Il malato e le comunità cristiane

di:

van_gogh

Nello scorso mese di maggio l’Azienda USL di Bologna ha stilato un protocollo di intesa per tutte le organizzazioni di volontariato presenti negli ospedali e sul territorio, al quale è stato richiesto l’adeguamento da parte di ogni associazione per ottenere l’autorizzazione a continuare a operare. Tra i requisiti richiesti a tutti, l’iscrizione al registro del volontariato, la comunicazione ai responsabili AUSL di un elenco nominativo vincolante e la sottoscrizione di un’assicurazione per responsabilità civile.

Una logica, provvidenziale illuminazione ha tuttavia permesso al VAI (Volontariato Assistenza Infermi) di essere esentato da questo obbligo. La nostra associazione laicale, appartenente alla Caritas diocesana di Bologna e presente da oltre quarant’anni negli ospedali della città e della Provincia, vuole essere una «presenza» accanto agli infermi e ai loro familiari, sempre con una particolare attenzione al territorio, per un coinvolgimento culturale della società.

Attualizzazione del mandato evangelico «andate, curate gli infermi», anche se a tutti proponibile e a tutti offerto, questo impegno vuol discendere direttamente dall’eucaristia, da cui attinge luce e forza. Da sempre il VAI ha scelto di non disporre di fondi propri e i responsabili sono nominati, non eletti, per cui non si è voluto procedere alla iscrizione dell’associazione al registro del volontariato, pur vedendone i benefici.

Di fronte alla richiesta della AUSL

Sostieni SettimanaNews.itMentre eravamo coscienti della necessità di regolamentare l’accesso alle varie associazioni di volontariato alle strutture pubbliche, non potevamo accettare di snaturarci: dovevamo perciò sottolineare come la nostra sia una realtà non riconducibile a un volontariato vero e proprio, ma a un impegno sociale di umanizzazione: distinzione che ci è sembrata condivisa dagli amministratori, che si rivolgevano alle «associazioni di volontariato e promozione sociale».

Non è quindi omologabile alle tante associazioni che, pur lodevolissime, si impegnano a fornire servizi o specifiche attenzioni a determinate categorie di malati.

Il nostro è un chiaro servizio di presenza, e non… «una presenza di servizio». E proprio per questo suo carattere di universalità di attenzione e di proposta, non poteva essere soggetto a quelle restrizioni che sono più che giustificabili per un servizio comunemente inteso. Conseguentemente, la nostra presenza non necessita di alcuna particolare copertura assicurativa, non offrendo servizi.

Il rapporto con la struttura è mantenuto da responsabili, che coordinano i vari gruppi, e che favoriscono (sotto la loro responsabilità) inserimenti nuovi (presentandosi sempre in coppia).

Il documento

A seguito di un incontro con i responsabili amministrativi dell’AUSL, che nel prendere atto dei quarant’anni della nostra presenza ci hanno offerto una apertura e una comprensione inaspettata, è stata autorizzata la presenza del VAI con un documento, datato 13 giugno 2017, che impone, più che una riflessione, un impegno quanto mai serio come singoli e come comunità, in particolare come comunità cristiane.

Eccone la trascrizione:

In riferimento alla vostra lettera del 4 maggio 2017, presa visione dei documenti agli atti di questa Azienda, che confermano la presenza del VAI, Associazione laicale della Curia di Bologna, negli Ospedali Aziendali in maniera continuativa già dal 1981, ed in seguito all’incontro tenutosi il 18 maggio 2017 tra il Direttore dell’UOC Servizi Amministrativi Ospedalieri ed i Coordinatori del VAI D.ssa Bentivogli e Dr Pozzato, con la presente siamo a confermare la condivisione dei principi che muovono l’agire del VAI e pertanto ad autorizzare la presenza dei vostri volontari negli Ospedali aziendali. Considerata l’assoluta mancanza di scambio in termini di denaro e/o beni e l’attività volta esclusivamente all’umanizzazione e al sollievo della solitudine mediante l’ascolto, la compagnia ai ricoverati ed i loro familiari, svolta con spirito di fraternità, si ritiene, congiuntamente, di non burocratizzare attraverso un formale rapporto convenzionale un’azione di presenza e testimonianza di solidarietà e non di servizio.  Il VAI è responsabile del corretto comportamento dei volontari che devono operare con discrezione e riservatezza nei confronti dei pazienti e dei familiari e senza alcuna interferenza con l’attività degli operatori. È gradita l’occasione per riconoscere il vostro valido supporto, tutti i giorni e tutto l’anno, in ambienti, nei quali l’affettuoso scambio di parole è sicuramente un importante supporto al buon esito delle cure.

