Il vangelo, le serie TV, la teologia

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Nel titolo dell’opera di Cristiano Massimo Parisi che prendiamo in considerazione, Il vangelo … in streaming, otto serie tv al vaglio della teologia (Città Nuova, Roma 2023, 156 pp., 16,90 euro), troviamo uno strano accostamento tra le parole «teologia» e «serie TV»: esse evocano infatti situazioni opposte; ad esempio, luoghi sacri e silenziosi o accompagnati da canti solenni e una sala domestica con poltrone e TV e suoni di ogni tipo; o, ancora, le lezioni cattedratiche per soli «addetti ai lavori» e le chiacchiere che si fanno negli altri ambienti di lavoro descrivendo le battute o le storie o gli attori visti il giorno prima rilassati a casa sul divano.

Pop-theology

Occorre ripensare alla teologia. Essa accade nel momento in cui si riflette sulla realtà personale di Dio e le sue implicazioni nella nostra vita. Visto che Dio «abita» tutto il nostro tempo (e anche il suo oltre), si può «entrare in contatto» con Lui non solo in momenti specifici o liturgici, o in luoghi riservati come la chiesa, l’accademia o le varie istituzioni ecclesiastiche, o con certe forme, magari prettamente intellettuali.

La teologia, che altro non è nella sua etimologia se non discorso, dialogo, riflessione, pensiero su Dio, è il mezzo per prendere atto di una realtà che appartiene a tutti, perché ognuno di noi ha la possibilità (e forse anche la responsabilità) di maturare la propria fede (o magari cercarla se non la si ha!) attraverso il pensiero, il discernimento, la riflessione, sia in momenti «canonici», ma in generale, nel quotidiano vivere che ci interpella secondo diverse forme!

Su questo fronte al credente si pone poi la problematica di quella che viene chiamata «nuova evangelizzazione». Si tratta di un vangelo nuovo da proporre ad un mondo che ha dimenticato Dio? Che ha dimenticato le classiche e autentiche forme religiose del glorioso passato in cui «tutto il mondo» era cattolico? No!

Piuttosto pensiamo che si tratti di trovare nuovi modi di annunciare l’antica e stessa sapienza, indelebile e sempre trasmissibile, del Vangelo. Compito allora di una parte della teologia, comunemente nota come pop-theology, è quello di leggere, scavare per trovare, all’interno di nuovi (e senza nascondercelo, complessi) fenomeni comunicativi (come la musica moderna, l’arte, la letteratura nei suoi diversi stili, il cinema… fino alle serie TV oggetto del libro che qui viene recensito) quei messaggi perenni che riguardano l’umano e il divino, che possono anche diventare una preparatio evangelii.

Abitare la soglia

Se anche abbiamo a pensare che le serie TV siano un fenomeno più «visivo» che altro, dobbiamo lasciare che esse suggestionino non solo l’occhio, ma anche «l’orecchio» che, nel nostro ambito, «vuole la sua parte». Per questo nella introduzione al libro troviamo ben esplicitati i due momenti che devono venire a congiungersi per ottenere la trasmissione della fede nel continuo mutare degli spazi e dei tempi: l’auditus fidei e l’auditus temporis.

Il primo si configura, ricorda Staglianò che ha curato la prefazione dell’opera, come necessario momento speculativo, per cui: «Pretendere una nuova evangelizzazione e organizzarla, senza il servizio della buona teologia, significa navigare a vista, senza progetti, senza idee»; mentre, il secondo, prevede l’adozione del linguaggio audio visivo (ma in genere multimediale) accettando la serie TV come occasione inedita di locus theologicus per annunciare il vangelo in un modo, e in un mondo, nuovo che certo potrebbe in prima istanza «far arricciare il naso» a qualcuno, vista l’oggettiva difficoltà di conciliare il messaggio con il «tanto rumore di fondo».

Ma, sulla scia della sentenza paolina «Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono» (1 Ts5,21), l’esclusione di eventuali pregiudizi ottiene una preziosa «mediazione culturale della fede». Il ruolo della teologia sarà allora quello non solo di vagliare (essa sempre difende il contenuto veritativo che accompagna la fede, quello che tecnicamente chiamiamo fides quae), ma anche vegliare sulle nuove forme che accompagnano la storia del popolo credente, così da «tenere ogni buona cultura».

Questo compito di veglia non deve essere interpretato tanto come vigilanza costringente quanto piuttosto attesa di compimento, di modo che si accolgano (con discernimento) quelle condizioni, in cui rientra anche il mutato contesto socioculturale e mediatico attuale, che influenzano il fides qua, l’atto stesso con il quale il credente affida la sua vita a Dio.

