La creatività nell’era digitale

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creatività digitale

Uno dei doni che il pensiero filosofico-scientifico più recente, se compreso nelle sue diverse pieghe, ci mette a disposizione è quello di ricucire insieme problemi tenuti artificiosamente separati e circoscritti in «impalcature concettuali», come le chiamava Gaston Bachelard, che spesso hanno impedito di capirne lo spirito di fondo.

Questo approccio ha trovato nel pensiero complesso la sua sede naturale con allargare il campo della razionalità e con l’educarci contestualmente a prendere atto dei nostri limiti senza cadere in quella «scuola del lutto» dello specialismo eccessivo, per usare un’espressione di Edgar Morin, che ha messo in secondo piano la ricerca del senso del tutto e delle relazioni tra i saperi.

Rivoluzione digitale 

Una tale risorsa epistemica ha permesso di coniugare proficuamente tra di loro le diverse esperienze umane, da quelle cognitive a quelle artistiche, e di trovarne le ragioni nei meccanismi di base come i non lineari processi creativi che le contraddistinguono, aspetti che pure sono stati nel corso dei secoli al centro di molti discorsi; non è dunque un caso se in questi ultimi tempi sono divenuti oggetto di più settori di ricerca scientifica che vanno dalle neuroscienze a quel vasto capitolo della cosiddetta Science of Human Innovation, dove stanno avendo un ruolo sempre più strategico le diverse «sfide della rivoluzione digitale» da prendere in debita considerazione.

Lo sottolinea Gilberto Marzano nel significativo contributo apparso in un recente volume a più voci Antropocene e le sfide del XXI secolo. Per una società solidale e sostenibile, con scritti di Alberto F. De Toni e Angelo Vianello (Per una visione agapica dell’Antropocene, 3 marzo 2022).

Per capirne meglio le dinamiche sono necessari degli approcci transdisciplinari che fanno tesoro dei risultati conseguiti in diversi ambiti con coglierne i risvolti antropologici, a volte non facilmente percepibili, come quello messo in atto dallo stesso Marzano, non a caso esperto in Digital Innovation e Direttore del Laboratorio «Educational Technologies della Rezekne Academy of Technologies» (Latvia) oltre ad essere collaboratore del Laboratorio di Robotica Sociale presso l’Università di Udine.

Il suo occhio attento e vigile di antropologo sociale, frutto dell’interazione di esperienze maturate in più contesti, lo ha già da tempo portato a rendere sempre più necessaria «l’ora della conoscibilità» della rivoluzione digitale, a dirla con Walter Benjamin, per decifrarla e renderla una problematica urgente per il pensiero nelle diverse articolazioni.

La sua irruzione nella nostra vita costringe tra le altre cose a «valutare l’impatto socio-economico della transizione digitale», come è stato evidenziato nel volume del 2011 Conservare il digitale (Milano, Editrice Bibliografica), con l’invito a dare la giusta rilevanza al problema del cosiddetto digital divide o delle disuguaglianze dovute all’uso di tali tecnologie che comportano, come ogni tecnologia, «notevoli benefici e grandi sfide».

Le sfide da cogliere

Il percorso di Marzano ci conduce nelle «potenzialità della quarta rivoluzione industriale», che iniziata in questo secolo sta cambiando già il nostro modo di affrontare i problemi con la digitalizzazione dei processi di comunicazione e di quelli produttivi, coll’innescarne altri che vengono ad investire la stessa sfera sociale e col metterci di fronte a nuove responsabilità di natura sempre più planetarie.

Non a caso si rileva che la stessa Commissione Europea è stata la prima a cogliere tale sfida per le ripercussioni in campo sociale col promuovere un primo importante rapporto sull’Innovazione sociale digitale (ISD), «definita come un tipo di innovazione collaborativa dove innovatori, utenti e comunità cooperano per co-creare conoscenze e soluzioni finalizzate a soddisfare le esigenze emergenti mediante l’uso delle tecnologie digitali».

Per trarre vantaggio in ogni campo da tali tecnologie digitali ed «indirizzarne i cambiamenti», è ritenuto necessario dotarsi di ulteriori «conoscenze tecniche e di capacità innovative» integrate da «pensiero critico e creatività che fanno parte delle cosiddette soft skills, ossia di quelle capacità non tecniche e intangibili, relative alla specifica personalità di un individuo», contrapposte alle hard skills che concernono i livelli di competenza (expertise).

