VI Istruzione/4: benedetta “infedeltà” francese

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«In contesto francese, credo sia saggio cominciare con una azione di grazie per la infedeltà materiale di certe nostre traduzioni liturgiche, la cui fecondità prova come essere fossero più fedeli di quanto non sarebbero state delle semplici trasposizioni parola per parola…».

Così inizia questa valutazione di «Liturgiam authenticam» da parte di Matthieu Rouillé d’Orfeuil, teologo di Toulon e da qualche anno impegnato per ufficio a Roma: egli poi conclude autorevolmente il proprio intervento con queste parole:

«Fare della liturgia un luogo di arricchimento della fede e della sua espressione è dunque una sfida che si percepiva all’epoca della prima traduzione dell’Ordo Missæ in francese, che si percepiva altrettanto in tutta la sua pertinenza all’epoca della redazione del Catechismo della Chiesa Cattolica (1985-1992). Rinunciare a ciò che una creatività locale può apportare all’insieme della Chiesa significherebbe privare la litrugia di una delle sue funzioni decisive. Nessuno contesta davvero l’esistenza di un testo originario che costituisce un riferimento affidabile. Ma confidare appieno in un atto di traduzione (senza sospettare che sia sovversivo e senza temere che sia anche un atto creativo) permetterebbe di restituire alla liturgia una delle sue funzioni vitali per la vita spirituale della Chiesa»

Tra quell’incipit e questo explicit il teologo conduce un breve ma inteso ragionamento sulla modalità con cui la lingua francese ha affrontato la traduzione della espressione «mistero della fede», resa con quella “benedetta infedeltà” che ha permesso alla tradizione francese di arricchire non poco la propria esperienza eucaristica:

«Ma questo arricchimento del latino – osserva Rouillé d’Orfeuil – mediante la imperfezione creatrice di una traduzione francese non sarebbe stato possibile se si fosse reso il «misterium fidei» della messa – non con «il est grand le Mistère de la foi», ma – con un «mistère de la foi» perfettamente corretto, e tuttavia ben più povero».

Mi sembra un altro giudizio molto promettente sulle caratteristiche che dovrà avere la VI Istruzione sulla attuazione della Riforma Liturgica. Ecco il testo integrale nella lingua originale francese:

Una valutazione di Liturgiam Authenticam

di Matthieu Rouillé d’Orfeuil

En contexte français, il est judicieux, je crois, de commencer par une action de grâce pour linfidélité matérielle de certaines de nos traductions liturgiques, dont la fécondité prouve quelles étaient en fait mieux fidèles que ne l’auraient été de simples transpositions mot à mot.

Qu’un exemple suffise à illustrer une affirmation aussi provocatrice : «mysterium fidei». Il n’est pas besoin de refaire l’histoire de cette incise de la formule de consécration du calice (de 1Tm 3, 9 à Innocent III, Lettre Cum Marthæ circa à Jean de Lyon, 29 novembre 1202 ; H. Denzinger, n° 782) et de sa réforme à la suite du Concile Vatican II.

Traduire en français cette invocation par «mystère de la foi» (en italien : «mistero della fede») aurait paru vraiment étrange: une telle invitation purement nominale, ce simple génitif ainsi proclamé n’aurait pas eu de sens. On s’y serait habitué, sans doute (parce qu’on s’habitue à tout), mais il n’y aurait pas eu de véritable intelligibilité. La littéralité aurait été en deçà dune vraie signification.

L’idée de traduire par une phrase (comportant le verbe «être») et de compléter par un adjectif («grand») fut une très heureuse initiative : «Il est grand le mystère de la foi». Rédigé en français, le Catéchisme de lEglise Catholique a accueilli cette traduction : «’’Il est grand le Mystère de la foi’’. L’Église le professe dans le Symbole des Apôtres (Première Partie) et elle le célèbre dans la Liturgie sacramentelle (Deuxième Partie), afin que la vie des fidèles soit conformée au Christ dans l’Esprit Saint à la gloire de Dieu le Père (Troisième Partie). Ce Mystère exige donc que les fidèles y croient, le célèbrent et en vivent dans une relation vivante et personnelle avec le Dieu vivant et vrai. Cette relation est la prière» (n° 2558), ce qui donne dans la version latine cet étrange : «Magnum est mysterium fidei» qui développe le «mysterium fidei» avec un «Magnum est» qui n’a donc pas d’origine latine. Ce «Magnum est» dont la source est ‘‘gallicane’’, tel qu’il est accueilli dans le Catéchisme jusqu’en sa version latine, possède l’avantage d’enrichir l’invocation eucharistique d’une allusion à 1Tm 3, 16 et Ep 5, 32 (bien lisible en grec : musterion mega, traduit en latin parmagnum sacramentum) qui rappelle que l’acte eucharistique se situe dans le « mystère de piété » qu’est l’ensemble de l’économie de l’incarnation, qu’il est un festin nuptial et que, comme dans toute affaire de noces, il y est question de fides (ce que saint Augustin n’aurait pas désavoué). Mais cet enrichissement du latin par limperfection créatrice dune traduction française naurait pas été possible si lon avait seulement rendu le «mysterium fidei» de la messe par un «mystère de la foi» parfaitement exact et pourtant appauvrissant.

Faire de la liturgie un lieu d’enrichissement de la foi et de son expression est donc un enjeu qu’on percevait durant la période de la première traduction de l’Ordo Missæ en français, qu’on percevait également avec toute sa pertinence lors de la rédaction du Catéchisme de lEglise Catholique (1985-1992). Renoncer à ce qu’une créativité locale puisse apporter à l’ensemble de l’Eglise reviendrait à priver la liturgie de l’une de ses fonctions décisives. Personne ne conteste sérieusement l’existence d’un texte source qui constitue une référence fiable. Faire confiance à la pleine mesure dun acte de traduction (sans soupçonner quil soit subversif, sans craindre quil soit aussi créateur) permettrait de rendre à la liturgie lune de ses missions vitales pour la vie spirituelle ecclésiale.

Pubblicato il 12 marzo 2016 nel blog: Come se non

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