Siria: la ferita sanguina ancora

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A due anni dalla presa di Mosul e della piana di Ninive ad opera dei guerriglieri del cosiddetto ISIS/Daesh, i patriarchi ortodosso e cattolico di Antiochia pubblicano una lettera congiunta. «La ferita dell’emigrazione forzata è ancora aperta», scrivono, denunciando il silenzio e l’inattività  delle nazioni leader del mondo «davanti alla pulizia etnica che colpisce una popolazione storica che ha fondato le culture locali». Salutano con favore le recenti risoluzioni di alcuni paesi che intendono «riconoscere questi atti terroristici come genocidio contro i cristiani e altre minoranze etniche e religiose». E tuttavia i due patriarchi denunciano «con forza l’assenza di azioni serie da parte della comunità internazionale e del governo iracheno nel prendere misure necessarie per liberare Mosul e la Piana di Ninive». Pubblichiamo di seguito la loro lettera (originale inglese: Assyrian International News Agency).

Sono passati due anni da quando la nostra gente è stata costretta a lasciare Mosul e la Piana di Ninive. La ferita dell’emigrazione forzata sanguina ancora.

Due anni dallo sradicamento della nostra popolazione siriaca dalla terra dei loro antenati a Mosul e nella Piana di Ninive a causa dell’atto criminale, per opera dell’ISIS e di altri gruppi terroristici, che deve essere considerato come un genocidio etnico-religioso. Dove i perpetratori considerano infedeli tutti coloro che non condividono la loro religione o non credono nelle loro dottrine confessionali.

Il 10 giugno 2014 la nostra gente è stata costretta ad abbandonare Mosul. Alla sera del 7 agosto dello stesso anno lo sradicamento è continuato e la nostra gente fu costretta a lasciare anche Qaraqosh, Bartelly, Bahzani, Bashiqa, Telosqof, Al-Qosh, Karamlis e altri villaggi e città nella Piana di Ninive. Diventando così profughi senza casa nella regione del Kurdistan iracheno e nei paesi limitrofi del Libano, Giordania e Turchia.

A tutt’oggi, passati due anni da questa calamità che si è abbattuta sulla nostra gente, le nazioni leader del mondo e la comunità internazionale rimangono silenti e inattive davanti alla pulizia etnica che colpisce una popolazione storica che ha fondato le culture locali. Noi siamo discendenti dei martiri che difesero la loro fede, la loro terra e il loro onore. Essi resero testimonianza fino al punto di versare sangue per tutto ciò.

Salutiamo con favore la decisione di alcuni paesi di riconoscere questi atti terroristici come genocidio contro i cristiani e altre minoranze etniche e religiose. Tuttavia denunciamo con forza l’assenza di azioni serie da parte della comunità internazionale e del governo iracheno nel prendere misure necessarie per la liberazione di Mosul e dei villaggi nella Piana di Ninive che sono in mano ai gruppi di terroristi. Essi hanno distrutto le nostre chiese e monasteri, in particolare il monastero di Behnam e Sarah dove la tomba del santo è stata bombardata. Questi terroristi hanno derubato la nostra gente delle loro proprietà e possedimenti, diffondendo l’oscurità della morte, distruzione e degenerazione morale.

Come padri spirituali della nostra gente i nostri cuori sono trafitti dal dolore e i nostri occhi si colmano di lacrime ogni volta che abbiamo visitato, insieme o singolarmente, i nostri bambini deportati nei paesi e città del Kurdistan iracheno. Abbiamo visto la loro sofferenza e la mancanza dei beni elementari per una vita degna – ossia alloggio, lavoro, sanità o educazione per i bambini. Ringraziamo il governo del Kurdistan iracheno per il loro forzo nell’offrire i servizi basilari in questi tempi difficili. Allo stesso modo affermiamo la nostra richiesta di una liberazione immediata di Mosul e della Piana di Ninive, e il ritorno dei nostri figli e delle nostre figlie alle loro terre e alle loro case. Essi dovrebbero godere di stabilità e sicurezza così come di condizioni di vita che assicurino la loro dignità e li aiutino a ricostruire la fiducia nel loro paese e la loro speranza per un futuro luminoso.

Per questo diciamo ai nostri figli spirituali che sono stati costretti ad abbandonare le loro case e le loro comunità: siamo con voi in ogni momento, vi invitiamo a rimanere lanterne luminose nell’oscurità di queste tribolazioni, perché presto tornerete alle vostre case. Abbiamo fiducia nella promessa del Signore che egli rimarrà nel mezzo della sua Chiesa e che essa non verrà mai meno. Non perdete la vostra fede, siate incoraggiati e rimanete saldi nel Signore Gesù Cristo che ci dice di non avere timore: “Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo” (Gv 16,33).

10 giugno 2016

Ignatius Aphrem II,
Patriarca siriaco ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente

Ignatius Youssef III Younan,
Syriac Catholic Patriarch of Antioch

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