Il football, un rito

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«Il calcio costituisce un fatto sociale totale». Così scrive l’etnologo e antropologo francese, autore di questo breve saggio, riprendendo le analisi compiute da qualche storico o sociologo inglese agli inizi del “fenomeno calcio”. Alla vigilia degli europei di Francia, che richiameranno negli stadi e davanti ai teleschermi una moltitudine di appassionati, è interessante rileggere queste note. Il calcio è un rito, – dichiara Marc Augé –, una religione civile, una pratica sociale assai estesa calcolando praticanti e spettatori. E del rito (del “fenomeno religioso”, per usare le parole del sottotitolo) ha tutti gli elementi: la fede, il luogo, i celebranti, i fedeli, i cori e i gesti. E non è un rito esclusivo, riservato agli iniziati o a qualche categoria privilegiata, bensì a tutte le classi sociali. Che il football sia anche un rituale espiatorio o catartico lo ritengono alcuni sociologi, quando affermano che «il calcio ha potuto contribuire a smorzare le tensioni di classe» o quando si meravigliano della forza “controllata” delle folle che escono dagli stadi. Interessanti le considerazioni dell’autore del football come “nuova religione”. Egli nota infatti che, della religione, il calcio possiede la forza ripetitiva, rassicurante e appagante della ritualità. Una ripetitività effimera, ma in sintonia con il nostro tempo in cui tutto viene consumato in fretta. Insomma, frammenti di tempo – scrive l’autore nelle ultime pagine – che la nostra epoca e la nostra società ritengono capaci di bastare alla nostra felicità.

Marc Augé, Football.

Marc Augé, Football. Il calcio come fenomeno religioso.

Marc Augé, Football. Il calcio come fenomeno religioso, Collana «Lampi», EDB, Bologna 2016, pp. 43, € 6,00. 9788810567296

Descrizione dell’opera

«Per la prima volta nella storia dell’umanità, a intervalli regolari e a orari fissi, milioni di individui si sistemano davanti al loro televisore domestico per assistere e, nel senso pieno del termine, partecipare alla celebrazione dello stesso rituale».

Un rito celebrato da ventitré officianti e qualche comparsa davanti a una folla di fedeli che raggiunge talvolta le decine di migliaia di individui ai quali si sommano, davanti agli apparecchi televisivi, milioni di «praticanti a domicilio». Il football, il più popolare tra gli sport di massa, è al tempo stesso pratica e spettacolo, fenomeno sociale che si prolunga nella tensione mai risolta tra professionismo e pratica amatoriale e occasione di riflessione sull’etica del gioco e sulla lealtà tra avversari.

Il calcio, spiega l’antropologo Marc Augé, funziona come un fenomeno religioso in cui numerosi individui provano gli stessi sentimenti e li esprimono attraverso il ritmo e il canto. Gli stadi diventano così luoghi di senso, di controsenso e di non senso, simboli di speranza, di errore o di orrore, in cui si compiono ancora i grandi rituali moderni.

Sommario

I. Un fenomeno sociale e antropologico. II. Virtù individuali e spettacolo. III. Professionisti e dilettanti. IV. Sport popolare ed elitario. V. Un rituale espiatorio. VI. Una nuova religione?

Note sull’autore

Marc Augé, etnologo e antropologo francese, è stato directeur d’études all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi ed è tra i più significativi pensatori contemporanei. Noto per le sue ricerche in Africa occidentale, si è in seguito occupato dei mondi contemporanei e della dimensione cosmopolita che accomuna i popoli coloniali e l’Occidente. Tra le sue pubblicazioni più note : Un etnologo nel metrò (Elèuthera 2005) e Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità (Elèuthera 1996). Da Raffaello Cortina Editore sono apparsi di recente L’antropologo e il mondo globale (2013), Il tempo senza età: la vecchiaia non esiste (2014) e Un etnologo al Bistrot (2015).

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