Per papa Francesco un consenso planetario

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Papa Francesco tra le bandiere

«Corale e diffuso apprezzamento, che relega nell’ombra ogni tentativo contrario. E ciò a tutte le latitudini del pianeta»

Una rapida scorsa dei commenti di questi giorni in occasione dei due anniversari di papa Bergoglio, 13 e 19 marzo 2013 (elezione e inizio del pontificato), dà un risultato clamoroso a senso unico: un corale e diffuso apprezzamento, che relega nell’ombra ogni tentativo contrario. E ciò a tutte le latitudini del pianeta. “Un’autorità mondiale innegabile”, scriveva Jean-Marie Guénois su Le Figaro, sottolineando la novità di un papa «molto popolare», che ha spiazzato la curia romana, dove molti si sarebbero aspettati prima o poi una «normalizzazione» delle sue stranezze.

Senza pretesa di completezza, riportiamo alcuni tratti salienti di questo triennio di pontificato, colti dai media.

 

Un papa rivoluzionario

“La rivoluzione della normalità” è il titolo posto da Thomas Rosica CSB sulla rivista dei gesuiti America, citando alcuni dei famosi “gesti” – vivere a Santa Marta, abbandonare le scarpe rosse, spostarsi con auto modeste o a piedi, invitare barboni al suo compleanno o a visitare la Sistina, abbracciare i bambini, usare il cellulare, tenere conferenze stampa sui voli papali – che, per molti abituati ad altre forme, hanno rappresentato un autentico shock. E la matrice di tutto questo non sarebbe da ricercare solo in san Francesco d’Assisi o in sant’Ignazio di Loyola o in altri, ma direttamente a Betlemme, a Nazareth, sul Monte Tabor, a Emmaus, perché «Francesco ha basato il suo pontificato sul ministero petrino del pescatore di Galilea e sul Vangelo di Gesù Cristo», un Maestro che ha condiviso la gioia degli sposi di Cana e le sofferenze di Giairo o della casa di Betania, che ha preso su di sé, come il Buon Samaritano, i tanti feriti lungo la sua strada, che è andato in cerca della pecorella smarrita, che si è seduto a tavola con pubblicani e peccatori… Questo pontificato altro non è che una testimonianza cristiana “normale”, sull’esempio sì del Poverello di Assisi, ma ben prima del Dio fatto bambino a Betlemme e del Crocifisso-Risorto per salvarci tutti.

Sulla stessa testata, Joseph Mc Auley aggiunge un rimando all’Habemus Papam, il film di Nanni Moretti (2011), per sottolineare la responsabilità grande che grava sulle spalle, in fin dei conti, di un uomo, che, ad ogni occasione, non cessa di chiedere (altra rivoluzione) di pregare per lui.

John L. Allen del Boston Globe scrive sul settimanale cattolico Crux che il papa resta ancora un “enigma” per molti – liberal o conservatore? umile predicatore o abile stratega? –, concludendo trattarsi di “false dicotomie” superate. Perché, se il suo essere liberal ha rappresentato una manna per la Chiesa (vedi le nomine vescovili a Chicago, Madrid, Bologna…), dall’altra, è fortemente legato alla tradizione, quella buona, perché non ha cambiato una virgola del Catechismo, ha ribadito gli ostacoli all’ordinazione femminile, ha rinnovato la condanna dell’aborto e si è sempre dichiarato un «figlio fedele della Chiesa». Ma questo non toglie che sia soprattutto un rivoluzionario e un riformatore, a livello di prassi più che di dottrina. Un esempio: se una coppia gay intende iscrivere i figli ad una scuola cattolica, si potrebbe rispondere “no”, per non dare scandalo, ma si potrebbe anche dire “sì”, con la motivazione di un qualche contatto con la fede; entrambe le risposte sono coerenti con l’insegnamento della Chiesa, ma l’impatto è assai diverso. È la rivoluzione dell’accoglienza che ancora mancava all’interno di un mondo fortemente polarizzato.

“Il rinnovamento è la vera rivoluzione” titola John Gehring sull’Huffington Post, che segnala anche il giro di vite con il quale il pontefice ha chiuso la vicenda delle suore americane. Certo, è difficile tracciare un bilancio, perché tre anni, «per una Chiesa che pensa in termini di secoli, sono solo un incidente di percorso». Eppure , il papa sta comunque spostando i cattolici da una “Chiesa dei no” – aborto, contraccezione, nozze gay – a quella della misericordia di Dio, una “Chiesa casa di tutti” che accoglie chi sbaglia, riportandola alle origini stesse del cristianesimo. «Non è un rottamatore, ma vuole recuperare l’essenziale della Tradizione».

