Don Giavini: Ecco il mio testamento

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Cara SettimanaNews,

Giovanni Giavinisulla scia della Dei Verbum (n. 21) e della Verbum Domini (n. 56) nella Misericordia et misera (n. 7) papa Francesco scrive: «Ogni comunità possa rinnovare l’impegno per la diffusione, la conoscenza e l’apprendimento della sacra Scrittura… per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo… Tra le varie iniziative vi è la diffusione della lectio divina, affinché, attraverso la lettura orante del testo sacro, la vita spirituale trovi sostegno e crescita. La lectio divina sui temi (in particolare) della misericordia permetterà di toccare con mano quanta fecondità viene dal testo sacro, letto alla luce dell’intera tradizione spirituale della Chiesa, che sfocia necessariamente in gesti e opere di carità».

Certamente la lettera apostolica Misericordia et misera dice tante altre cose, ma mi sia permesso fermarmi solo sul brano riportato. Lo faccio da prete e biblista, anche se ormai oltre gli 85 anni e quindi quasi come un mio testamento biblico-pastorale-spirituale, confidato agli amici di SettimanaNews. Innanzitutto ripeto una mia convinzione più o meno condivisa: la vera crisi delle nostre Chiese mi sembra quella della fede in Dio, in Gesù, nei Vangeli. Leggo, come tanti altri, documenti e libri ecclesiastici che trattano o de omnibus rebus et de quibusdam aliis, o di altre crisi e problemi. Innegabili, certo. Ma spesso si dà per scontata quella fede, quasi che il problema provocato dalla presenza di tanti mali e tragedie non la colpisca; similmente lo direi anche per i grossi e profondi cambiamenti – pur salutari e benedetti – introdotti nelle Chiese e quindi anche tra la gente comune almeno dal Vaticano II: non hanno prodotto e producono qualche scombussolamento nella fede, nella morale, nella prassi ecclesiale, nell’adesione tradizionale al magistero? Per tacere d’altro, compresi i colpi più personali di ognuno o l’arrivo di voci critiche per esempio sui Vangeli e addirittura sull’esistenza di Gesù.

Eppure, in tanti testi ecclesiastici attuali, tutto sembra liscio e tranquillo e la problematica interessa solo altro. Sarà per questa mia impressione che mi soffermo un po’ su mie esperienze di lunga data e attuali. Tengo ormai da molti anni corsi di lettura della Bibbia con la gente (adulti e anziani), come del resto altri colleghi biblisti. In questi ultimi anni sono rimasto sorpreso e colpito dall’interesse toccato con mano per la lettura continua e completa (non quindi di sola introduzione o di sola attenzione a punti di attualità immediata) di qualche Vangelo o, più ancora, di lettere di san Paolo anche delle più ostiche come Galati e Romani! E mi sono domandato: perché tanto interesse e persino entusiasmo?

La mia risposta, confermata però dalla voce dei partecipanti (pur mai grandi masse): così tu ci fai riscoprire le origini, la solidità, la forza e la luce della fede in Gesù e nel suo Dio e punti essenziali del cristianesimo! Qualcuno aggiungeva: voi preti ci parlate di tante cose, ma poco di ciò che sta alla base di tutto. Hanno ragione?… In qualche misura sì. A mio parere.

Concludo con un fatto capitato qualche mese fa a un mio confratello: dopo una sua bella predica domenicale, gli si avvicina un signore: «Ma don, tu ci commenti il Vangelo, ma sai che Gesù non è nemmeno esistito?». Lascio ai lettori di immaginare la sorpresa di quel mio confratello. Certo, una rondine non fa primavera, però…

Infine, un’altra confidenza: quella crisi non dipende un po’ anche da noi biblisti? Quante ipotesi e contro ipotesi abbiamo escogitato e diffuso, per esempio sul Pentateuco e sui Vangeli? Anche noi abbiamo contribuito a inquinare un po’ l’aria che clero e laici impreparati respirano?

Ho già comunicato questa mia perplessità all’Associazione biblica italiana, e ora la confido anche a SettimanaNews. Magari anche solo per essere smentito.

don Giovanni Giavini, Milano. – email: giavinigiovanni@lbero.it

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Un commento

  1. fortunato 1 maggio 2018

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