“La forma dell’acqua”. Amare in tempi inquieti

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La forma dell’acqua di Guillermo del Toro è sicuramente un film d’autore di alto livello. Non senza ragioni esso si è profilato anche nel contesto delle più importanti categorie di premiazione di molte manifestazioni cinematografiche: il suo regista si dedica a questioni centrali dell’essere umano; e lo fa non in maniera superficiale e anestetica ma, al contrario, in forma poetica ed estetica.

La nuova opera di del Toro si fa carico delle dimensioni fondamentali del vivere umano: politica, scienza, arte – e, in primo luogo, amare. Non da ultimo, il film mostra anche un tratto, più o meno sottile, biblico-teologico.

Un mito per la modernità

Del Toro stesso parla de La forma dell’acqua come di una «favola per tempi inquieti»,[1] e in prima battuta si sarebbe tentati di assentire a una tale inscrizione del film in questo genere.

Allo stesso modo è accattivante l’idea che qui si abbia a che fare con una versione moderna della favola del principe trasformato in ranocchio.[2] Perché accattivante? Perché una favola viene percepita come qualcosa che (a differenza delle saghe, leggende e miti) è stato inventato in maniera completamente libera, che non riguarda propriamente la nostra realtà – al massimo un temporaneo divertimento.[3]

Ma La forma dell’acqua non è mero intrattenimento, piuttosto rimanda lo spettatore ai «tempi inquieti» senza lasciarlo pacifico e beato nella sensazione di un come se non fosse successo nulla – nonostante il tratto proprio al genere del «e se non sono morti…». Il film si presenta quindi, al contrario, esattamente come un mito moderno e, perciò, come un’opera mito-poetica.

Sebbene sia possibile constatare relativamente presto nel corso del film che il contesto è quello dell’America degli anni ’60, fin dall’inizio le parole di un narratore ci conducono a ciò in un modo che lascia spiazzati.

Il narratore inizia facendoci sapere, quasi per caso, che può raccontarci solo quando e dove si è svolta questa storia, avvertendoci subito però che tale indicazione non ha alcun significato. Infatti, anche se possiamo individuare il contesto, se possiamo disporre fin nei minimi particolari dei nomi dei personaggi (addirittura anche del loro secondo nome), del lavoro che fanno e del loro rango militare, in realtà non si tratta qui di determinate persone, ma del mondo in quanto tale in cui vive l’umanità. L’identificazione di luoghi e persone particolari con archetipi universali (C.G. Jung) è un mezzo narrativo del mito.[4]

Misericordia contro diritto (pubblico)

Anche i personaggi del film, in primo luogo la protagonista Elisa Esposito (Sally Hawkins) e l’antagonista Richard Strickland (Michael Shannon), rispecchiano un dualismo archetipo del bene e del male; anzi, per essere più precisi, della misericordia e del diritto.

Elisa, che è muta, lavora come donna delle pulizie in un centro di ricerca del governo americano. Un giorno diventa testimone di brutali esperimenti che vengono svolti su un essere antropomorfo anfibio (l’attore Doug Jones) per scopi di politica degli armamenti degli Stati Uniti, che si stanno sempre più isolando dal resto del mondo.

Questo essere era stato catturato da Strickland e a costui sono sottoposti anche tutti gli scienziati che conducono gli esperimenti nel centro di ricerca. Grazie alla sua posizione, che non dà nell’occhio all’interno dello stabile, Elisa riesce ad avvicinarsi all’uomo anfibio fino al punto che i due si innamorano.

Quando Strickland dà l’ordine di uccidere questo essere e di procedere con l’autopsia dei suoi resti, Elisa, insieme ai suoi amici e ad uno scienziato che cospira contro gli Stati Uniti, riesce a far fuggire l’uomo anfibio e a nasconderlo in casa sua.

Rut contro Sansone

Del Toro nutre surrettiziamente questo dualismo di motivi biblici. La sua mito-poetica consiste nel leggere una contro l’altra due storie dell’Antico Testamento: quella narrata nel Libro di Rut e la storia di Sansone (Gdc 13,1-16.31). Rut, «il libro delle donne dell’Antico Testamento»,[5] viene associata a Elisa (ogni sera nel cinema sotto il suo appartamento viene proiettato il film La storia di Ruth),[6] mentre Sansone viene appaiato a Strickland (che nel corso del film parla di Sansone e cita, quasi letteralmente, il finale di Giudici 16).

