I “non protagonisti” che cambiano la storia

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picasso

Con il suo tocco sempre poetico e geniale, il vescovo don Tonino Bello scrisse alcune lettere che volle indirizzare a quelli che chiamava «pietre di scarto». Sono «coloro che non contano niente, coloro che si sentono falliti, coloro che non trovano pace, i drop out, coloro che soffrono nel corpo, i giovani disoccupati e infine, chi non ha il coraggio di cambiare». Tutta questa risacca di umanità è il vero seme di speranza della storia: sono loro a trasformare questa valle desolata che è la terra, perché, diceva don Tonino, «da quando Gesù è stato sconfitto sulla croce nell’emarginazione più nera, anche gli scarti dell’umanità sono diventati polvere di stelle».

Il Vangelo, storia dei “non protagonisti”

Da questa angolatura evangelica, che mette in luce quanto il Signore sappia fare un capolavoro anche dai nostri scarti, Luigi Maria Epicoco offre al suo grande pubblico pagine dense di spiritualità e di vita, nel suo nuovo libro La pietra scartata. Quando i dimenticati si salvano (San Paolo, Roma, 2021, 220 pp.). Il sacerdote aquilano, scrittore e predicatore particolarmente apprezzato, recentemente nominato da papa Francesco assistente ecclesiastico del Dicastero per la Comunicazione ed editorialista de L’Osservatore Romano, raccoglie in queste pagine un corso di esercizi spirituali predicato ad Assisi. E, come sempre, le sue parole arrivano dritte al cuore, spiazzano gli schemi religiosi entro cui spesso rinchiudiamo la fede, ci fanno sporgere sul «rovescio della medaglia» che non avevamo considerato, fino a pungolare l’anima con una consolazione inquieta.

La prospettiva scelta è al cuore del Vangelo: i dimenticati si salvano, gli scartati sono presi ai crocicchi delle strade e vengono invitati al banchetto del Regno, le prostitute e i peccatori passano avanti. Infatti, scrive don Epicoco, «il vangelo è pieno di non protagonisti che sono però essenziali» (p. 33).

Sin dalle prime pagine, si intuisce che l’autore ha cercato di introdurre l’uditorio che aveva davanti a un esercizio spirituale tra i più importanti e spesso tra i più disattesi: allenare lo sguardo per andare oltre la cronaca, scoprendo che c’è sempre molto di più di ciò che appare a prima vista e che i Vangeli sono ricchissimi di particolari e di significati nascosti, che parlano alla nostra vita.

Solo così ci si accorge di personaggi minori, nascosti, spesso anonimi, che pure imprimono le svolte necessarie al racconto biblico. È il metodo di Dio, che non a caso ci spiazza: sceglie ciò che è debole per confondere i forti, ha una predilezione per gli ultimi perché non hanno nulla di cui vantarsi, ama i segmenti feriali della vita invece che i fuochi d’artificio della vanità.

Don Luigi ci fa entrare in questo meraviglioso scenario: quando pensi di essere tu il centro, di sapere tutto, di aver già conosciuto la salvezza, ricordati che devi passare «dall’altra parte del mare», cioè devi fare un viaggio di spoliazione: «La cosa più importante è rinunciare da subito al nostro protagonismo. Non siamo noi ad avere le redini della situazione, ma lo Spirito» (p. 11). Così, si impara una grande lezione: non si può usare sempre la matematica e analizzare tutte le cose della vita trovando da soli la soluzione. Il racconto dei pani e dei pesci, primo capitolo del libro, con il «poco» che diventa protagonista principale, ce lo fa vedere chiaramente.

Lezioni da imparare

Trattandosi di un corso di esercizi, ogni capitolo è la ripresa di una meditazione. Ma ogni meditazione, oltre alla ricchezza dell’esposizione e dei particolari evangelici che fa emergere, offre almeno una preziosa lezione da imparare.

