Amazzonia: Perché disturbare gli indios?

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«Perché disturbare gli indios? La domanda è lecita. Se gli indios hanno continuato a vivere indisturbati e felici nel loro regno verde per millenni, perché andare a disturbarli col rischio di infrangere quell’equilibrio che li ha tenuti in vita fino ai nostri giorni? Perché ostinarsi a penetrare in un ambiente senza essere richiesti, non solo, ma anche col pericolo di rovinare tutto?».

Queste le domande, scritte con la libertà di “dire tutto”, poste in sovracoperta al libro uscito in questi giorni per l’editrice missionaria italiana, Nohimayu, Amazzonia, gli Yanomami e il mondo degli altri. Storia della missione Catrimani.

Le risposte a tali domande di mons. Servilio Conti nel marzo 1966, allora vescovo di Roraima, territorio della Amazzonia brasiliana, vanno pazientemente e felicemente rintracciate nelle oltre trecento pagine scritte e curate da Corrado Dalmonego e Paolo Moiola nel volume contenente molti altri contributi testuali corredati da bellissime foto.

Paolo Moiola è giornalista professionista, profondamente laico, ambientalista, frequentatore della Amazzonia e dei popoli indigeni dal 1986. In un suo testo osserva: «Dove c’è una miniera d’oro a cielo aperto, tutto è distruzione: al posto degli alberi, c’è il deserto; al posto del fiume, c’è acqua avvelenata da mercurio e carburanti; al posto di una comunità civile, c’è l’abbruttimento umano. Il risultato non cambia se, invece dell’oro, si estrae il petrolio, si coltiva la soia in modalità latifondo, si allevano milioni di vacche o si deviano fiumi. Ogni giorno l’Amazzonia perde una parte di sé a causa dell’uomo. In questo delirio distruttivo sono travolti anche i popoli indigeni, suoi abitanti originari». «La Chiesa cattolica oggi è certamente una forza positiva e sta dalla parte dei nativi». Ma in nota aggiunge: «Va segnalato che sull’Instrumentum laboris e sulla convocazione stessa del Sinodo, si sono levate forti opposizioni, da parte non solo di ambienti politico-affaristici (per esempio il presidente Bolsonaro), ma anche di circoli ed esponenti ecclesiali apertamente critici con il pontificato di Francesco».

Padre Corrado Dalmonego è missionario della Consolata. Vive con gli indios Yanomami della missione Catrimani dal 2008. Parla lo yanomae, una delle forme linguistiche del popolo. Corrado, attraverso ricerche nella documentazione della missione e naturalmente attraverso testimonianze proprie, scrive che «in vari decenni, i missionari hanno partecipato alle sofferenze e alle lotte condotte dalle comunità indigene che sono state aggredite in vari modi con decimazioni» per epidemie e per genocidi. Ci informa che il termine partecipazione è una delle possibili declinazioni di «pairiprai che può essere tradotto come aiutare, accompagnare, partecipare», appunto. Da cui l’effetto felice e di grazia della missione: nohimayu  (titolo del volume) ovvero l’effetto dell’incontro o del rapporto di amicizia tra missionari e indios che ha trasformato e che trasforma gli uni e gli altri. Forse più i missionari della Catrimani che gli indios, con ritorni profondi sul senso stesso della missione.

«Cercare infatti di separare l’annuncio esplicito del Vangelo dalla preparazione del terreno è uno sforzo sterile. Sarebbe come cercare di capire se Gesù incontrando la samaritana, la siro-fenicia, il lebbroso o il cieco, si fosse proposto di annunciare o si fosse limitato a una pre-evangelizzazione». «Dialogo e annuncio profetico sono dimensioni inseparabili, per le quali sono necessari un sincero incontro, uno scambio e una convivenza».

Padre Corrado Dalmonego sta partecipando al Sinodo straordinario sulla Amazzonia in veste di uditore.

indios

Corrado Dalmonego, Paolo Moiola, Nohimayu, Amazzonia, gli Yanomami e il mondo degli altri. Storia della missione Catrimani, EMI, Bologna 2019.

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Un commento

  1. Angela 8 ottobre 2019

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