La crisi della fiducia

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non fidarti di nessuno

Il segretario generale dell’ONU, A. Guterres, ha aperto l’Assemblea generale dello scorso autunno affermando che «il nostro mondo sta soffrendo un caso preoccupante di “malattia di deficit della fiducia”».

Di fatto, le società occidentali stanno attraversando una crisi di fiducia che sembra peggiorare di ora in ora. Non possiamo più fare conto su alti livelli di fiducia nei nostri concittadini, meno ancora all’interno delle istituzioni. Inoltre, diveniamo sempre più scettici rispetto a coloro che detengono posizioni di autorità.

Tutti scettici, molti cinici

Dati empirici supportano questi trend preoccupanti. L’Edelman Global Trust Barometer ha mostrato per il 2018 che i cittadini di quasi 2/3 dei pasi partecipanti all’indagine in larga parte non avevano fiducia nei governi, aziende di affari, media e ONG – con un ampio declino del tasso di fiducia negli USA tra il 2017 e il 2018.

59% dei partecipanti, su piano globale, hanno affermato insicurezza sulla verità o meno delle informazioni veicolate dai media. Sette su dieci si mostravano preoccupati per l’uso di informazioni false o fake news come un’arma. Di gran lunga, i media non godevano di fiducia in circa il 78% dei paesi interessati dall’indagine.

dare come affidamentoLa fiducia comporta necessariamente dei rischi, e talvolta dobbiamo avere fiducia negli altri anche se non abbiamo garanzie che essa non sia stata malriposta.

Talvolta gli altri ci fregano e come risultato facciamo esperienza di un senso di tradimento o di delusione. Si è visto che è difficile generare e mantenere la fiducia, e però essa può essere persa così facilmente.

Usare senza fidarsi

La crisi della fiducia è paradossale. Sempre più, noi affidiamo il nostro benessere e la nostra sicurezza a istituzioni, tecnologie e persone a noi estranee ma, allo stesso tempo, affermiamo un sentimento di sfiducia o di perdita di fiducia in queste stesse istituzioni, tecnologie e individui. Oggi, facciamo conto sulla tecnologia digitale per procurarci molti beni e servizi: banca, trasporti, sanità e, in maniera crescente, addirittura scuola ed educazione.

Dipendiamo dal governo, dai media e dalle corporation per quanto riguarda la messa in sicuro dei nostri interessi, l’informazione su eventi importanti e l’accesso a informazioni accurate, e per poter svolgere attività commerciali in maniera trasparente e giusta.

Ma nonostante la crescita del bisogno di avere fiducia negli altri e nelle istituzioni, a causa della complessità della vita moderna, è molto difficile far nascere e dare forma duratura a questa medesima fiducia. Non abbiamo più quelle garanzie che gli altri siano degni di fiducia, né quelle vie nel caso che la nostra fiducia venga tradita, su cui potevamo contare quando avevamo molte più occasioni di rapporti volto a volto con le altre persone.

Erosione del capitale sociale

Le reazioni pubbliche a clamorose ferite della fiducia, quali massicce violazioni della riservatezza dei dati personali da parte delle compagnie di credito o le campagne di disinformazione politica sui social media, mostrano che è in gioco più che una perdita di capitale sociale.

Le violazioni della fiducia rappresentano delle ferite dell’integrità comune, nel senso che esse sono dei fallimenti nel realizzare quei principi che per lungo tempo sono stati compresi essere parte integrante e costituente di una comunità. Non si tratta solo della sua necessità per l’interazione sociale, la cooperazione civica e lo scambio finanziario, ma la fiducia è una virtù pubblica in quanto rappresenta un’eccellenza morale sostenuta dai membri di una comunità.

