Anglicani: Celebrare in jeans?

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I ministri del culto della Chiesa anglicana di Inghilterra potranno d’ora in poi recarsi all’altare anche in jeans e in scarpe sportive. È una delle disposizioni approvate al recente sinodo generale di York circa l’uso delle vesti liturgiche. Come hanno commentato i media inglesi, ciò significa che il pastore d’anime è ora ufficialmente libero di decidere se indossare vesti informali nelle celebrazioni liturgiche, funerali o battesimi. Le nuove disposizioni dovranno ora essere approvate dalla regina Elisabetta II, ma è una cosa data per sicura, poiché che ormai molti chierici hanno già rinunciato alle vesti liturgiche.

all’altare anche in jeansIl sito internet della Chiesa tedesca, che riferisce la notizia, riporta l’intervista di Gabriele Högling, all’esperto di liturgia Marius Linnenborn, direttore dell’Istituto liturgico della diocesi di Treviri, in cui gli viene chiesto se queste innovazioni potranno essere adottate anche dalla Chiesa cattolica e che senso hanno le vesti liturgiche.

Marius Linnenborn, quand’era semplice sacerdote della diocesi di Essen, aveva frequentato, tra le altre cose gli studi liturgici presso l’Istituto superiore filosofico-teologico di Münster e la Scuola superiore di musica di Colonia.

Reverendo Linnenborn, gli anglicani hanno allentato le norme circa le vesti liturgiche e potranno ora teoricamente celebrare la messa anche in jeans e in scarpe da ginnastica. Che cosa ne pensa?

È una cosa che mi stupisce molto. La vesti liturgiche hanno una loro funzione precisa. Il fatto di metterle in questione, in linea di principio, mi sorprende molto, tanto più che nella cultura inglese si tiene molto allo stile. Per esempio, nelle scuole si usano ancora le divise scolastiche.

– Quali compiti e funzioni esprime l’abito religioso nella Chiesa cattolica?

Ogni genere di vestito ha un suo scopo preciso. L’abito di tutti i giorni ha il suo senso nel fatto che protegge e copre. Si può anche vestirsi alla moda, ma determinate cose testimoniano ed esprimono la propria personalità. L’abito liturgico deve indicare che chi lo indossa svolge una funzione particolare nell’assemblea liturgica. Chi indossa una veste liturgica esercita un particolare servizio, si potrebbe anche dire: un ruolo. La veste ne è una conferma. Inoltre, l’abito indica quale servizio compie esattamente chi lo indossa: è un prete, un diacono, un ministrante? Ma l’abito liturgico non è qualcosa che riguarda solo il prete, vale anche per gli altri servizi, per esempio per i ministri straordinari dell’eucaristia e i lettori, e non solo per la celebrazione della messa ma anche per tutti coloro che celebrano la parola di Dio o presiedono ai funerali. Infine, l’abito liturgico ha il compiuto di sottolineare il carattere di festa del servizio liturgico – ciò non significa che deve essere sfarzoso, con oro e broccato – ma può essere anche semplice e festivo.

È pensabile che un giorno la riforma anglicana sia accolta anche nella Chiesa cattolica?

Non posso immaginarlo. Ci sono evidentemente diverse gradazioni nella scelta della veste liturgica da indossare in ogni determinata circostanza. Se celebro, per esempio, una messa in una tendopoli in un prato, magari nel fango, non devo necessariamente indossare un lungo indumento bianco, ma forse soltanto una stola. Essa sta a indicare che il prete compie un’azione sacerdotale.

Gli anglicani giustificano queste misure con il “cambiamento generale”, della società. Chi nella Chiesa cattolica sa ancora che cosa sono l’alba, la casula, la stola ecc.? È questa una ragione valida per dire che gli abiti sacerdotali sono ormai fuori del tempo?

