Che non finisca il viaggio

di:

mantegna adorazione magi

Cari Magi,

mentre i cenoni delle nostre feste ci hanno un po’ appesantito e ci suggeriscono di scegliere un comodo divano come postazione privilegiata, voi siete in cammino.

Mi basta questo. Sapere che, anche chi come voi ha occhi lucenti per alzare il capo ed esplorare le stelle del cielo, si alza e si mette in viaggio. Direzione incognita, sprovvisti come siete di uno dei nostri moderni Iphone con mappa incorporata, eppure così fermamente decisi a non guardare più milioni di stelle e così decisamente curiosi nel seguirne una sola. Sapienti, capaci di scrutare l’infinità del cielo, che si lasciano attirare dalla povertà di una grotta.

Mi basta questo. Intuire il tintinnio di ciò che è risuonato nel vostro cuore e che vi ha spinto alla coraggiosa avventura di un viaggio verso Betlemme; essere sfiorato, anche solo per un momento, dal brivido che il vostro cuore ha sentito al sorgere della stella; intravedere, anche solo per un secondo, la vostra serena convinzione che una stella luminosa che conduce dal Figlio di Dio vale più di tutto il firmamento. Infine, lasciarmi scalfire, nella noia di certi giorni e nel sonno dello spirito che talvolta mi avvinghia, dalla vostra intrepida inquietudine, che ha reso duro come pietra il vostro letto e vi ha spinto a mettervi in cammino nel cuore della notte.

Mi basta questo. Per imparare qualcosa della grandezza di Dio, che si rivela solo a chi si mette in viaggio, viene a scomodare le sicurezze e i comfort che hanno ovattato la nostra vita, si ostina ad abbagliare le nostre notti con la luce di una stella, sconvolge i piani del mondo rovesciando le oscure trame del potere. Un Dio pellegrino e scomodo, che indica sentieri impervi per farci giungere presso una stalla e consegnare la nostra vita alla gioia di una speranza nuova che fiorisce nel volto di un bambino appena nato. Un Dio sognatore e viaggiatore sulle strade dell’umanità, maestro nell’insegnare che vive davvero soltanto chi si mette in cammino, chi esce da se stesso, chi si fa viandante, chi cerca, chi lotta e chi spera.

Non vi saremo mai grati abbastanza, cari sognatori d’infinito.

Grazie a voi, pagani e stranieri, anche noi «cattolici di ferro» possiamo finalmente cambiare. Noi, con il battesimo registrato negli uffici parrocchiali, l’entusiasmo nel giorno della festa patronale e la svogliatezza delle domeniche ordinarie; noi, quelli del «si è sempre fatto così», investiti dalla paura del cambiamento; noi, con l’abito nuovo per le «cerimonie religiose» e il ristorante prenotato mesi prima; noi, col crocifisso appeso al collo e il quadro della Madonna sulle pareti di casa, quotidianamente distanti, in parole e in opere, dalla logica della croce e dalla fede di Maria; noi, che difendiamo con passione la nostra cultura cristiana senza lasciarci quasi mai cambiare dal Vangelo; noi, così sicuri della verità tanto da farne spesso uno strumento contro gli altri; noi, così devoti verso il Dio dell’amore, che spesso dimentichiamo di riconoscerlo nel volto dei deboli e degli ultimi. Noi che «siamo i cattolici» e spesso etichettiamo tutti gli altri come «pagani» e «stranieri».

Si, anche noi possiamo cambiare. E finalmente immaginare la nostra fede come il viaggio degli inquieti cercatori di Dio, di coloro che si lasciano condurre fuori dall’ovile rassicurante della propria devozione statica per mettersi finalmente in cammino; di quelli che invece di continuare a piangere il peccato del passato, aprono varchi verso il futuro; di chi rimane fermo e fedele nella verità del Vangelo senza accomodarsi mai nelle ambigue strettoie del potere di questo mondo; di chi continua a guardare le stelle del cielo, anche quando tutto sembra perduto; di chi, piuttosto che cedere agli inganni dell’Erode di turno, sceglie coraggiosamente di «cambiare strada»; di chi sa riconoscere che se Dio viene è proprio nella vita, nella storia e nelle lacrime degli altri, soprattutto di coloro che teniamo fuori dalla nostra cerchia: i pagani, i lontani, i non credenti, gli stranieri.

Ma, soprattutto, cari Magi, noi possiamo finalmente riconoscere il volto di Dio nella grotta di Betlemme, prostrandoci e adorando con voi il bambino, inchinandoci dinanzi al coraggio di Giuseppe e sfiorando con tenerezza le mani di Maria; ma anche prostrandoci dinanzi al volto di ogni uomo. Di tutti i disprezzati e gli emarginati della terra e di quello che, magari, abita sul mio pianerottolo; di coloro che sono in viaggio per fuggire dagli orrori della violenza e di quelli che, stanchi e delusi dalla vita, hanno smesso di cercare e non attendono più nulla; dei bambini mai nati e di quelli violati, come di quelli che hanno più giocattoli che affetto; di chi è senza lavoro e di chi ogni giorno suda per strappare dalle mani della miseria la propria vita; di chi è da sempre oppresso dai giochi del potere e di chi dal potere è accecato; di quelli che non credono e talvolta sono sorpresi dal fascino di Dio e di quelli che credono e che, invece, sentono dentro un terribile deserto.

Voi ci insegnate che vivere è cambiare, credere è camminare, adorare è offrire il dono della propria vita. Voi ci insegnate che Dio non lo incontriamo nei salotti dei palazzi, ma sulle strade della vita. E che lo adoriamo davvero non in una preghiera diventata stanca abitudine, ma nel sussulto del cuore che ci mette in marcia verso i fratelli. Voi ci insegnate che si è Chiesa di Cristo non quando si è affascinati dal potere, ma quando si bagnano di tenerezza le strade del mondo e la vita della gente. Voi ci insegnate che la fede non è il rifugio consolatorio per le nostre frustrazioni, ma il colpo d’ala sulle vele della vita. Voi ci insegnate a credere che agli occhi di Dio nessuno è straniero, nessuno pagano, nessuno escluso. Che una stella accesa è più forte di tutte le notti del cuore e del mondo e che dinanzi agli imprevedibili progetti di Dio, le trame di Erode sono nulla.

Quando sarete lì, ai piedi di Gesù, e vi prostrerete davanti a lui offrendo oro, incenso e mirra, fate una preghiera per noi. Perché non si consumi la lampada della vita, non si fermi il viaggio, non si spenga non il fuoco dell’attesa.

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3 Commenti

  1. Francesco Paolo 6 gennaio 2018
  2. Andrea 5 gennaio 2018
  3. Simona 4 gennaio 2018

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