La fiducia come capitale morale comune

Ad esempio, la causa dello sdegno per un trattamento ingiusto di un buon samaritano (dove l’ipotetico samaritano viene derubato o ferito mentre presta aiuto) non nasce solo dal fatto che adesso sarà più difficile beneficiare della gentilezza degli estranei, ma si genera soprattutto perché in tal modo vengono violate norme e valori profondamente radicati in una comunità.

legame sociale

©Francesca Cavalli

La fiducia è una virtù pubblica poiché è una caratteristica di cui le comunità hanno bisogno per poter funzionare bene. La fiducia tra i membri di una comunità rende più facili gli scambi fra gli individui e l’interazione sociale. In questo senso, la fiducia può essere compresa come una qualità aretaica (virtuosa) che contribuisce allo stare bene e al buon vivere di una comunità – nello stesso modo in cui le virtù sono comprese come qualità o tratti del carattere che contribuiscono alla buona edificazione e crescita dell’individuo.

Guardare alla fiducia come a una virtù pubblica, rende chiaro il motivo per cui è preoccupante vedere una crescita nella misura di dubbi attacchi contro i media presuntamente accusati di mettere in circolo fake news, soprattutto quando questi attacchi sono fatti propri da leader politici. Queste accuse contribuiscono alla crisi di fiducia minando l’autorità e l’affidabilità di istituzioni sociale come i mezzi di informazione liberi e indipendenti – necessari, invece, per il buon funzionamento di una democrazia.

Il problema si fa più profondo quando a ciò si affiancano effettive fake news messe in circolazione che l’intento di sviare e confondere i cittadini in vista di guadagni di parte per uno schieramento. In entrambi i casi le «fake news», reali o presunte, diminuiscono la fiducia sociale e hanno il potenziale di danneggiare la comunità per via della perdita di capitale sociale e altri aspetti vantaggiosi legati a esso.

Fake news: la coltivazione della fiducia di parte

Le «fake news» ci fanno fare attenzione a un’altra importante ragione del perché la perdita di fiducia sociale sia una crisi. Oltre a indebolire la nostra fiducia in istituzioni sociali importanti per la democrazia, le «fake news» rinforzano quella che potremmo chiamare una fiducia di parte, ossia il fatto che possiamo o dovremmo fidarci solo di coloro che ci sono vicini e la pensano come noi.

we versus othersDi coloro che non ci sono familiari o sono differenti da noi non si può invece avere fiducia, come non sono degne di fede quelle fonti di informazione che presuntamente propugnano una visione del mondo diversa o opposta alla nostra.

La fiducia di parte, o fiducia particolarizzata, è qualcosa di preoccupante perché è nociva per un’identità condivisa e comune dato che rafforza le divisioni tra gruppi di persone secondo la logica di un «noi contro di voi» per ciò che concerne le visioni del mondo, di sé stessi e degli altri. In questo modo, la fiducia di parte non solo erode il capitale sociale ma mette anche a repentaglio la coesione sociale e la solidarietà tra gli esseri umani.

Cittadinanza: sentinelle a salvaguardia dei legami sociali

Cosa dobbiamo fare per farci carico di questa malattia di deficit della fiducia che infetta la nostra vita pubblica e la vita comune? Tanto per comincire, i cittadini potrebbero essere sentinelle vigilanti a salvaguardia delle istituzioni politiche e sociali chiamando a responsabilità, attraverso azioni politiche o pressione pubblica, coloro che occupano posizioni in quelle istituzioni quando vi sono eventi di violazione della fiducia.

L’ingiustizia contro alcuni e un affronto per tutti noi, e giocare d’azzardo con la verità per trarne un guadagno politico mina quegli ideali che ci definiscono in quanto comunità. Ma poiché riconosciamo la fiducia come eccellenza morale che esprime la nostra identità, abbiamo allora un dovere di avere fiducia – fino a quando non ci vengano mostrate buone ragioni per comportarci diversamente.

Detto in maniera semplice: vivere in una comunità dove le persone portano aiuto allo straniero senza paura di ritorsioni richiede non solo di condannare violazioni di questa norma, ma anche di prestare comunque soccorso e cura quando possiamo – pure in situazioni di incertezza.

Se non ci impegniamo gli uni verso gli altri con fiducia e in un modo degno di fiducia, allora veniamo meno al nostro dovere di custodire una comunità che riflette questi valori e smarriamo la possibilità di crescere sia sul piano individuale sia su quello collettivo.

Nostra traduzione dall’inglese. Qui l’originale pubblicato sul sito della rivista dei gesuiti statunitensi America (20 febbraio 2019).

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