Le vesti liturgiche traggono la loro origine dal modo di vestire della gente nell’antica Roma. In questo senso sono naturalmente fuori del tempo. Ma aiutano oggi tutti coloro che celebrano gli atti di culto a cogliere il carattere particolare di queste celebrazioni che vanno oltre la semplice quotidianità. Forse non è assolutamente necessario conoscere in particolare ogni singolo elemento delle vesti liturgiche. Ma sarebbe utile sapere che l’alba – il camice bianco – ha la sua origine nella veste battesimale e quindi rappresenta la veste di tutti i battezzati. Io credo che la maggioranza dei fedeli si sentirebbe molto contrariata se il sacerdote dovesse all’improvviso presentarsi a celebrare gli atti del culto senza i paramenti. Inoltre, si può osservare come, negli anni passati, si sia data nuovamente maggiore importanza al vestito da festa. Il modo con cui si vestono oggi i giovani per celebrare l’ottenuto diploma di maturità, ai miei tempi non era consueto. In molte circostanze esiste come una specie di “codice del vestire”.

– Tuttavia, anche nella Chiesa cattolica, il tema non è nuovo: il consigliere strategico Erik Flügge (tedesco) critica i preti perché con le vesti liturgiche si immedesimerebbero con un “ruolo dis-umanizzato”, mentre dovrebbero presentarsi idealmente in abito civile. Inoltre, perché dietro ai paramenti non si riconoscono più i gesti…

Io non la penso così. Il gestire attraverso i paramenti viene anzi sottolineato – per esempio quando il sacerdote apre le braccia per il saluto “Il Signore sia von voi”. Mettere in secondo piano la propria personalità rispetto al compito e al servizio fa parte del significato dell’abito liturgico. Ma molto più importante dell’aspetto esterno è la parola autentica e l’essere rivolto verso l’assemblea. Io ho lavorato per 20 anni come sacerdote in diverse parrocchie e non ho mai avuto l’impressione che i paramenti fossero un impedimento. Non mi ricordo nemmeno che l’abito liturgico sia mai stato un tema di discussione nella comunità o che sia stato criticato. Un problema diverso è naturalmente lo stile dei paramenti. Non dovrebbe mai accadere che i vecchi paramenti, che non corrispondono più ai nostri tempi, siano tirati fuori dall’armadio.

– Quali potrebbero essere? La “cappa magna” con lo strascico lungo metri che il cardinale americano Burke a volte ancora indossa?

Chi usa oggi cose del genere, lo fa naturalmente perché vuole esprimere qualcosa di particolare. Non solo i paramenti preziosi andrebbero messi in un museo; ce ne sono anche altri che sono stati creati nel contesto del loro tempo e perciò non sono più adatti alla liturgia d’oggi e all’attuale concezione della Chiesa.

– In particolare la mitra, cioè il copricapo dei vescovi, è stata criticata dagli anglicani poiché la ritengono “un inutile e inefficace” simbolo di potere.

Ma immagini un po’: se un vescovo si presentasse in una comunità per le cresime e non portasse la mitra, la gente non rimarrebbe forse delusa? Molti non si domanderebbero forse se quello è veramente un vescovo. Anche qui si tratta nuovamente dello stile: forse una mitra solenne in stile barocco può apparire come un segno di potere. Oggi sono sempre più numerosi i vescovi che preferiscono una forma semplice più bassa che simboleggia non grandezza e potere, ma semplicemente l’ufficio del vescovo. Come la mitra viene percepita dai fedeli dipende certamente anche dall’uso concreto – cioè quante volte la mitra è messa sul capo e quante volte è deposta.

– E come la mettiamo con gli abiti dei papi? Negli ultimi anni del suo servizio Benedetto XVI è stato criticato per  il suo stile trasbordante, mentre Francesco ha posto volutamente un contrappunto….

Lo stile delle vesti di papa Benedetto, nei suoi ultimi tempi, era un po’ fuori del tempo. Invece papa Francesco ha scelto vesti più semplici. C’è anche una via di mezzo: un allestimento conforme ai tempi, nobile e tuttavia semplice e non pomposo, che aiuti tutti nella celebrazione della liturgia a entrare nello spazio dell’incontro con Dio.

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