Si delinea, dunque, uno stile che è quello di chi «abita la soglia» che ci deriva dallo stesso Vangelo in cui troviamo «coppie di istanze» che devono essere vissute in modo «paradossalmente congiunto» (contro ogni semplicistica attualizzazione letterale). Ad esempio, il distinguo giovanneo, in espressioni che descrivono i discepoli «nel mondo, ma non del mondo», sarà da coniugare con l’invito sinottico incessante di «predicare il vangelo ad ogni creatura», usando ogni «linguaggio» che le creature possano introdurre nella loro storia.

Struttura del volume

Il libro di Parisi si configura come un testo esemplificativo di quest’abitazione della soglia, in cui il compito di vaglio e di veglia si compenetrano sia rinvenendo i semi del Verbo (espliciti ed impliciti), sia interpretando teologicamente tali semi.

I semi sono sparsi nelle narrazioni e sceneggiature delle otto opere prese in considerazione. Tali semi sono espliciti nella forma di riferimenti biblici, o pareri che gli attori esprimono sulla religione e sulla figura di Dio; sono impliciti invece quando si toccano le grandi tematiche esistenziali, ad esempio, quando si parla del problema del male, della fugacità della vita, della giustizia nella società, dell’interiorità, delle scelte come opzioni fondamentali, ecc.

Il maggiore sforzo speculativo sta nell’interpretazione di tali espressioni di umanità che possono essere sia positive, rimandando alla presenza di un divino buono (immanente e/o trascendente, nella storia e/o anche oltre), sia negative, ricordando che il peccato dell’uomo è comunque espressione della libertà donata (o concessa) da Dio, anche se mal usata.

Rimane poi ovvio l’utilizzo del libro in ambito catechetico, soprattutto giovanile, per diversi motivi. Primo, il testo presenta materiale molto recente e diffuso, sicuramente presente nella memoria di tanti fruitori di serie (nonostante ogni binge watching, che tende a far dimenticare il vecchio per il nuovo).

Secondo, l’esposizione della trama e il metodo di confronto tra narrazione filmica e testi/concetti teologici, nonostante i frequenti spoiler motivati dal cogliere i momenti salienti o il succo delle opere proposte, invoglia a continuare la lettura con la visione della serie (nel caso se ne sia digiuni), permettendo anche all’istanza catechetica, con il suo dibattito, riflessione nonché confronto biblico, di debordare nel quotidiano.

Terzo, il linguaggio di facile accesso ne permette l’uso con tutti i tipi di pubblico, anche con persone riservate, che possono immedesimarsi affettivamente nei personaggi e nelle storie riportate, potendo dire la loro sull’opera e sul confronto con il Vangelo, senza per forza affrontare una speculazione o un cineforum di livello proibitivo.

La cura per il filo d’erba

Tra quelle affrontate nel libro, mi ha molto colpito la riflessione sulla serie TV di Zerocalcare, Strappare lungo i bordi. L’opera è in effetti un fumetto animato e non una serie nel senso filmico a cui siamo abituati. Essa tratta della vita del mondo giovanile con il linguaggio, forse sarebbe meglio chiamarlo gergo, tipico della cultura romana. Tra dialoghi alle volte surreali e che rischiano di girare su se stessi, viene espresso il disagio giovanile di abitare un mondo troppo lavorativo, troppo noioso, troppo frustrante…

Parisi mostra come la chiave di lettura, per superare in parte ma non in tutto, tale disagio esistenziale, è quella del sentirsi come il filo d’erba, la frase che Sara dice al protagonista Zero per toglierlo dalle sue ansie più recondite, che lo facevano sentire come se il mondo girasse (solo) intorno alle sue scelte. L’immagine del filo d’erba, della precarietà/preziosità della vita è poi riportata da Parisi nel contesto biblico in cui si svela la parte mancante, cioè l’invito da parte dell’autore sacro a rivolgersi al Creatore che si prende cura di tutto, anche di quella fragilità esistenziale della sua creatura preferita che è l’uomo.

Ci piace concludere sintetizzando e rileggendo il tutto alla luce di EG 115 in cui si afferma: «La grazia suppone la cultura» (non solo la natura). Questo ci dice quanto è importante confrontarsi di persona con la manifestazione di questi ed altri nuovi luoghi teologici, e riflettere sul fatto che lo Spirito Santo non smette di soffiare e creare attraverso un dialogo interiore con tutta l’umanità nuove possibilità di incontro e conversione al Dio UniTrino.

Cristiano Massimo ParisiIl vangelo … in streaming, otto serie tv al vaglio della teologia, Città Nuova, Roma 2023, 156 pp., 16,90 euro

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