RDC: rompiamo il silenzio!

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Il popolo congolese sta vivendo un’altra pagina insanguinata della sua tragica storia nel silenzio vergognoso dei media sia italiani che internazionali. La ragione di questo silenzio sta nel fatto che nella Repubblica democratica del Congo (RDC) si concentrano troppi ed enormi interessi internazionali sia degli Stati Uniti come della Unione Europea, della Russia come della Cina (la società China Molybdenum lo scorso anno ha comprato la miniera di Tenke che produce il 65 per cento del cobalto del mondo).

La Repubblcia democratica del Congo, infatti, è uno dei paesi potenzialmente più ricchi d’Africa, soprattutto per i metalli utilizzati per le tecnologie più avanzate: coltan, tantalio, litio, cobalto. La maledizione di questo paese è proprio la sua immensa ricchezza. Per questo, oggi, il Congo è un paese destabilizzato in preda a massacri, uccisioni, violenze, soprusi, malnutrizione e fame.

Particolarmente grave è la situazione nel Nord Kivu (vicino all’Uganda) che ha Goma come capoluogo. Lì operano i «ribelli» delle Forze democratiche alleate (ADF), che hanno contatti con Boko Haram (Nigeria), al-Shabaab (Somalia) e al-Qaida. Sono dei veri e propri tagliagole in stile jihadista (basta vedere le allucinanti riprese di tali atti su internet!) che terrorizzano la popolazione. A farne le spese sono migliaia di congolesi innocenti, tra cui laici cristiani, sacerdoti e missionari. Don Étienne Sengiyuma parroco di Kitchanga (diocesi di Goma), ucciso l’8 aprile scorso, è l’ultima vittima di una lunga serie.

Drammatico l’appello del vescovo di Goma, mons. Théophile Kaboy Ruboneka: «La situazione della diocesi è insostenibile. Qui nel Nord Kivu viviamo nel caos totale. Siamo abbandonati da tutti». Tutto questo avviene nonostante la massiccia presenza di truppe ONU «e dell’esercito nazionale. Sempre nel Nord Kivu è altrettanto grave la situazione nella diocesi di Butembo-Beni dove i ribelli dell’ADF massacrano per costringere la gente ad abbandonare le proprie terre. Un rapporto della società civile di Beni afferma che sono più di un migliaio le persone uccise dal 2014 ad oggi e cinque i sacerdoti rapiti. Il 20 marzo del 2016 è stato ucciso il religioso Vincent Machozi, molto impegnato nella difesa dei diritti umani.

Grave è anche la situazione nel Sud Kivu dove gruppi armati controllano le miniere di coltan per non far entrare altri minatori e tenere il prezzo del minerale basso, sfruttando il lavoro dei bambini (secondo l’UNICEF si tratta di 40.000 bambini!).

Anche in altre aree del paese la situazione è al limite. Nell’estremo Nord, nella zona Bunia-Ituri, sono in atto saccheggi e massacri. E in due regioni del Sud, nel Kasai, ricco di diamanti, e nel Katanga, ricco di cobalto, si parla di massacri con migliaia di morti. I dati dell’Alto commissariato per i rifugiati ONU dicono che questi conflitti hanno prodotto quattro milioni di rifugiati interni, 750 mila bambini malnutriti, 400 mila a rischio morte per fame.

Tutto questo disastro non sembra disturbare il presidente Joseph Kabila che anzi ne approfitta per continuare a posticipare le elezioni nonostante il suo mandato (il secondo) sia scaduto a fine 2016! Kabila, al potere da 17 anni, anche se la Costituzione lo vieta, dà l’impressione di volersi presentare nuovamente alle elezioni fissate (forse) per il 23 dicembre di quest’anno.Tale comportamento politico ha portato a gravi disordini anche nella capitale Kinshasa. Il Comitato laico di coordinamento dei cattolici (CLC), sostenuto dal cardinale di Kinshasa, Laurent Monsengwo, ha promosso in tutto il paese il 31 gennaio 2017, il 21 gennaio e il 25 febbraio 2018 “processioni” di fedeli, accompagnate da sacerdoti, perché Kabila non si ricandidi ed esca di scena. La repressione è stata feroce: 134 chiese accerchiate dalle forze armate, chiese invase da poliziotti (compresa la cattedrale di Kinshasa), parecchi preti arrestati e alcune decine persone uccise.

La Repubblica democratica del Congo, oggi, sta vivendo il suo Venerdì santo nel silenzio della stampa internazionale e nell’indifferenza del mondo. Per questo ci appelliamo con forza ai giornalisti italiani perché rompano il silenzio sulla RDC raccontando gli orrori che vi sono perpetrati, ma soprattutto spiegando la ragione di tale silenzio: gli enormi interessi internazionali in quel paese. E ci appelliamo anche ai vescovi italiani ed europei perché sostengano i vescovi congolesi e le comunità cristiane con la preghiera, ma soprattutto con il sostegno concreto in questo loro impegno per la giustizia e i diritti umani. Perché non pensare a una delegazione di vescovi italiani ed europei che vada a visitare le comunità cristiane più provate? Non possiamo rimanere inermi di fronte a una così immane tragedia.

Direzione generale dei missionari comboniani

Missionarie comboniane – provincia italiana

Commissione giustizie e pace – missionari comboniani Italia

Padre Efrem Tresoldi – direttore di Nigrizia

Padre Alex Zanotelli – direttore di Mosaico di Pace

Padre Eliseo Tacchella – già provinciale dei missionari comboniani in Rd Congo

Padre Joseph Mumbere – provinciale dei missionari comboniani in Rd Congo

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