Per potenziare le nostre difese razionali e avere strumenti che ci conducano a gestire la «transizione digitale» per non essere travolti e passare incompresi, Marzano ci invita a «capitalizzare» le peculiarità che ci hanno resi tali come esseri umani, come appunto coltivare il pensiero critico e la creatività che hanno costellato la nostra storia e in molti casi sovvertendola. Non a caso il suo percorso è approdato a una non comune analisi di tali capacità che le possiamo considerare frutto del nostro continuo avere a che fare con la rugosità del reale e della necessità di andare dal bios al logos, percorso già magistralmente delineato dai Maestri Greci (Dal bios al logos, 9 gennaio 2020).

Creatività umana nel nuovo contesto

Per non «mentire» su di esso, come ci ha insegnato Simone Weil, il nostro daimon ci spinge costruire «le infinite ragioni del reale», non «date in isperienza», ma ottenute col faticoso «disegno della mente», come già aveva ben indicato Leonardo Da Vinci, liberatosi dalla «schiavitù dei fatti bruti», a dirla con Federigo Enriques. Questo è stato reso possibile grazie alla messa in atto di quella che Paul Valéry ha chiamato logique imaginative in Introduction à la méthode de Leonard, dopo una non comune immersione nel suo inquieto mondo artistico e scientifico (Paul Valéry: un viaggio nella complessità, 12 agosto 2020).

copertina

E non è dunque un caso che la stessa complessa figura di Leonardo ritorni ad essere oggetto di una non comune analisi in un capitolo del recente lavoro di Gilberto Marzano dal significativo titolo Sustaining Creativity and the Arts in the Digital Age (Hershey USA, IGI Global 2022), con l’intento di capire le modalità dell’essere stato un genio innovatore in più campi come esempio paradigmatico della relazione tra arte e creatività col dare adito a quella «esuberanza cognitiva», tipica dei savants del Rinascimento italiano, come la chiamava Hélène Metzger nei suoi lavori sul ruolo della metafora e dell’analogia in tale periodo nell’opera del 1926 Les concepts scientifiques.

Ma l’obiettivo di fondo è rivolto a capire «da una prospettiva globale l’evoluzione dei rapporti tra le diverse arti, la creatività e l’istruzione nell’Era Digitale». Tale volume, corredato da una ricchissima bibliografia basata per lo più sui recenti risultati delle scienze cognitive e potenziato dall’ottica ermeneutica dell’antropologo sociale, ci conduce per mano a comprendere in primis sul terreno storico-concettuale le molteplici dimensioni dei processi creativi e delle loro «ragioni», con l’analisi dei dibattiti presenti a partire già dal mondo greco con l’invenzione delle Muse per poi approdare ai contributi kantiani e alla variegata letteratura romantica nelle sue diverse espressioni letterarie e musicali.

Gilberto Marzano, nel presentare le tendenze in atto in questo ormai ricco capitolo del pensiero scientifico contemporaneo imperniato sulla «Creativity Research in the Digital Age» e approdato alla presa in carico della stessa dimensione ecologica come risulta dall’ultimo lavoro di Lorenzo Magnani Discoverability. The Urgent Need of an Ecology of Human Creativity (Springer, 2022), ci fornisce gli strumenti concettuali per «promuovere e sostenere la creatività nell’Era Digitale» col farci prendere criticamente coscienza delle molteplici dimensioni da essa assunte nella nostra storia sia individuale che collettiva.

I diversi capitoli del volume, infatti, si soffermano in particolar modo sui processi creativi messi in atto sia a livello individuale, sia a livello sociale e sulla stessa dimensione creativa delle macchine digitali con il conseguente impatto sull’istruzione e l’apprendimento col dare così un non secondario contributo alla filosofia digitale dove ancora il tema della creatività non ha ricevuto un’adeguata trattazione organica.

