

Lo scorso 8 marzo il mondo accademico cattolico e gli ordini religiosi hanno sottoscritto una dichiarazione ufficiale congiunta su tale questione. La breve dichiarazione pone alcuni pilastri fondamentali utili per una corretta interpretazione cristiana del fenomeno dei rifugiati.

In primo luogo, essi riconoscono che vi sono differenti e contrastanti approcci al problema. Tuttavia, vi è un principio etico che non solo è chiave del cristianesimo, ma un diritto fondamentale dell’uomo, sancito anche dall’ONU: la protezione delle persone che si trovano in situazione di guerra, violenza, persecuzione.

In secondo luogo, i firmatari sono convinti che ogni sforzo politico capace di affrontare la sfida migratoria può trovare una valida e duratura soluzione solo in ambito europeo. Per questo è necessaria una politica a lungo termine. Diversamente, ogni azione unilaterale rischia di indebolire e destabilizzare l’Unione Europea.

In terzo luogo, bisogna affrontare il problema migratorio con senso di responsabilità. Per questo sia il mondo accademico che gli ordini religiosi austriaci stigmatizzano comportamenti xenofobi e disumani, che in realtà nascondono solo interessi politici. A tutti, a partire dai cristiani, il compito di respingere la cultura della paura e della morte.

Nelle parole e nei fatti l’azione della Chiesa, a vario titolo e livello, è mettersi accanto e nei panni di persone fuggite dalla loro terra perché per molti di loro «l’unica alternativa all’uccisione di un altro uomo è scappare». Per stare dalla parte dell’uomo e della sua dignità.

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  1. SettimanaNews 18 marzo 2016

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