La resiliente Elisa/Rut contro il barbaro Strickland/Sansone. Ma ecco il vertice dell’intrigo: se nella narrazione biblica Sansone viene da ultimo trasfigurato (alla meno peggio) e inserito nella genealogia dei giudici, in quella di del Toro non accade nulla di simile. Nella sua storia è Elisa che gode della grazia divina. L’inamovibile diritto (sia quello di Dio o quello pubblico del nazionalismo ai tempi della Guerra Fredda) viene sospeso a favore della misericordia, dell’amore e della fedeltà.[7]

Decostruzione della società occidentale

Questa dinamica scorre attraverso tutto il film e viene trasposta ai fondamentali della vita umana e della società; la cui variante occidentale ha sostituito i concetti di “politica” con “amministrazione“, di “arte” con “cultura” e di “amore” con “sessualità”. Infatti, ognuno dei nuovi concetti produce qualcosa che è comune a tutti loro: ossia rende quantificabile qualsiasi discorso qualitativo e lo integra così all’interno della rigida logica del capitalismo.[8]

La forma dell’acqua prende in considerazione ognuno di questi ambiti e decostruisce gli sviluppi implicati da quel processo di sostituzione introducendo l’elemento dell’estraneo, del nuovo, dell’evenemenziale – appunto l’uomo anfibio.

Lo scenario della Guerra Fredda rappresenta l’analogo di un nazionalismo puntiglioso che, oggi, negli Stati Uniti e in Europa viene propagato da un populismo di destra e da movimenti politici identitari. In questo sistema lo straniero viene usato come mezzo per raggiungere uno scopo preposto.

Strickland vuole utilizzare lo strano essere, straniero a un’idea predeterminata dell’umano, per la produzione di armamenti. (Non solo) i populisti usano gli stranieri per i loro fini politici, ossia esclusione e un’ideologia perversa della loro nazione. Ma politica non vuol dire semplicemente dare una spolveratina a un sistema dato una volta per tutte. Questo non è altro che amministrazione di identità assolute.

Politica significa invece incontro e discorso; anzi, talvolta politica vuol dire opposizione e azione. Affinché ciò sia possibile, lo straniero deve però rimanere pensabile, l’estraneo che è l’altro essere umano deve (in senso kantiano) essere un fine in se stesso e non mezzo. Nel film questo incontro (ossia ciò che dovrebbe essere la politica) viene simbolizzato attraverso Elisa e l’uomo anfibio.

In tutto ciò si trova integrata anche la questione della scienza. Corsa allo spazio ed economia bellica, progresso a ogni costo a scapito di vissuti e della vita umana, nel film fanno un passo indietro davanti all’onore e all’amore resi alla creazione. Così uno scienziato russo, che è una spia infiltrata, è tra coloro che aiutano Elisa. Egli non sta dalla parte di un sistema, ma si impegna a favore della vita.

Esposizione allo straniero e trasformazione del sé

Uno sviluppo interessante si innesca anche nella figura del migliore amico di Elisa. Per la maggior parte del tempo egli cerca di vendersi come disegnatore pubblicitario, ma viene imbrogliato dal suo datore di lavoro che alla fine se ne disfa per motivi di razionalizzazione dei processi produttivi. Ma non appena lo straniero fa irruzione in lui grazie a Elisa, allora egli trova la sua nuova ragion d’essere. Tutto il suo stile si trasforma e il grafico rassegnato del settore pubblicitario diventa un’artista ispirato.

L’aspetto più importante è ovviamente la dimensione dell’amore. Se nella prima metà del film veniamo confrontati solo con quella forma dell’amore che rimane ridotta alla sessualità (Elisa si masturba ogni mattina mentre un contaminuti per la cottura delle uova scandisce il ritmo del tempo; vediamo Strickland, che ha superficialmente davanti a sé la famiglia americana ideale, fare sesso brutale e meccanico con sua moglie come mera soddisfazione delle pulsioni; e il migliore amico di Elisa deve nascondere e rimuovere la sua omosessualità per non trovarsi esposto alla riprovazione sociale), con l’irruzione dello straniero il quadro cambia completamente.

