Ucraina: sine fine dolentes

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Ucraina in fiamme

Esplosioni nei pressi di una stazione di petroli
(EPA/Anastasia Vlasova)

Era la primavera del 2014 quando ebbe inizio il conflitto armato nell’Ucraina orientale , che è andato sempre più crescendo con violenza, attentati, distruzioni. Si arrivò al “cessate il fuoco” nel settembre 2015. Sul terreno rimase una enorme quantità di mine e molti ne subirono le conseguenze. Ora si sa che i morti accertati furono 9.000, ma il numero dei dispersi e dei prigionieri non è stato ancora reso noto. Quello che di certo si sa è che le vittime fra ottobre e novembre 2015 furono 204, 380 feriti, un alto numero di bambini. Si calcola che la popolazione colpita dalla guerra sia di 3 milioni e cento mila persone, in stragrande maggioranza anziani, donne, bambini. Impressionante il numero di bambini che soffrono traumi di natura psicologica e sono vittime di allucinazioni. Sono 800 mila le persone in gravi necessità d’ogni tipo lungo la linea controllata dal governo ucraino e più di 2 milioni fuori del controllo dei governanti ucraini.

La crisi umanitaria è drammatica. Le parti in conflitto non concordano una soluzione. L’importazione di beni commerciali è strettamente limitata e la scarsità di medicinali pone gravissimi problemi sanitari.

Proliferano le bande armate, che sfuggono ad ogni controllo. La popolazione è continuamente sotto pressione, con ovvie conseguenze psico-fisiche.

La situazione globale dell’Ucraina è sull’orlo del totale disfacimento. L’inflazione è alle stelle, il costo della vita è aumentato a dismisura, più della metà della popolazione non è in grado di sostenere l’aumento esasperato dei prezzi. In entrambe le zone dell’Ovest e dell’Est dell’Ucraina si dice siano più di 500 mila le persone che hanno urgente bisogno di cibo.

La distruzione di molti centri sanitari ha messo a rischio soprattutto le donne in stato di gravidanza. Dilaga l’AIDS, si diffonde la tubercolosi, si opera in condizioni precarie e a volte non si ricorre neppure all’anestesia. Se si riesce a trovare qualche medicinale, il prezzo dell’acquisto è esorbitante. A rischio l’acqua potabile e oltre un milione di persone non vi ha accesso.

La violenza sessuale è diventata una piaga e la prostituzione un mezzo per sopravvivere. La corsa all’alcool è per dimenticare una situazione di morte. Nella zona non controllata dalle autorità ucraine è alta la disoccupazione. La ripresa è un miraggio se si pensa che quasi 15 mila case hanno subito danni e oltre il 10% completamente distrutte. Sono 200 mila i bambini che hanno trovato rifugio nelle regioni dell’Ucraina al di fuori delle zone colpite. Un numero elevato di bambini non frequenta la scuola e non sono rari i casi in cui gli scolari non riescono né a leggere né a scrivere a causa di traumi.

La società tenta di reagire, a volte con encomiabile capacità creativa e operativa.

Lasciamo la parola al nunzio mons. Claudio Gugerotti, da qualche mese a Kiev:

«Ho compiuto due viaggi nella zona di guerra: il primo a Kharkiv, Dnepropetrovsk, Kramatorsk e Sloviansk e il secondo, a Pasqua, a Donetsk. Le mie impressioni sono molto penose. Oltre alle sofferenze fisiche, c’è dolore, pura, odio, un senso d’impotenza e precarietà. Un esempio di quel dolore è la processione delle vecchie signore che a piedi, sotto la pioggia, per lunghi tratti, attraversano i posti di blocco, per andare a prendere qualche soldo e ritornare a casa. Spari, tanti spari. Si sta rovinando la vita di un’intera popolazione. Eppure c’è voglia di uscire da questo incubo; ci sono piccole iniziative personali, atti di solidarietà, gruppi che si autogestiscono alcuni servizi essenziali.

Nell’incontro con papa Francesco mi sono stati comunicati i dettagli dell’azione comunitaria di cui ha parlato domenica 3 aprile al mondo intero. Mi ha spiegato che con questo gesto vuole sollecitare l’attenzione sulla situazione in Ucraina e stimolare tutti, ad ogni livello, a lavorare di più per stabilire la pace e il diritto.

L’aiuto è destinato a tutti coloro che soffrono per le violenze all’Est dell’Ucraina, sia a chi rimane, sia a chi ha lasciato quei territori e si è rifugiato sotto il controllo delle autorità ucraine. Il papa non vuole che ci sia distinzione tra cattolici e non, credenti e non.

Dell’operazione si stanno occupando la Segreteria di stato e il Pontificio consiglio “Cor Unum”. Il papa vorrebbe che il maggior numero possibile di comunità ecclesiali e non indicassero insieme le priorità. Il papa invierà in Ucraina un suo alto rappresentante. Ha destinato una grande somma, alla quale vuole si aggiungano le offerte che si raccoglieranno domenica 24 aprile nelle chiese d’Europa perché l’Ucraina è la porta d’Europa».

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