Il miracolo del mare

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copertinaBene hanno fatto l’autore e l’editore a ricuperare da due opere collettive del 2014, che come spesso accade si rivelano essere un vero e proprio “cimitero degli articoli”, due contributi del docente di Greco biblico, Ebraico biblico, Esegesi dell’AT e Teologia biblica a Lovanio e alla Gregoriana di Roma. Wénin è un acuto esegeta e conoscitore delle lingue bibliche e, nello stesso tempo, coltiva con successo l’approccio narrativo ai testi biblici. Ne risulta un mix davvero affascinante, che personalmente apprezziamo molto.

In questo volumetto egli rielabora due articoli dedicati al passaggio del mare (Es 13,17–14,31) e al “canto del mare” (Es 15,1-18), letti in parte nella liturgia della Veglia pasquale. Egli intende mettere in luce la tensione affascinante che sostiene la trama narrativa del racconto del passaggio del mare e la bellezza poetica che anima il “canto del mare”.

Nel racconto del passaggio del mare (Es 13,17–14,31, pp. 11-47) la trama presenta la centralità del personaggio divino, YHWH, che ha in mente un piano di salvezza nei confronti del suo popolo. Egli intende mostrare cosa sia capace di attuare la “pesantezza” (“gloria/kābôd”) di cui gode quando si inserisce con forza nella trama della storia. Egli intende manifestare agli egiziani la sua “gloria/pesantezza” e far sì che, alla fine del processo, non solo il suo popolo sia liberato dai suoi aguzzini schiavisti e dalla paura/nostalgia nei loro confronti (pur elargenti succose pentole piene di cipolle d’Egitto).

La tensione narrativa fa sì che il lettore si domandi in che modo YHWH riuscirà ad attuare il suo piano. Egli rispetta la libertà degli uomini e opera pericolosamente con la libertà del faraone, la libera scelta (e neghittosità) del suo popolo, arrivando a usare Israele come esca nel mare per attirarvi l’esercito egiziano e farlo scomparire nel profondo dei suoi abissi (malefici).

La posizione del lettore del racconto è privilegiata, superiore a quella dei personaggi che sono in campo. Egli è messo a parte dei pensieri segreti di YHWH, del monologo in cui esprime i suoi progetti (cf. 13,17), è portato in volo da un accampamento all’altro e reso edotto dei pensieri e delle emozioni dei personaggi che non godono delle sue stesse conoscenze.

Il lettore può godersi la vista della continuità del piano di salvezza attuato da YHWH e la modalità della sua realizzazione che passa attraverso il dominio delle forze della creazione da parte di colui che ne è stato il Creatore al loro inizio (terra, acqua, luce, mare…).

A livello narrativo, il lettore è testimone privilegiato delle imprese belliche di YHWH e della conclusione positiva degli eventi: liberazione di Israele dal nemico egiziano, riconoscimento di YHWH e della sua divinità da parte del faraone (14,25), adesione fiduciosa e timorosa di Israele a YHWH, conferma della credibilità di Mosè servo di YHWH (Es 14,31). Egli aveva preannunciato intrepido la salvezza a un popolo intimorito dagli eventi proprio mentre essi prendevano una piega totalmente contraria a questo (cf. 14,13-14).

YHWH si serve delle persone nella loro libertà, ma è il protagonista unico dello svolgimento positivo degli eventi (cf. per es. 14,21: è YHWH che divide il mare in due, non Mosè, che deve stendervi contro/sopra solamente le mani).

Il secondo contributo sottolinea la bellezza poetica del canto del mare (Es 15,1-18, pp. 47-74).). Se Es 13,37–14,31 vedeva come protagonista principale (e quasi unico) YHWH e il suo progetto di salvezza, il “canto del mare” esprime il punto di vista degli israeliti sugli eventi accaduti, per forza di cose molto più limitato rispetto a quello goduto da YHWH e dal lettore di Es 14.