Ed è essa, infatti, si rivela centrale in tale nuovo capitolo del pensiero filosofico-scientifico che sta ricevendo in questi ultimi anni una intensa attenzione critica, come viene delineato nel volume a più voci Filosofia digitale (Milano-Udine, Mimesis 2021) dove si gettano le basi della cosiddetta Digital Humanities, o nuovo umanesimo digitale, con la presa d’atto delle connesse trasformazioni epocali e con la necessità, come sottolinea Fabio Ciracì in questo volume, di diventare Umanisti digitali per gestirle al meglio (Umanisti digitali, 1 luglio 2021) col mettere in atto le nostre armi della ragione in grado di combattere le possibili distorsioni.

L’uomo (di nuovo) al centro

Dobbiamo fare i conti, pertanto, con la digitalizzazione che sta creando il nuovo «Quaternario da Digitale», come lo chiama Alberto F. De Toni in Per un Manifesto del digitale nella scuola (Milano-Udine, Mimesis 2022) in quanto, come sottolinea in questo stesso volume Silvano Tagliagambe, «ha già cambiato il modo in cui pensiamo e facciamo, gli stili di pensiero, i linguaggi, il rapporto tra scienza, tecnologia, il mondo del lavoro».

E le tecnologie digitali «sempre più intelligenti», anche se presentano dei «lati oscuri», quali possono essere «monopoli digitali e l’impreparazione digitale intrecciati con la crescente globalizzazione», non di meno per De Toni, come per Marzano, «riportano l’uomo al centro» per «le innovazioni human driven derivanti dalla creatività e dall’intraprendenza umana», come «design, brandcool, unicità, estetica, significato, bellezza appartenenza, comunità, relazioni» ecc.

Del resto, com’è noto, questa fu una prerogativa dei maggiori protagonisti del Rinascimento italiano ricchi di «esuberanza» creativa e cognitiva che portò frutti in ogni campo senza scindere le arti dalla scienza e dalle tecniche, esempio preso come modello nella breve esperienza didattica maturata un decennio fa presso l’Università del Salento, chiamata non a caso «Ingegneria Rinascimentale» e aperta a studenti e dottorandi all’interno dei Corsi di Laurea in Ingegneria, chiamati ad interpretare i «segni dei tempi» e a dare loro concretezza.

Gilberto Marzano da antropologo sociale ci aiuta a capire in questo suo organico lavoro tale nostra specificità che rimane strategica col passare criticamente in rassegna i percorsi teorici e i diversi approcci che affrontano le modalità con le quali vengono investite le stesse arti, come la musica a cui viene dedicato un intero capitolo, nel tempo della Digital Age.

Tutto questo viene inserito nel contesto della Science of Human Innovation e nella più generale cosiddetta «scienza dell’invenzione umana», con il portato sociale ad esse connesso: «in quanto costruzione socio-culturale, le arti e la creatività riflettono il contesto sociale».

Verso un umanesimo digitale?

Molto utile si rivela, inoltre, il relativo glossario dei termini che aiuta a districarsi nel variegato mondo delle tecnologie digitali e a farci prendere coscienza che ormai fanno parte integrante delle nostre vite; per questo si ritiene che vanno conosciute per superare la scarsa alfabetizzazione digitale e anche per liberarle dai sogni di certe ideologie transumanistiche, senza demonizzarle né osannarle e vederle come dei percorsi dove possono agire con più accortezza metodologica le nostre tradizionali ma sempre più essenziali armi razionali, come il senso critico e le capacità creative ed innovative messe in grado di rispondere alle diverse sfide.

Gilberto Marzano, nell’affrontare uno dei temi più controversi della nostra storia come la creatività e la sua evoluzione dentro l’universo delle macchine digitali, ci offre da una parte un percorso attento alle implicazioni educative relative all’apprendimento e ai risvolti sociali di tali tecnologie, e dall’altra aiuta liberarci da molti misteri che avvolgono questa nostra dimensione. Si tratta di un vero e proprio viaggio che attraversa tutto il carico di conoscenze prodotte, sia teoriche sia tecniche, negli ultimi decenni in questo campo, interrogate in funzione della nostra capacità di metabolizzarle e di integrarle in una necessaria visione d’insieme per un vero e proprio umanesimo digitale, sentito da più parti come cogente.

Così diverse esperienze maturate sul campo, frutto della presa d’atto della interazione di fenomeni, ricuciti col filo complesso della creatività vista più che mai operativa nella Digital Age, ci consegnano un lavoro con dei lasciti epistemici ed esistenziali indispensabili per irrobustire le capacità più tipicamente umane.

 

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