Elisa e l’uomo anfibio si innamorano. Certo, anche loro si amano fisicamente, corporalmente, ma in questo gesto è del tutto assente la vista voyeuristica e pornografica della cinepresa che riduce amore e sesso alla rappresentazione degli organi sessuali. Al posto di tutto ciò viene simbolizzato realmente l’amore. E non da ultimo questo amore significa che qualcosa di nuovo ha fatto irruzione, che il vecchio sistema e la sua logica sono stati superati.

Dio in terra

Nelle ultime scene del film Elisa e l’uomo anfibio vengono arrestati e giustiziati da Kirckland. Ma l’uomo anfibio risorge nuovamente. Anche Strickland era a conoscenza delle voci sullo straniero, ossia che nella sua patria fosse venerato come un Dio. E così Kirckland deve ammettere alla fine il suo fallimento: «Tu sei veramente un Dio». Ma per lui l’incontro con il divino termina alla Ovidio, ossia con la morte.

Ma il tema ovidiano fa capolino un’altra volta: l’uomo anfibio salva la morta Elisa e, in una scena sottacqua, la bacia – mentre nello stesso momento le crescono le branchie. Questa metamorfosi non ha tanto a che fare col fantastico e il fiabesco, quanto piuttosto col simbolico. L’afflato del respiro divino (spiritus) è la rigenerazione dell’umano, la nuova nascita dell’uomo. In una scena troviamo risurrezione e pentecoste intrecciate fra di loro.

Ma che cos’è il respiro/spirito divino? Amore del creatore per la creatura. Quel respiro/spirito è creatura tra le creature; e il divino dell’amore emerge tra le creature, le unisce tra di loro. Attraverso l’amore le creature sono qui l’una per l’altra, l’una insieme all’altra – non giustapposte e non contrapposte.

Non si tratta del fatto che Dio solo è amore (1Gv 4,8). Del Toro ci offre un’altra lettura: è l’amore tra gli esseri umani che è divino.


[1] Cf.http://collider.com/why-guillermo-del-toro-is-taking-a-year-off-directing/#fantastic-voyage (accesso 13.04.2018).
[2] Cf. http://www.fr.de/kultur/kino/the-shape-of-water-die-stumme-und-das-biest-a-1448117 (accesso 13.04.2018).
[3] Cf. J. Bolte/ G. Polivka, Anmerkungen zu den Kinder- und Hausmärchen der Brüder Grimm, 5. Bde., Leipzig 1913-1932, Bd. 4, 4. Si veda inoltre: T. Poser, “Das Märchen“ in: O. Knörrich (Hg.), Formen der Literatur in Einzeldarstellungen, Stuttgart 1981, 251-259.
[4]Anche nella prima scena si trova direttamente questa coincidenza: con una carrellata della cinepresa siamo condotti attraverso un appartamento, arredato alla buona secondo i canoni degli anni ’60, completamente sommerso dall’acqua. Il vero spazio di vita dell’uomo reale viene identificato con le acque  archetipe.
[5] Cf. E. Zengers Kommentar zum Buch Rut in: Stuttgarter Altes Testament, hg. von E. Zenger, 3. Aufl., Stuttgart 2005, 452.
[6] Con qualche approfondimento su questo si veda: https://forward.com/culture/film-tv/390336/the-shape-of-water-book-of-ruth-guillermo-del-toro/ (accesso 13.04.2018).
[7] Un’interessante e sottile analogia può essere rinvenuta anche a un livello più profondo. La vittoria di Samuele sui filistei rappresenta nel testo veterotestamentario anche una vittoria sul loro Dio nazionale Dagon/Zagan – si tratta di un Dio del tempo (metereologico) che etimologicamente viene associato con l’acqua piovana (cf. W.F. Albright, Gilgames and Engidu, Mesopotamian Genii of Fecundity, in: Journal ofthe American Oriental Society 40, 1920, 319, nota 27). Inoltre, Dagon è stato ripreso da H.P. Lovercraft nel cosiddetto mito di Cthulhu in cui viene rappresentato un essere anfibio antropomorfo. Da qualche tempo del Toro è interessato a un adattamento cinematografico del libro At the Mountains of Madness di Lovercraft.
[8] Cf. A. Badiou, Paulus. Die Begründung des Universalismus [1977], übers. von Heinz Jatho, Zürich-Berlin 2009, 19.


