Domenica di Pasqua

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La spiritualità della Pasqua nel nostro tempo

In un’epoca di grandi trasformazioni e mutamenti, o di “passaggi di millennio”, ciò che più colpisce è che più di ieri, manca una direzione della storia e del suo sviluppo. Le nostre cristianità vivono la cancellazione pratica di una meta luminosa promessa da Dio; e anche là dove sembra esserci, spesso è sfuocata se non addirittura sostituita da elementi riduttivi e mediocri.

L’epoca moderna riscopre la storia, il movimento inesorabile del tempo che scorre ma non ne comprende più il senso. Si pensa solo all’economia. Si è perduto il ruolo e la vicenda Gesù, ossia di colui che iniziò come noi un cammino di vita fino a portare nella condizione divina la sua carne umana. Ciò che si è realizzato in Gesù è il nostro destino, che a poco a poco va costruendosi nella nostra vicenda umana, nella storia e nel cosmo.

La vicenda di Gesù si chiama “transito”, ossia cammino pasquale da questo mondo al Padre (Gv 13,1).

Un cammino che avviene nel tempo, consentendoci, nella forza dello Spirito, di appropriarci del Vangelo. L’uomo allora cresce, lasciandosi modellare da Gesù per diventare sempre più padrone di se stesso, sempre più libero da condizionamenti e scoprendo sempre di più chi è Dio. Egli ci chiama a “diventare conformi all’immagine del Figlio suo”, attraverso una storia di attenzioni amorose che ci guarisce e ci migliora, fino a trasformarci nella condizione divina (cf. Rm 8,26ss)

  • Pasqua dice allora un cammino di crescita, di raddrizzamento, di progressiva liberazione da elementi devianti.
  • Pasqua è la scoperta di una umanità che si dilata verso il divino e che sempre di più ritrova se stessa.
  • Pasqua non è un gesto cultuale, fatto senza nessuna appropriazione sensata, o ritorno a cerimonie compiute superficialmente, nella totale ignoranza, convinti che basta solo assistere per liquidare un dovere.
  • Pasqua è prima di tutto una trama di vita che realizza il sogno immenso di Dio sull’uomo. Egli ci chiama ad una condizione talmente grande che da noi è appena intravista nel Vangelo che annunciamo: Gesù di Nazaret, ucciso, ma ora vivo in una condizione splendente.
  • Pasqua è una realtà che cresce, richiedendo di uscire, di camminare, di maturare. Tutta la vita si regge su queste dinamiche.
  • Parlare di spiritualità della Pasqua significa entrare in questo disegno che riguarda l’uomo e non inseguire ritualità rese insignificanti, che condannano la religione a fatto irrisorio, mortificante o a zona di rifugio.
  • Pasqua è lotta per far emergere un umanesimo secondo Gesù; è forza di crescita. Dio, donandoci il Vangelo, ci offre la forza dello Spirito che incide nelle nostre fibre profonde la potenza della risurrezione, la quale è capace di portare la persona fino alla pienezza sognata per noi dal Signore (1Ts 1,4-6). Egli ci rende capaci di imitarlo nel quotidiano attraverso scelte qualitative.
  • Pasqua svela una storia di innamoramento di Dio per noi: ”sapendo che era giunta la sua ora, di passare da questo mondo al Padre”(ecco la Pasqua), avendo sempre amato l’uomo, lo amò fino ad esaurire ogni possibilità e sogno di amore (Gv 13,1-2). Nella Pasqua si realizza la profezia: ”Ti ho amato di amore eterno” (Ger 31,3).
  • Pasqua è certezza che l’amore di Dio non verrà mai meno (Is 54).
  • Pasqua è il Vangelo da interiorizzare giorno dopo giorno, nella pazienza, lasciandoci plasmare dalla Parola che riceviamo lungo la via come i discepoli di Emmaus. Quella via è la nostra vita e dentro di essa si possono consumare tante speranze. “Sapere” soltanto il Vangelo può rivelarsi deludente. Quella via deve essere riempita di una presenza alla quale diamo ascolto. Non basta ammettere che esiste il Risorto; possiamo sapere tutto della vita di Gesù, compreso che alcuni dicono che egli è vivo. Ma può rimanere una teoria e non si può vivere di ciò che dicono gli altri.

Parlare di spiritualità vuol dire accettare la trafila della Parola, quello che essa produce e stimola dentro di noi, avviare con essa un dialogo di preghiera “resta con noi” (Lc 24,29).

È una presa di coscienza che di Cristo abbiamo assoluta necessità, è l’invocazione che ci apre gli occhi per diventare vedenti, non per avere “visioni”, ma per coglierlo vivo e ardente in noi. “Non ci ardeva forse il cuore mentre ci spiegava le Scritture lungo il cammino?” (Lc 24,32).

Ardere è il simbolo di qualcosa che si riattiva, che suscita una tensione capace di metterci in cammino verso ideali pieni, anche se la vita in certi momenti sembra comprometterli o spegnerli.

Noi dobbiamo pensare più che alla Pasqua dei riti sacramentali (che ci aiutano) alla Pasqua esistenziale di persone piene di ardore, che desiderano rivestire l’umanità del Risorto, il Signore nostro Gesù Cristo.

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