Per il filosofo cattolico Michael Novak, intervistato a New York da Paolo Mastrolilli per La Stampa, l’autentica novità consiste nelle prese di posizione contro il genocidio dei cristiani: «Non ha parlato del Medio Oriente in termini politici, per evitare la percezione di uno scontro fra la Chiesa cattolica e l’islam, ma ha affrontato il tema sul piano della difesa dei diritti umani».

Dalla “sua” America Latina significativa è l’analisi di Javier Dario Restrepo, direttore del colombiano El Tiempo, ancora sul tema dello stile rivoluzionario – abbigliamento sobrio, abolizione dei titoli papali preferendo quello di vescovo di Roma… –, facendo propria l’affermazione del teologo spagnolo José Maria Castillo, secondo il quale «Francesco ha fatto avanzare la Chiesa più in questi tre anni che non negli ultimi trenta».

Il papa della Laudato si’

Accanto ai gesti famosi, l’attenzione è posta anche sull’enciclica per la cura del creato, che ha esplorato «contenuti innovativi, troppo spesso dimenticati dagli ambientalisti, come lo stretto rapporto tra gli abusi contro la natura e la vita dei poveri» e sulla volontà di costruire ponti, come la mediazione nei rapporti riannodati tra Cuba e Stati Uniti e lo stesso incontro sull’isola caraibica con il patriarca Kirill. «Francesco è un fenomeno emozionante, perché sembra abbattere di giorno in giorno le barriere che tenevano ben separata la Chiesa dal mondo di oggi».

“Tre anni intensi tra successi geopolitici e sostanziali riforme, non senza qualche critica”. Il bilancio della testata spagnola La Vanguardia è emblematico: «un pontificato straordinario».

In Germania, il Tagesschau, oltre a sottolineare la novità dello “stile”, evidenzia la “fretta” di un pontefice che ha degli obiettivi ben chiari da raggiungere e a cui si deve riconoscere il merito di aver ridato autorevolezza alla Chiesa cattolica. Anche nella Laudato si’, il vescovo di Roma indica l’urgenza di intervenire per salvare il pianeta e l’umanità: «Vuole cambiare le cose (anche l’economia), fare la differenza».

È sulla sua volontà (inedita a questo livello) di abbattere muri e barriere per riannodare legami interrotti e costruire ponti che si sofferma Sébastien Maillard del francese La Croix: da Lampedusa a Cuba a Ciudad Suarez l’intento è quello di denunciare la globalizzazione dell’indifferenza di un mondo multipolare per indurre ad un coinvolgimento, aprendo il varco al sogno di un viaggio in Cina.

Il papa della misericordia, dei poveri e del creato

Colpito soprattutto dalla sua straordinaria vitalità è il card. Nichols di Londra: «Un’energia che gli deriva dal suo profondo rapporto col Signore e dalla ferma decisione di fare la sua volontà». Secondo l’arcivescovo di Wesminster, non sarebbe del tutto corretto parlare di rivoluzione, quanto piuttosto di una continuità che deriva dal gesto delle dimissioni compiuto dal predecessore. A chi gli chiede il tratto che, secondo lui, caratterizza questo pontificato, il porporato indica la misericordia, riportata al ruolo di «caratteristica fondante della vita cristiana».

Il già citato Maillard segnala le visite alle bidonvilles di Rio o di Nairobi, alle carceri, agli ospedali, segno di una Chiesa “ospedale da campo”, chiamata a praticare la «terapia della tenerezza», mentre il papa della misericordia, che non si stanca di ricordare che «Dio non ci inchioda ai nostri peccati», è la caratteristica segnalata da Joshua J. McElwee del National Catholic Reporter.

L’agenzia spagnola ABC sottolinea, tra l’altro, l’ecologia umana integrale della Laudato si’, il primo viaggio a Lampedusa e quell’espressione: «Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!», ma anche la canonizzazione di Oscar Romero e l’annuncio di quella di Madre Teresa di Calcutta.

Per la portoghese Agência Ecclesia, Francesco ha «proposto un cambiamento nel paradigma economico e finanziario internazionale, ha posto la Chiesa cattolica alla guida del movimento globale per la tutela dell’ambiente».

E gli Stati Uniti?

Più defilati i grandi media statunitensi, a eccezione dell’Huffigton Post. Negli USA un certo spazio alla figura del papa è stato dato in merito alle polemiche della campagna elettorale (dove, non solo Trump, ma anche Sanders ha definito papa Francesco un socialista …) e all’incontro con il patriarca di Mosca Kirill.

Ma il silenzio dei media è colmato dalla nota del segretario di stato americano a nome del presidente Obama: «Sono convinto che gli americani – cattolici e non – condividano la convinzione di sua santità che dobbiamo fare tutto il possibile per proteggere l’ambiente del nostro pianeta, sostenere il bene comune, promuovere la libertà di religione, prendersi cura dei rifugiati e di coloro che sono svantaggiati, e battersi per la giustizia e la pace».

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