Quali le doti di un buon pastore?

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capitello

La società e la Chiesa hanno visto profondi sviluppi e trasformazioni notevoli, nonché le ripercussioni della pandemia di Coronavirus e la crescita dell’ideologia estremista, che hanno imposto una situazione diversa rispetto agli anni precedenti. Questi cambiamenti e circostanze difficili richiedono all’istituzione ecclesiastica, compreso il Sinodo caldeo, di seguire criteri precisi per la scelta dei dirigenti (vescovi) della Chiesa: l’uomo giusto per il posto giusto, sia per la parrocchia, che per la diocesi o il patriarcato (qui confermo la mia intenzione di dimettermi in età canonica, cioè dopo tre anni), in modo che la persona ecclesiastica sia un riferimento affidabile per la Chiesa.

In questo modo la Chiesa realizza la sua presenza e assicura un servizio più appropriato ai suoi fedeli, e più connesso con le sue istituzioni e le sue attività, consentendo ai fedeli di praticare la loro vita cristiana con fiducia, entusiasmo e gioia.

Le qualità del candidato

Ci giungono numerose lettere che criticano il comportamento e l’azione di alcuni membri del clero, con riferimenti – talora – a questioni vere e, talora, esprimono una semplice brama di fare osservazioni, ma la maggioranza delle lettere indicano l’interazione dei fedeli con la Chiesa in modo che non possono accettare oggi un ecclesiastico qualsiasi. Desiderano che la persona ecclesiastica abbia caratteristiche basilari che si adattino all’immagine della Chiesa a cui stanno pensando. È quindi essenziale che i Padri sinodali prendano sul serio queste idee affinché la nostra Chiesa rimanga viva e forte, come l’ha descritta papa Francesco durante la sua visita in Iraq dal 5 all’8 marzo 2021.

I canoni della Chiesa cattolica e il diritto canonico delle Chiese cattoliche orientali (canone 180-189) elencano le qualità del candidato episcopale e patriarcale, ma è deplorevole che raramente siano state prese in considerazione in passato, quindi vorrei chiarire queste qualità e aggiungere altre qualità pratiche che ho imparato dalla mia esperienza di sacerdote, vescovo e patriarca e che ritengo necessarie.

(1) Il candidato dev’essere una persona di fede e radicato e attivo in essa, con maturità umana, spirituale, psicologica, culturale e amministrativa, saggio e coraggioso che sappia usare in modo corretto la sua autorità (il suo servizio), la misericordia per gli esseri umani, e non per appropriarsene o per vendetta.

(2) Abbia la capacità di leggere i segni della presenza di Dio (i segni del tempo), scoprire i talenti degli altri, accoglierli, coinvolgerli nell’opera ecclesiastica, comunicare con loro e trasformare i loro contributi in integrazione positiva e in armonia con lo “spirito della comunità ecclesiastica”.

(3) Non si trascuri l’aspetto pratico e la consapevolezza pastorale nella sua scelta, come l’umiltà, la semplicità e il servizio (la buona reputazione), al fine di dare la migliore immagine spirituale e umana del sacerdozio di servizio.

(4) Creda nella revisione, nel miglioramento e nel rinnovamento, aspirando a proteggere l’autenticità della fede e non le idee sbagliate, lo splendore della tradizione e non l’eredità falsa, la bellezza della Chiesa interiore e non lo splendore esterno.

(5) Sia indipendente, cioè non politicizzato, con una voce profetica influente verso i valori umani e nazionali, come la giustizia sociale, la piena cittadinanza, la pace, la difesa dei diritti delle persone (oppresse), la libertà, la dignità e la convivenza armoniosa. Questa non è un’interferenza nella politica, ma deriva dalla teologia sociale della Chiesa. La Chiesa si occupa della questione umana e nazionale.

(6) Non sia estremista e sia un buon interlocutore, non indeciso, non cambi continuamente idea; non sia un trascendente autocratico (un vero dittatore), né un opportunista per raggiungere interessi particolari!

(7) Sia padre, fratello e amico dei parrocchiani; servo della carità, specialmente verso i poveri, promuova uno spirito di partecipazione. Non divida la diocesi in identità di gruppo, non escluda nessuno dalla benedizione di Dio, dalla sua misericordia e dal suo perdono, che sono per tutti.

(8) La sua priorità sia nelle attività per l’insegnamento, la consapevolezza e l’educazione basata sulla fede. Viva ciò che predica per diventare una testimonianza di vita.

(9) Sia una persona di preghiera, non uno che pratica il rito in maniera automatica. La preghiera è per lui di grande aiuto di fronte alle numerose pressioni a cui va incontro.

(10) Segua la formazione permanente e il rinnovamento spirituale, culturale e umano, in modo che non si abitui a una certa maniera e svuoti la novità di Dio e la novità dell’uomo nuovo.

(11) Sia uno specialista in scienze ecclesiastiche e conosca bene una lingua straniera.

Papa Francesco, prima dell’Angelus, domenica 18 aprile 2021, disse spiegando il Vangelo dei due discepoli di Emmaus (Luca 24,13-35): «Fratelli e sorelle, questa pagina evangelica ci dice che Gesù non è un “fantasma”, ma una Persona viva; […] Essere cristiani non è prima di tutto una dottrina o un ideale morale, è la relazione viva con Lui, con il Signore risorto: lo guardiamo, lo tocchiamo, ci nutriamo di Lui e, trasformati dal suo Amore, guardiamo, tocchiamo e nutriamo gli altri come fratelli e sorelle». Queste parole paterne sono per noi membri del clero prima che per gli altri.

Imprescindibile, salvifica umanità

In conclusione, sottolineo che in tutti i nostri gradi ecclesiastici non siamo angeli del cielo sulla terra, siamo esseri umani come gli altri, abbiamo le nostre debolezze e i nostri limiti, e non pretendiamo di essere perfetti. La santità del sacerdozio e della Chiesa non elimina la nostra umanità. Dobbiamo renderci conto che il bambino incontrollato rimane in noi e ci accompagna, quindi dobbiamo essere attenti e domarlo.

Siamo chiamati alla santità attraverso il nostro servizio incondizionato alle persone, non ad attaccarci alla falsa “santità”! Ringraziamo Dio che nella nostra Chiesa fino ad oggi ci sono stati sacerdoti attaccati alla loro fede fino all’effusione del sangue, e noi ne siamo orgogliosi. È per questo motivo che papa Francesco ha detto: «Siete una Chiesa viva e forte».

Qui sottolineo l’importanza dell’educazione domestica e dell’educazione nei seminari con programmi preparati con precisione dal punto di vista spirituale, umano, culturale e pastorale, e la necessità che il candidato al sacerdozio, dopo l’ordinazione, continui nella formazione permanente, e nell’impegno con esercizio spirituale a lavorare su se stesso.

Rassicuro i fedeli, riguardo all’aspetto finanziario, che la maggior parte delle nostre diocesi adotta il settore finanziario, che esegue un audit annuale, e che ogni persona ecclesiastica riceve ogni mese lo stipendio fisso, non so quindi dove la persona ecclesiastica possa raccogliere denaro!

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