Il perdono “in uscita”

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Nel marzo del 416, papa Innocenzo I scriveva a Decenzio, vescovo di Gubbio, la Lettera decretale, nella quale sono contenute importanti indicazioni liturgiche ed ecclesiali in ordine alla celebrazione dei sacramenti, penitenza compresa. È questo 1600° anniversario ad aver motivato la scelta di Gubbio come sede della 67ª settimana liturgica nazionale sul tema “La liturgia luogo della misericordia. Riconciliati per riconciliare” (22-25 agosto).

La scelta del luogo e del tema hanno ricevuto il plauso di papa Francesco. Nel messaggio inviato a Claudio Magnago, vescovo di Castellaneta e presidente del Centro di azione liturgica (CAL), a firma del card. Segretario di stato, Piero Parolin, si legge che la liturgia deve essere percepita «quale luogo della misericordia incontrata e accolta per essere donata». Rifuggendo da «atteggiamenti intimistici e autoconsolatori» e «partendo dalla consapevolezza che si è perdonati per perdonare, occorre essere testimoni di misericordia in ogni ambiente, suscitando desiderio e capacità di perdono». Il sacramento della penitenza – si legge ancora nel messaggio – deve diventare una “soglia” che apre verso «un’umanità sempre più bisognosa di compassione».

La stessa esortazione la troviamo nel saluto di accoglienza ai convegnisti firmato congiuntamente dal vescovo Maniago e da Mario Ceccobelli, vescovo di Gubbio: il sacramento della penitenza «non è stato istituito per esaurirsi nell’angusto spazio di un confessionale… La misericordia che riceviamo dal Padre non ci è data come una consolazione privata… Si è perdonati per perdonare».

Il servo di Maria padre Ermes Ronchi, nella relazione alla settimana liturgica, ha usato accenti piuttosto duri nel denunciare «celebrazioni senza pathos, senza sorrisi, e noiose», arrivando a dire che «Dio può morire di noia nelle nostre chiese». Cercare poi la misericordia celebrata nelle nostre assemblee «è impresa ardua», perché vi si consuma un fatto religioso, «ma non si consegna speranza ai fedeli». E poi un accento positivo: «La misericordia che libera è una forza mite e possente che rimette la mia barca sul filo della corrente, che fa ripartire la carovana al levar del sole; non un colpo di spugna sul passato, ma un colpo di vento verso il futuro, che insegna respiri, apre sentieri».

Il vescovo Maniago, presentando il programma della settimana, aveva dichiarato che questo appuntamento «vuol contribuire a indicare con forza l’unica risposta alle troppe situazioni di conflitto, di violenza e terrore che colpiscono soprattutto innocenti, creando un clima di sgomento e di sofferenza». E proseguiva: «Il nostro mondo ha bisogno di riconciliazione e il Signore è pronto, nella sua instancabile misericordia, a renderci tutti strumenti perché altri possano ricevere e sperimentare lo stesso dono». Concetto ribadito alla celebrazione dei vespri che hanno ufficialmente aperto la settimana liturgica: «Se ci lasciamo riconciliare, diventiamo noi stessi più capaci di misericordia e operatori di riconciliazione. La vita rigenerata dalla misericordia di Dio nell’azione liturgica, si realizza poi come riconciliazione in forme di interazione sociale, di perdono, di solidarietà, di impegno per la pace e la salvaguardia del creato».

Anche il vescovo Nunzio Galantino si è espresso sulla stessa linea nell’omelia del 23 agosto: «Sentirci richiamare all’esercizio della misericordia, in tempi come i nostri attraversati da forti spinte egoistiche e di chiusura, vuol dire – ha dichiarato il segretario generale della CEI – sentirsi richiamati alla carità come arte dell’incontro, come arte della relazione, come arte del vivere, ma significa soprattutto sollecitare un soprassalto di umanità per non permettere al cinismo, alla barbarie e all’indifferenza di avere la meglio».

Per questo – ha dichiarato Enzo Bianchi nella relazione conclusiva della settimana – «noi cristiani oggi dovremmo tentare di dare alla misericordia e alla riconciliazione una valenza sociale, a volte politica».

Tre relatori si sono soffermati esplicitamente sul sacramento della penitenza: Ildebrando Scicolone, Silvano Sirboni e il vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla. Potremmo sintetizzare i loro interventi nello slogan “dal rito alla vita”. La penitenza infatti è una virtù che va oltre il sacramento. Senza questo “oltre” – ha spiegato il vescovo Brambilla – lo stesso sacramento è costretto a rinchiudersi della dinamica confessio-absolutio, la quale non può non affrontare la questione del superamento del peccato e della ricostruzione della propria storia cristiana».

I gruppi di lavoro si sono confrontati sull’interrogativo “Quale misericordia e quali riconciliazioni più urgenti oggi”, declinato in quattro aree: nella famiglia, nella comunità parrocchiale, con la vita e con il mondo, con le confessioni cristiane e con le altre religioni.

Ai 300 convegnisti è stato dato l’appuntamento a Roma per la 68ª settimana liturgica. Sarà l’occasione per celebrare e festeggiare i settant’anni di vita del CAL.

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