La vedova che getta la sua moneta nel tesoro del Tempio rivela un Dio che «è sempre il Dio del dettaglio, del particolare, dell’istante, del qui e ora», insegnandoci che, nella vita come nella fede, «la parte più importante è quella che passa inosservata» (p. 33). E questo ci insegna anche la pazienza del camminare e del crescere, contro la fretta di catalogare frettolosamente gli eventi che – afferma l’autore – fa scivolare anche la vita spirituale nel moralismo.

La storia della guarigione di Naaman dalla lebbra rappresenta anzitutto la riconciliazione tra una parte riuscita e sicura della vita e un’altra fallita e ferita. Ma non solo: quest’uomo è quasi sconcertato per la troppo «facile» indicazione che gli viene data per guarire dalla lebbra, perché chi ha il cuore indurito non riesce a capire le cose semplici. Naaman deve mettere in discussione i propri schemi: l’amore di Dio, che guarisce, è gratuito, disarmante, facile. E qui, l’autore, non tace ciò che può essere considerato un grande ostacolo della vita spirituale e pastorale: la visione commerciale del rapporto con Dio che presiede – come lo stesso don Luigi afferma – perfino la vita sacramentale: «Il mondo ci ha educato in maniera diversa: se sei bravo allora meriti amore. Diversamente, l’incontro con Cristo e con la grazia di Dio cambia tutto. Tu sei amato. Punto. A prescindere, anche se non sei bravo» (p. 72).

La storia di Tobi e Sara ci aiuta a cogliere la postura di Dio dinanzi al nostro dolore: Egli non ci spiega la sofferenza, ma la abita con noi dichiarando che «quell’afflizione ha le ore contate, la Croce non è per sempre» (p. 92) e per questo dobbiamo imparare a vivere la vita spirituale non come «un’inchiesta di spiegazioni, ma la ricerca della presenza divina nelle nostre domande e nelle nostre angosce» (p. 98).

Ci sono anche due figli e un amico: il figlio della vedova di Nain, la figlia di Giairo e Lazzaro. Sono pagine che richiamano la bellezza pittoresca del Vangelo, da intendersi come incontro con la compassione di Cristo.

Ogni pietra di scarto è protagonista

Con la stessa profondità, l’autore ci fa avvicinare a tre donne del Vangelo. Una donna curva, simbolo del nostro guardarci i piedi senza riuscire ad alzare lo sguardo, che Gesù guarisce per dirci che solo Lui può liberarci «da una religione che può diventare una prigione, portando così a compimento la fede cristiana fino a liberarci» (p. 139); un’emorroissa, che Gesù vuole però far uscire dall’anonimato per insegnarci che vuole incontrare tutto di noi e della nostra vita; una cananea, racconto drammatico e bellissimo di una fede che spesso non ci corrisponde, anzi ci delude, e che al contempo ci chiede di non abbandonare il campo, di non «rompere la relazione» (p. 146).

C’è spazio anche per i servi, il centurione e i lebbrosi guariti. Con un finale dedicato proprio al tema della pietra scartata e a quella ripresa della vita quotidiana, dopo la pausa degli esercizi, che inevitabilmente significa navigare in mare aperto, talvolta con un forte vento contrario: e lì, imparare mentre remiamo, che Gesù è dentro la nostra barca. Non solo: egli cammina sulle acque, è il Signore che «davanti alle nostre paure, davanti ai nostri tentativi di resa, davanti alla nostra pusillanimità, ci invita a non temere» (p. 209).

E quando chiudi il libro rimane qualche domanda, qualche scossone interiore, qualche respiro più profondo. La bellezza spirituale del testo, la penna elegante e passionale di don Luigi, la freschezza sempre sorprendente del Vangelo qui sviscerato, non offrono una tranquilla pace interiore, ma liberano uno spazio interiore e il desiderio di incontrare il Maestro, fosse anche in un barlume di anonima quotidianità. Perché se Dio abita i dettagli, allora nessuno è dimenticato. E ogni pietra di scarto è protagonista di una storia di salvezza.

Luigi Maria EpicocoLa pietra scartata. Quando i dimenticati si salvano, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2021, pp. 224, € 15,20.

copertina

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