Immortalità sì, ma di che genere?

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copertinaAnche uno come l’esperto biblista e storico delle idee come Romano Penna, già autore di parecchi studi sull’escatologia, ebbe qualche perplessità a riprenderla in modo più ampio e organico, ma poi cedette alle richieste della San Paolo (vedi premessa) e riesce nell’intento con questo libro.

Non ci si aspetti il classico trattato sui Novissimi, ma solo innanzitutto un’abbondante e interessantissima panoramica sulle escatologie antiche e moderne, dalle più note e nutrite a quelle meno ricche ma magari più diffuse nel grande pubblico contemporaneo; segue una sintesi ben documentata, ampia e ragionata del dato biblico sulla vita immortale e i suoi vari aspetti e problemi.

La fatica di Romano Penna servirà, credo, a moltissimi, pur non esaurendo tutte le questioni e le domande che tutti più o meno sentiamo.

Per esempio: mi aspettavo un più forte richiamo al fatto che l’escatologia cristiana nasce sì da un Risorto, ma da un Crocifisso risorto, scandalo e follia per la società del I secolo d.C. e quindi anche in notevole rottura, oltre che pure in continuità con almeno varie linee dell’escatologia ebraica e della sua Toràh (che riteneva “maledetto” un appeso al legno).

In questo contesto avrei preferito una maggiore attenzione al IV Carme del Servo di YHWH, cui invece Penna dedica solo rapidi richiami (pag. 91; ricordo che in un incontro con rabbini, tra i quali Levinas, ebbi la consolazione di vederli accettare l’idea che Is 53 parlava di una figura più unica che rara, pur con qualche somiglianza con il loro popolo).

Ben fa l’autore, invece, a valorizzare i testi paolini come l’inno cristologico di Fil 2, dove si parla di Gesù “tapeinòs”, motivo di speranza per il nostro corpo pure “tapino” e che lui trasformerà.

Ottima la sottolineatura del valore che la parola biblica di Dio afferma anche per il nostro corpo e non solo per l’anima, contro l’esagerato platonismo assai diffuso nelle vecchie teologie e spiritualità (nonostante il tradizionale Credo delle Chiese e la definizione paolina della Chiesa come corpo di Cristo!).

 La valorizzazione del corpo, certamente chiara nel NT benché non esclusiva né sempre coerente con il complesso dei testi sacri – come anche Penna annota –, provoca però qualche difficile problema, già avvertito dai cristiani di 1Cor 15: come sarà il corpo trasformato dopo la morte? E, in particolare, come sarà quello di quanti hanno perso completamente il loro corpo di prima o l’hanno fatto cremare? In che senso anche costoro saranno “uomini pur pneumatizzati” e non solo anime immortalizzate? Ci sarà una specie di creazione di un nuovo corpo per l’anima di prima? Penna avvia risposte specialmente nelle pagg. 96-100. Mi aspettavo qualche luce in più (salvo mia svista o il ricorso ad altre sue opere).

Un altro problema che rimane aperto è quello del giudizio dopo morte: in che senso e in quali tempi, se così si può dire?

Ancora scoperto mi sembra il discorso sia sulla fine di Gerusalemme sia sul futuro avvento di Cristo come Signore definitivo anche della morte.

Tutti problemi secondari rispetto all’importanza dell’«essere già ora in Cristo», come riafferma giustamente anche l’amico Penna, eppure intrigano specialmente la pastorale e la catechesi.

L’escatologia resta un bel problema, con le sue luci e le sue ombre; ma il teologo don Giovanni Moioli, che pure l’aveva approfondita, diceva specialmente nei momenti difficili della vita: «Meno male che rimane la riserva escatologica!».

Don Romano Penna, la cui abbondante bibliografia, collocata in fondo al presente volume, conferma la sua competenza e capacità, può aiutare tutti almeno a orientarci nel bosco di “quale immortalità” ci attenda alla luce della Pasqua del Signore.

Romano Penna, Quale immortalità? Tipologie di sopravvivenza e origini cristiane, San Paolo 2017, pp. 202, €. 30,00.

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