Alle origini del culto cristiano

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culto antico

Il merito di un’opera scientifica è l’obiettività nella ricerca e la capacità dell’autore di poter spaziare il più possibile tra discipline di aree differenti senza dare per scontate acquisizioni precedenti. Il lavoro di Andrew Brian McGowan Il culto cristiano dei primi secoli (tit. or. Ancient Christian worship) corrisponde a questo quadro e si distingue per pregio nel panorama liturgico e nell’ambito delle case editrici cattoliche.

Già il titolo circoscrive il lavoro che non si estende oltre il V secolo e con questa soglia di chiusura il volume non esita a entrare, spesso nel dettaglio, in una storia complessa e non sempre libera da precomprensioni. Il sottotitolo però, uno sguardo sociale, storico e religioso (Early Church practices in social, historical and theological perspective) focalizza ancora di più lo sforzo dell’autore della Yale Divinity School nell’affrontare la formazione della liturgia nei secoli iniziali del Cristianesimo.

Seguendo le novità editoriali degli ultimi dieci anni abbiamo avuto modo di constatare il “fiorire” di numerose pubblicazioni, spesso di taglio storico, che hanno affrontato il periodo in oggetto al volume, segno di un rinnovato impegno della ricerca a scrutare con attenzione un gruppo di secoli troppo sovente liquidati da alcune voci della teologia e della liturgia in un iperuranio romantico di idee affascinanti ma raramente aderenti a quanto si può verificare oggi. McGowan invece si pone scientificamente sulla linea della ricerca metodica elaborando un testo che ha le caratteristiche del manuale che necessita di essere consultato specialmente da chi vuole accedere alle radici della formazione e dello sviluppo del culto, adatto quindi a ogni studente o cultore di liturgia.

Affermiamo questo perché nel susseguirsi dei capitoli l’autore tratta ogni aspetto del culto cristiano, procedendo dal generale al particolare, e il taglio sociale è proprio la chiave di lettura scelta per affrontare il periodo indicato e analizzare la storia della liturgia che si radica in un contesto e in una cultura, alveo di nascita e incremento di liturgie che promanano da un particolare tipo di società, quelle romane e orientali del nostro Mediterraneo, ergo è decisiva la comprensione e la conoscenza dettagliata di quei contesti sociali per poter capire che cosa sia stato, il più realisticamente possibile, l’atto di culto con cui il Cristianesimo si esprimeva a partire dai dati dell’Antico e del Nuovo Testamento (capitolo primo).

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Così l’autore studia il periodo subapostolico ritornando con precisione sui testi principali della nascente letteratura cristiana, quali la Didaché, la Traditio apostolica, le Costituzioni apostoliche e le opere dei Padri, il tutto con l’obiettività e la chiarezza del ricercatore, attento e assiduo frequentatore delle fonti. Il testo si ferma sull’Eucaristia (capitolo secondo) e cercando di far chiarezza sulle sue origini distinguendo tra banchetto, sacrificio e i “pasti” descritti nel Nuovo Testamento oltre a considerare le sue diverse forme per quanto riguarda gli spazi (case, aule o basiliche, o l’ecologia del rito) gli atti linguistici, gli oggetti e i celebranti (etologia); in questa parte oltre le interessanti acquisizioni sui testi delle preghiere eucaristiche – con alcuni rilievi originali sulla Didaché – si possono leggere le chiarificazioni sul bacio di pace nella liturgia inteso a partire dal valore che ha come segno di relazione ecclesiale e non come gesto di cortesia tra individui.

Nell’ultima parte del secondo capitolo, a proposito del luogo di culto, si riscontra il passaggio da un’assenza di luogo “sacro” nei primi tre secoli alla basilica. Non sono certo mancati luoghi di riunione ma come ricorda Metzger nel suo L’église dans l’empire romain (2015) parafrasando Paolo (1Cor 3,16-17) il vero tempio di Dio sono state le assemblee dei credenti raccolte in luoghi funzionali alle celebrazioni cui si sono sostituiti i cantieri imperiali per la costruzione delle basiliche martiriali e il successivo passaggio verso la formazione del concetto di luogo consacrato ed esclusivo come ha approfondito Anne Marie Yasin nel volume Saints and church spaces in the late antique mediterranean. Architecture, cult and community (2009).