Il canto di vittoria abbraccia Es 15,1-12, mentre Es 15,13-18 loda liricamente il cammino che ormai Israele intraprende verso la terra promessa e la reazione dei popoli di Canaan quando Israele vi entrerà per prendere possesso del loro paese e insediarsi presso il santuario di YHWH. Gli israeliti cantano il loro Dio, non diffidano di YHWH e di Mosè e, negli ultimi versetti, per la prima volta parlano chiaramente di se stessi.

Il canto del mare prolunga liricamente l’interpretazione che Israele ha dato agli avvenimenti, vedendovi la salvezza operata da YHWH e la credibilità di Mosè, veri servi di YHWH.

Lo stupore davanti al gloria di YHWH si unisce alla rievocazione “narrativa” della vittoria che l’ha rivelata con splendore. Si riconosce che il piano di salvezza di YHWH si è pienamente realizzato. Al movimento ascensionale di Dio che si eleva nella gloria, si contrappone il movimento discensionale dell’esercito egiziano che sprofonda annientato nel flutti del mare. Il popolo può vedere “l’Egitto/gli egiziani morto sulla riva del mare” (14,31). Si tenga presente che in ebraico miṣrayim (che compare in Es 13-15) indica a livello geografico il paese d’Egitto e i suoi abitanti, mentre il gentilizio è espresso con miṣrî (plur. –îm). Anche «se la percezione degli israeliti è ricondotta, resta comunque il fatto che ai loro occhi YHWH ha appena dimostrato la sua grandezza salvandoli in modo spettacolare» (p. 53).

La seconda parte del canto testimonia il fatto che Israele «vede nella prodezza di YHWH contro l’Egitto la garanzia assoluta che anche le altre promesse si realizzeranno» (p. 71).

Al termine della sua fatica, l’autore aggiunge alcune note su Miriam e le donne (Es 15,19-21), vera sorpresa finale del racconto (pp. 75-80).

I vv. 19-21, infatti, sorprendono il lettore, facendogli inopinatamente cambiare prospettiva. Il canto del mare non è suscitato dalla lode timorosa e piena di fiducia in YHWH da parte degli israeliti al vedere i morti egiziani sulla riva del mare. Sono Miriam e le donne che – come ricorda il flashback (o analessi) del v. 19 –, appena uscite dal mare con i loro tamburelli iniziano a celebrare la vittoria di YHWH, invitando i loro uomini a cantare per YHWH, suscitando «la fede dei loro uomini, rivelando loro che la prodezza alla quale devono la vita e la libertà viene della “grande mano di YHWH”» (p. 77), che ha provocato la morte dei nemici e per il quale, ora, possono cantare la loro gioia.

Es 15 richiama l’inizio del libro dell’Esodo. Un cerchio si chiude. Le levatrici salvano i neonati maschi di Israele (Es 1,15-22), Mosè è salvato dalle acque del Nilo (Es 1,1-10), i figli di Israele “nascono” dalle acque per la mano potente di YHWH (una levatrice?) che li trae fuori dalle profondità del mare, con una mano “femminile” (Es 15). Se così stanno le cose, si domanda Wénin, che sorpresa è «che siano delle donne a celebrare per prime la vita che comincia?» (p. 80).

Nel corso della sua disamina, lo studioso belga traduce letteralmente il testo ebraico mano a mano che procede nella sua spiegazione, mentre del “canto del mare” (Es 15,1-18) riporta il testo per intero alle pp. 48-49.

Nelle pagini finali l’autore propone una traduzione originale (non letterale) dell’intero blocco di Es 13,17–15,21 (pp. 80-87), prima di chiudere con la bibliografia (pp. 89-94).

Un libretto gustoso e avvincente.

André Wénin, Il miracolo del mare. Narrazione e poesia nella Bibbia, EDB, Bologna 2019, pp. 96, € 9,50, ISBN 978-88-10-55938-3.

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