Liebe in unruhigen Zeiten. Gedanken zu Shape of Water von Guillermo del Toro

Shape of Water von Guillermo del Toro ist ein herausragender Autorenfilm. Nicht ohne Grund konnte der Film bei sämtlichen großen und kleinen Preisverleihungen in den wichtigsten Kategorien punkten, denn sein Regisseur widmet sich den zentralen Fragen des Menschseins, und dies tut er nicht oberflächlich und plakativ, sondern poetisch und ästhetisch. Del Toros neues Werk nimmt sich die basalen Dimensionen des menschlichen Lebens, nämlich Politik, Wissenschaft, Kunst und vor allem Liebe vor. Nicht zuletzt aber weist der Film auch noch eine mehr oder weniger subtile biblisch-theologisch Facette auf.

Ein Mythos für eine Moderne

Del Toro selbst bezeichnet Shape of Water als „a fairytale for troubled times“[i] und man ist versucht dieser Genrezuordnung zuzustimmen. Genauso wie die Idee, dass man es hier mit einer modernen Fassung des Märchens vom Froschkönig zu tun habe,[ii] verlockend ist. Warum verlockend? Weil ein Märchen als etwas wahrgenommen wird, das (im Gegensatz zu Sagen, Legenden und Mythen) vollkommen frei erfunden ist und unsere Wirklichkeit eigentlich nicht betrifft, höchstens als temporäres Amüsement.[iii]Aber Shape of Water ist nicht pure Unterhaltung, sondern weist den Zuschauer vielmehr auf die „unruhigen Zeiten“ hin und lässt ihn, trotz des genretypischen „Und wenn sie nicht gestorben sind…“ nicht einfach so zurück, als sei nichts gewesen. Der Film zeigt sich hingegen als ein moderner Mythos und dabei zweifellos mythopoetisch.

Obwohl wir ziemlich schnell feststellen, dass das Setting des Films das Amerika der 1960er Jahre ist, werden wir zu Beginn von durch die Worte eines Erzählers auf ganz andere Weise ins Bild gebracht. Denn er beginnt ganz nonchalant, indem er uns wissen lässt, dass er uns nun zwar erzählen könne, wann und wo diese Geschichte stattgefunden habe, dies aber letztlich keine Rolle spiele. Denn obwohl wir das Setting bestimmen können, mit genauen Personennamen (bis zum zweiten Vornamen), Berufsbezeichnungen und militärischen Rängen arbeiten können, geht es hier nicht um irgendwelche bestimmten Menschen, sondern um die Welt, in der die Menschheit lebt. Die Identifikation realer Orte und Personen mit universalen Archetypen (C.G. Jung) ist ein narratives Mittel des Mythos.[iv]

Barmherzigkeit gegen (Staats)Recht

Und auch die Figuren, allen voran die Protagonistin Elisa Esposito (Sally Hawkins) und der Antagonist Richard Strickland (Michael Shannon) spiegeln einen archetypischen Dualismus von Gut und Böse wider, genauer von Barmherzigkeit und Recht.

Die stumme Elisa arbeitet als Putzkraft in einer Forschungsanlage der amerikanischen Regierung. Eines Tages wird sie Zeuge von brutalen Experimenten, die an einem anthropomorphen amphibischen Wesen (gespielt von Doug Jones) zum Zwecke der Rüstungspolitik der sich abschottenden Vereinigten Staaten durchgeführt werden. Gefangen wurde das Wesen von Strickland und die Wissenschaftler unterstehen seiner Führung. Dank ihrer unauffälligen Stellung im Betrieb gelingt es Elisa, sich dem Amphibienmenschen anzunähern, bis zu dem Punkt, wo sich beide ineinander verlieben. Als Strickland die Tötung und Obduktion des Wesens in Auftragt gibt, helfen Elisa, ihre Freunde und ein konspirierender Wissenschaftler dem Amphibienmenschen zu fliehen und bei sich unterzukommen.

Rut gegen Simson

Diesen Dualismus unterfüttert del Toro durch biblische Motive. Seine Mythopoetik besteht darin, zwei alttestamentarische Geschichten gegeneinander zu lesen, nämlich das Buch Rut und die Geschichte von Simson (Ri 13,1-16,31). Rut, das „Frauenbuch des Alten Testaments“[v], wird mit Elisa assoziiert (Nacht für Nacht spielt der Film „The Story of Ruth“ im Kino unter ihrer Wohnung).[vi] Simson mit Strickland (über den gesamten Film hinweg kommt er auf Simson zu sprechen und zitiert zuletzt fast wörtlich den Schluss von Ri 16). Die resiliente Elisa/Rut gegen den grobschlächtigen Strickland/Simson. Der Clou am Arrangement: In der biblischen Geschichte wird zwar auch Simson zuletzt (mehr schlecht als recht) verklärt und in die Genealogie der Richter aufgenommen, nicht so aber bei del Toro. Bei ihm ist es Elisa, die die göttliche Gnade genießt. Das starre Recht (sei es das Recht Gottes oder dasjenige des Kalten-Krieg-Nationalismus) wird zugunsten von Barmherzigkeit, Liebe und Treue suspendiert.[vii]

