L’Evangeliario, simbolo prezioso

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Don Ubaldo ha acquistato un Evangeliario: gli è piaciuta la proposta, arrivata dalla curia, di averne uno per ogni parrocchia. Guarda, rimirandolo, questo oggetto prezioso e si chiede se la sua gente saprà apprezzare questo simbolo, se capirà la spesa fatta.

Poi è preoccupato: come si maneggia questo coso? E dove lo deve mettere? E quando lo deve prendere? In cattedrale, col vescovo, hanno il diacono, che lo solleva, lo porta solennemente all’ambone, lo incensa… ma lui non ha nessun diacono e certamente non può ridurre a diacono il giovane don Asdrubale.

E poi, francamente, tutte queste cerimonie lo imbarazzano; ripone sconsolato l’Evangeliario nella sua scatola e pensa: «Lo tengo per il Natale, le grandi solennità, vedremo».

Il Libro dei Santi Vangeli, il quadriforme Vangelo ricoperto da una copertura decorata, l’Evangeliario, è un simbolo del Signore Gesù Cristo, morto e risorto. Non ha nessun tipo di interpolazione liturgica, se non dei piccoli incipitexplicit per i diaconi, che dicono come iniziare e come concludere il Vangelo «In quel tempo Gesù era in Galilea e disse…» non c’è altro che questo, si chiamano comes, cioè capoversi.

Non è un libro liturgico, come il Lezionario che è uno strumento di lavoro, con degli elenchi di letture pronte, e non ha valore simbolico, serve solo per comodità.

L’Evangeliario, prezioso e solenne, è l’unico che il diacono può portare in processione nei riti di introduzione: è il simbolo di Cristo, è il segno della sua presenza fra noi. Un libro-presenza che attira gli sguardi e la lode. Non si portano in processione bibbie o lezionari, ma solo l’Evangeliario. Deposto sull’altare, da lì presiede la liturgia della parola, fino a giungere all’ambone mentre si esegue il canto al Vangelo, per essere celebrato.

Se don Ubaldo, come molti parroci, non ha un diacono, l’Evangeliario fin dall’inizio della celebrazione è già sull’altare, in attesa.

Riservare alle solennità l’uso dell’Evangeliario vuol dire relegarlo a feticcio di qualcosa di solenne. Dovrebbe diventare di uso comune, talmente familiare da non poter esserci una celebrazione eucaristica senza di esso (di Lui!).

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Pensiamo: dopo aver letto il Vangelo, il celebrante lo venera con un bacio. Chi bacia? Cosa bacia? Come ha venerato l’altare, così venera non il lezionario, ma l’Evangeliario: lo bacia, perché bacia il simbolo di Cristo. Quello è il bacio della Sposa allo Sposo, della Chiesa al suo Signore. In quel bacio, il celebrante porta tutta l’assemblea dentro l’alveo nuziale dell’amore ricevuto e donato nel mistero pasquale.

Quando la celebrazione è presieduta dal vescovo, al termine della lettura il presbitero o il diacono porta al vescovo l’Evangeliario da baciare, e secondo l’opportunità, con l’Evangeliario il vescovo impartisce la benedizione al popolo.

Anche la risposta che noi diamo dopo la lettura del Vangelo, non è: «Rendiamo grazie a Dio», ma: «Lode a te, o Cristo». L’assemblea guarda l’Evangeliario ed acclama il suo Signore, perché lo riconosce vivo e presente nel simbolo di quel quadriforme Vangelo.

L’Evangeliario è un simbolo importantissimo in alcune celebrazioni: sono proprio esse a farci capire il suo significato. Pensiamo, ad esempio, nelle ordinazioni episcopali: l’imposizione e la consegna dell’Evangeliario al vescovo appena ordinato mostra che tra i principali doveri dei vescovi vi è quello di annunziare agli uomini il Vangelo di Cristo.

Durante la preghiera di ordinazione, mentre l’eletto rimane in piedi, il vescovo ordinante principale prende da un diacono l’Evangeliario e lo impone aperto sul capo dell’eletto. Due diaconi, in piedi alla destra e alla sinistra dell’ordinando, tengono l’Evangeliario sopra il suo capo finché la preghiera di ordinazione non è terminata. È commovente vedere un futuro vescovo sotto la custodia dell’Evangeliario. Terminata la preghiera di ordinazione, i diaconi tolgono l’Evangeliario finché non sarà consegnato all’ordinato, dopo l’unzione crismale.

Ovviamente ritroviamo l’Evangeliario anche nelle ordinazioni diaconali: la consegna dell’Evangeliario al diacono appena ordinato mostra che il suo ufficio è di proclamare il Vangelo nelle celebrazioni liturgiche e predicare la fede della Chiesa con le parole e con le opere.

Ma anche per i laici vi è un momento solenne legato all’Evangeliario: nel Rito del matrimonio, il sacerdote, dopo aver letto e baciato l’Evangeliario, lo porta ai nubendi perché lo bacino. Saranno loro due, con le loro nozze, a mostrare al mondo l’amore dello Sposo (Cristo) per la sua Sposa (Chiesa).

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Pochi sanno che nel Rito delle esequie, quale segno evidente della fede della Chiesa nella Parola di vita eterna, il Rituale esorta, fra l’altro, a porre sopra il feretro l’Evangeliario. Il defunto riposa sotto la custodia del Vangelo, sotto la protezione del suo Signore, illuminato dalla luce del cero pasquale, anch’esso simbolo di Cristo morto e risorto.

Noi ci ricordiamo le esequie di san Giovanni Paolo II, con l’Evangeliario, posto sulla sua bara, sfogliato dal vento. Per tutti può esserci questo segno: quale cuscino di fiori o foto del defunto può superare in forza simbolica la proclamazione silenziosa della forza del vangelo di Cristo, della sua morte e risurrezione, data dall’Evangeliario?

Coraggio, non privare il popolo santo di Dio di questo simbolo così meraviglioso, caro don Ubaldo!

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Un commento

  1. Romano Gamberini 23 settembre 2019

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