Giustamente l’autore sottolinea che le necessità logistiche e le possibilità teologiche che si stavano sempre più approfondendo sono state l’elemento che ha permesso il cambiamento del pasto, riconoscibile come tale nelle case originariamente alla presenza di gruppi contenuti, in un culto organizzato in un luogo consacrato.

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Di grande importanza per lo studio del lezionario e dell’organizzazione delle letture per la Messa è il terzo capitolo in cui si fanno delle puntualizzazioni necessarie sui rapporti tra ecclesia e sinagoga in quanto alla pratica delle letture bibliche durante la liturgia cristiana e le presunte dipendenze del cristianesimo dall’ebraismo.

Sempre grazie alla lente di ingrandimento costituita dal sociale, acquista particolare valore lo studio della musica e della danza nelle prassi liturgiche primitive per le quali si arriva a comprendere che il canto non è un orpello necessario a solennizzare un atto sacerdotale, di una persona in un giorno di festa, ma che esso, fuori da impostazioni moderne e contemporanee, è manifestazione di amore e di gioia nell’essere participes del mistero della Redenzione. Una voce che sgorga dall’esultanza dello spirito e che si caratterizza come il “canto nuovo” che coincide con la vita nuova del redento.

Sulla linea delle ricerche di P.F. Bradshaw, McGowan si impegna nello studio del Battesimo nei primi quattrocento anni di storia cristiana e se da una parte, per la scarsezza di fonti, il Nostro non supera di molto quanto affermato da Bradshaw nell’altro grande studio sulla liturgia dei primi secoli, The search of the origins of Christian worship, dall’altra ha messo a punto un sistema di metodo critico per affrontare il tema, poterlo inquadrare e ottenere quasi una “purificazione” della mens liturgica e non di meno di quella theologica.

Altre due dipendenze dell’autore riguardano il capitolo sesto sulla preghiera, in cui si sentono gli echi di R. Taft, The Liturgy of the Hours in East and West, e il settimo sulla formazione dell’anno liturgico, legato agli studi di Talley e in particolare al noto volume di Bradshaw e M.E. Johnson, The origins of feasts, fasts and seasons (Liturgical Press 2011), ma questo più che essere un difetto è un pregio dell’opera che si appoggia sul lavoro degli studiosi citati per proseguirlo con l’obiettivo primo di contribuire a che la scienza liturgica si accresca soprattutto su due ambiti come la preghiera ecclesiale e la formazione dell’anno liturgico che necessitano continuamente di nuovi approcci.

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Al contributo di questi maestri, si aggiungono le precisazioni che McGowan offre alla comunità scientifica perché riesce a decodificare diversi elementi, a epurare visioni distorte e profondamente antistoriche sulla liturgia ma che continuano a essere ripetute in modo acritico in pubblicazioni anche recenti.

Ragionando secondo la categoria delle differenze che non servono a dividere ma ad arricchire, crediamo non sia superfluo sottolineare che questo manuale sul culto cristiano dei primi secoli del Cristianesimo è stato composto da un presbitero della chiesa anglicana d’Australia. Si percepisce spesso il background della formazione del Nostro, soprattutto per lo spirito obiettivo con cui egli affronta sia autori del passato come Dix, sia alcune caratteristiche della liturgia così come è concepita fuori dal mondo cattolico e in particolare nelle chiese della riforma.

E proprio questo è l’arricchimento che giunge dall’editoria italiana: avere accesso in italiano a un mondo di ricerca sulla liturgia che di solito non ha molto rilievo nelle nostre aule universitarie ma che merita invece una osservazione costante; il fine è acquisire un metodo che non esclude ma include visioni differenti di una realtà, poiché la liturgia cristiana ha le caratteristiche del diamante sfaccettato e non di una lastra liscia e levigata di un qualsiasi metallo nobile. Va quindi riconosciuto il merito anche a don Francesco Pieri della Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna e dell’Istituto di Liturgia Pastorale di Santa Giustina a Padova per aver saggiamente provveduto all’edizione italiana del manuale di McGowan e anche se l’inglese è ormai lingua strumentale alla ricerca, avere un testo di questo spessore disponibile in italiano è certamente un agio da dover sfruttare.

Andrew Brian McGowan, Il Culto cristiano dei primi secoli. Uno sguardo sociale, storico e teologico, a cura di F. Pieri, EDB, Bologna 2019. ISBN 978-88-10-41648-8, pp. 400, € 42,00. Recensione pubblicata su Ecclesia Orans XXXVII(2020)2, 372-375.

 

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