Dekonstruktion der westlichen Gesellschaft

Diese Dynamik durchzieht den gesamten Film und wird auf die grundlegenden Elemente des menschlichen Lebens und der Gesellschaft übertragen, deren westliche Variante dabei komplett umgekrempelt wird. Die (post)moderne westliche Gesellschaft hat den Begriff „Politik“ durch den der „Verwaltung“, den Begriff „Wissenschaft“ durch den der „Technik“, „Kunst“ durch „Kultur“ und „Liebe“ durch „Sexualität“ ersetzt, denn der jeweils neue Begriff leistet eines: er macht qualitative Diskurse quantifizierbar und integriert sie so in die rigide Logik des Kapitalismus.[viii] Shape of Water kommentiert all jene Bereiche und dekonstruiert die genannte Entwicklung, indem er das Element des Fremden, des Neues, des Ereignishaften einführt, nämlich den Amphibienmenschen.

Die Szenerie des Kalten Kriegs stellt das Analogon eines rigorosen Nationalismus dar, der sowohl in den USA und im Europa unserer Zeit durch Rechtspopulismus und identitäre Bewegungen propagiert wird. In diesem System wird der Fremde als Mittel zum Zweck benutzt. Strickland will das fremde Wesen für die Waffenproduktion nutzen. (Nicht nur) Populisten nutzen die Fremden für ihre politischen Zwecke, nämlich Abgrenzung und die fehlgeleitete Ideologie ihrer Nation. Aber Politik ist nicht das Abspulen einer einmal festgelegten Systematik, dies wäre nur Verwaltung von absoluten Identitäten. Politik bedeutet hingegen Begegnung und Diskurs, ja, sie bedeutet auch Opposition und Handeln. Dazu aber muss das Fremde denkbar bleiben, der (fremde) Mitmensch muss (im Kantischen Sinne) der Zweck sein, und nicht das Mittel. Im Film wird diese Begegnung durch Elisa und den Amphibienmenschen symbolisiert.

Darin integriert ist auch die Frage nach der Wissenschaft. Space Race und Kriegswirtschaft, Fortschritt um jeden Preis auf Kosten von Existenzen und Menschenleben, im Film weichen sie der Ehrung und Liebe zur Schöpfung. So gehört etwa ein russischer Wissenschaftsspion zu Elisas Helfern. Er steht nicht auf der Seite eines der Systeme, sondern steht für das Leben ein.

Eine interessante Entwicklung macht auch Elisas bester Freund und Helfer durch. Die meiste Zeit versucht er sich als Werbezeichner zu verdingen, wird allerdings von seinen Arbeitgebern übervorteilt und schließlich wegrationalisiert. Sobald aber der Fremde durch Elisa auch in sein Leben tritt, findet er in ihm sein neues Sujet.  Sein gesamter Stil ändert sich. Der resignierte Grafiker der Werbebranche wird zum inspirierten Künstler.

Am wichtigsten ist natürlich die Dimension der Liebe. Werden wir in der ersten Hälfte des Films nur mit der Form von Liebe, die auf Sexualität reduziert bleibt, konfrontiert (Elisa masturbiert jeden Morgen während eine Eieruhr abläuft; Strickland, der vordergründig die amerikanische Idealfamilie hat, sieht man beim brutalen, mechanischen Sex mit seiner Frau, der nur der Triebabfuhr dient; Elisas bester Freund muss seine Homosexualität unterdrücken und wird andernfalls mit Ablehnung konfrontiert), ändert sich mit dem Auftreten des Fremden alles. Elisa und der Amphibienmensch verlieben sich. Auch sie lieben sich körperlich, aber bei diesem Akt gibt es keine voyeuristisch-pornographische Kamera, die Liebe und Sex nur auf die Darstellung der Geschlechtsorgane reduziert. Stattdessen wird hier wirklich Liebe symbolisiert. Und nicht zuletzt bedeutet diese Liebe, dass etwas Neues eingetreten ist, dass das alte System und seine Logik überwunden wurden.