Cordiali saluti. Chiara Gibertoni (Responsabile del Procedimento)

Provocazioni per le nostre comunità

– Perché non vedere in questo riconoscimento dell’ente pubblico un invito per noi cristiani a riproporre il Vangelo nel suo primo linguaggio, proposto da Cristo stesso nell’attenzione agli infermi?

– Qual è il posto che nelle nostre comunità viene assegnato alla cura degli infermi? Sembra che questa «presenza» di cui viene anche universalmente riconosciuto il valore terapeutico, la quale faceva parte dello specifico cristiano, nella migliore delle ipotesi abbia lasciato posto all’assistenza, o peggio all’assistenzialismo; più spesso, purtroppo, al nulla.

La croce, che è parte essenziale del messaggio cristiano, sembra essere censurata… un cristianesimo senza croce diventerà premessa di una croce senza Cristo, un dolore senza significato, quindi rifiutato a priori, premessa di tutte le derive culturali ed esistenziali di fronte alle quali oggi ci ritroviamo (indifferenza, vuoto, depressione, eutanasia ecc.)

– Siamo coscienti che la vicinanza al malato è il linguaggio più universale di annuncio che è proposto a tutti e che a tutti è rivolto? Che una Chiesa missionaria ha sempre trovato nei sofferenti e nelle loro famiglie, nelle loro case o nelle strutture di cura e di riposo, uno spazio vastissimo che solo i cristiani possono riempire? Spazio di annuncio e di speranza, in una comunicazione non verbale e non clericale, che sappia portare l’Amore di Dio a tutti. «La miseria più profonda è la mancanza di Dio (…). La vera carità non è un’elemosina, né una solidarietà umana, né una filantropia: la carità è l’espressione di Dio e un prolungamento della presenza di Cristo nel mondo» (Robert Sarah, Dio o niente).

Chi più di Cristo nel Vangelo si rivolge sempre ai malati come interlocutori privilegiati, capaci di «leggerlo» con gli occhi della fede? L’ammalato aspetta, nella sua solitudine esistenziale… noi dove siamo?

– Siamo coscienti di aver bisogno dei malati per contemplare in essi il mistero del limite umano, in un mondo sempre più presuntuoso di autosufficienza? Il malato, cattedra di verità e profeta troppo trascurato della fragilità umana, non è una «categoria» di bisognosi, ma ci propone una dimensione esistenziale essenziale per il recupero di una fede autentica, perché ci ripropone la nostra realtà di creature…

Alcune proposte concrete

– Come frutto del Congresso eucaristico diocesano [di Bologna], che nei decenni ha sempre avuto una forte ricaduta verso la cura agli infermi, promuovere nelle comunità giornate di riflessione e sensibilizzazione, una «giornata del malato» che sia una tappa di un percorso di crescita, da verificare e consolidare periodicamente, come era nel pensiero autentico di san Giovanni Paolo II. Anche per questo sarebbe necessario individuare in ogni parrocchia un responsabile, che mantenga vivo questo impegno.

– Ai sacerdoti in difficoltà, alle parrocchie che faticano ad aprirsi, ai cristiani smarriti che cercano una strada di verità… Perché non proporre la «visita» al malato come momento alto di incontro col Cristo incarnato, rigenerante quanto l’incontro con Cristo nell’eucaristia?

– Alle comunità rimaste senza sacerdote, in cui non è più possibile una celebrazione domenicale, perché non proporre, dopo un momento di preghiera, una «visita» evangelicamente intesa ai malati della comunità, come incontro vivo con Gesù incarnato e adempimento del dovere festivo cristiano?

Questo modo di «santificare» la festa potrebbe essere proposto ovunque, aiutando anche chi partecipa alla messa domenicale a viverla con maggiore profondità, contemplando il mistero della croce…

– Alle tante persone che cercano di dare un senso alla loro vita, perché non proporre la «visita al malato» come momento autentico di incontro umano, premessa indispensabile per un cammino di fede?

La dottoressa Marisa Bentivogli è una dei responsabili dell’associazione laicale Volontariato Assistenza Infermi (VAI), che fa parte della Caritas diocesana di Bologna. L’associazione è impegnata da oltre 40 anni nella presenza a fianco degli ammalati negli ospedali di Bologna e Provincia. Lo scorso 13 luglio, l’AUSL di Bologna ha riconosciuto il servizio del VAI come un «valido supporto, tutti i giorni e tutto l’anno, in ambienti, nei quali l’affettuoso scambio di parole è sicuramente un importante supporto al buon esito delle cure».

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