Gott auf Erden

In der letzten Szene des Films werden Elisa und der Amphibienmensch von Strickland gestellt und hingerichtet. Aber der Amphibienmensch ersteht wieder auf. Auch Strickland kannte die Gerüchte, dass der Fremde in seiner Heimat wie ein Gott verehrt wurde. Und so muss Strickland sein Scheitern eingestehen. „Du bist wirklich ein Gott.“ Für ihn aber endet die Begegnung mit dem Göttlichen, à la Ovid, mit dem Tod.

Das ovidische Thema erscheint dann noch einmal: Der Amphibienmensch heilt die tote Elisa und in einer Unterwasserszene küsst er sie, woraufhin ihr Kiemen wachsen. Diese Metamorphose ist weniger märchenhaft-fantastisch als vielmehr symbolisch. Der göttliche Atem (spiritus) ist die Wiedergeburt des Menschen. In einer Szene haben wir Auferstehung und Pfingsten verwoben. Aber was ist der göttliche Atem/Geist? Er ist die Liebe Gottes zum Geschöpf. Aber was ist der Gott? Er ist ein Geschöpf unter Geschöpfen. Und das Göttliche der Liebe taucht zwischen den Geschöpfen auf, verbindet sie. Durch Liebe sind die Geschöpfe füreinander und miteinander da, nicht nebeneinander und nicht gegeneinander. Es ist nicht so sehr der Fall, dass Gott allein die Liebe ist (1.Joh 4,8). Del Toro zeigt uns eine andere Lesart: Es ist die Liebe zwischen Menschen, die göttlich ist.


[i] Vgl. http://collider.com/why-guillermo-del-toro-is-taking-a-year-off-directing/#fantastic-voyage (Zugriff 13.04.2018).
[ii] Vgl. http://www.fr.de/kultur/kino/the-shape-of-water-die-stumme-und-das-biest-a-1448117 (Zugriff 13.04.2018).
[iii] Vgl. J. Bolte/ G. Polivka, Anmerkungen zu den Kinder- und Hausmärchen der Brüder Grimm, 5. Bde., Leipzig 1913-1932, Bd. 4, 4. Siehe außerdem: T. Poser, „Das Märchen“ in: O. Knörrich (Hg.), Formen der Literatur in Einzeldarstellungen, Stuttgart 1981, 251-259.
[iv] So findet sich auch direkt in der besprochenen Eingangsszene eine solche Koinzidenz: Wir erleben eine Kamerafahrt durch eine etwas bieder eingerichtete 60er-Jahre Wohnung, die vollkommen unter Wasser gesetzt ist. Der wirkliche Lebensraum des wirklichen Menschen wird identifiziert mit der archetypischen Urflut (Gen 1,2). NB: Statt „Urflut“ liest z.B. die King James Bibel „waters“.
[v]Vgl. E. Zengers Kommentar zum Buch Rut in: Stuttgarter Altes Testament, hg. von E. Zenger, 3. Aufl., Stuttgart 2005, 452.
[vi] Etwas mehr ins Detail geht etwa folgender Beitrag: https://forward.com/culture/film-tv/390336/the-shape-of-water-book-of-ruth-guillermo-del-toro/ (Zugriff 13.04.2018).
[vii] Eine subtile aber interessante Analogie besteht noch auf einer tieferen Ebene: Simsons Sieg über die Philister stellt im alttestamentlichen Text auch einen Sieg über ihren Gott Dagon dar. Bei diesem handelt es sich um einen Wettergott, der etymologisch mit Wasser (Regen) assoziiert wird (vgl. W.F. Albright, Gilgames and Engidu, Mesopotamian Genii of Fecundity, in: Journal oft he American Oriental Society 40, 1920, 319, Anm. 27). Ferner fand Dagon Eingang in H.P. Lovecrafts so genannten Cthulhu-Mythos, wo er als anthropomorphes Amphibienwesen vorgestellt wird. Del Toro zeigt seit einiger Zeit Interesse an einer Verfilmung von Lovecrafts „At the Mountains of Madness“.
[viii] Vgl. A. Badiou, Paulus. Die Begründung des Universalismus [1977], übers. von Heinz Jatho, Zürich-Berlin 2009, 19.

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