Europa: libertà religiosa minacciata

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Si è tenuta lo scorso venerdì 5 luglio a Strasburgo la quarta edizione degli incontri «Diritto e Religione» dedicata al tema «Convinzioni religiose e adattamento della norma». Professore all’Università cattolica di Lovanio, specialista in Diritto delle religioni, Louis-Léon Christians si esprime sulle tensioni attuali e sul rapporto tra gli Stati europei e le religioni in una intervista apparsa su La Croix lo scorso 11 luglio 2019 (nostra traduzione dal francese).

corte europea strasburgo

  • Dopo l’intrusione di un collettivo di donne in burkini in una piscina di Grenoble, il primo ministro ha affermato che «nessuna convinzione religiosa» poteva motivare la derogazione alle regole fissate. Non è questo l’esempio tipico di quei conflitti che si moltiplicano tra diritto e religione?

Questa storia del burkini che sconvolge la Francia è l’occasione di ricordare che le convinzioni religiose devono sottomettersi al diritto comune … a condizione che questo rispetti i diritti fondamentali delle persone, in particolare quelli sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo! Il regolamento di una piscina e una legge votata dal Parlamento devono rispettare i valori superiori garantiti da tale Convenzione, tra i quali c’è la libertà religiosa. Per stabilire se questo è vero in un caso particolare c’è solo uno strumento: fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) a Strasburgo.

  • Portare il burkini è un segno di libertà religiosa?

Non tocca al cittadino farsi giustizia da solo: solo un dibattito pubblico ci permetterà di saperlo. La CEDU lascia agli Stati europei un margine di manovra per decidere come considerare caso per caso la libertà religiosa. L’obiettivo del nostro colloquio di Strasburgo, che ha riunito esperti di diversi paesi, era di capire come si esprime questo margine di manovra: quali sono i criteri che utilizza la Corte europea dei diritti dell’uomo quando è interpellata da un ricorrente e quali sono le “linee rosse” che gli Stati non devono oltrepassare.

  • Quali sono i criteri della Corte europea dei diritti dell’uomo per giudicare se uno Stato ha violato la libertà religiosa di uno dei suoi cittadini ?

Abbiamo stabilito quattro criteri cumulativi. Il primo e il più importante è un criterio procedurale: prima di limitare la libertà di religione occorre un dialogo tra le parti: l’imprenditore col salariato, l’amministratore con l’utente, lo Stato con la società civile o, ancora, nel caso di una legge, un vero e proprio dibattito parlamentare. Gli altri criteri valutano la proporzionalità della misura adottata: la CEDU osserva se le limitazioni eventualmente poste sono pertinenti alla soluzione del problema; se esse costituiscono il mezzo meno invasivo di risolvere la questione o se, al contrario, un’altra misura meno restrittiva avrebbe permesso di raggiungere lo stesso risultato; e, infine, se non è troppo costosa dal punto di vista finanziario. A proposito delle leggi francesi sulla presenza di simboli religiosi nella scuola o sulla questione del velo integrale la CEDU non ha portato la Francia a modello per tutta l’Europa: ha solo considerato che – nel contesto particolare – le limitazioni imposte sono rimaste proporzionate a degli obiettivi legittimi.

  • Nonostante il controllo della CEDU, non emerge in Europa una tendenza sempre maggiore a limitare la libertà di religione?

La maggior parte degli specialisti stima che sulla libertà religiosa gravino oggi delle minacce serie, in particolare per alcune reazioni riguardanti l’islam. Al contrario, la maggioranza dei politici giudica necessario porre restrizioni in nome della sicurezza, della lotta contro la radicalizzazione, o della perdita di coesione nazionale. Nella sua analisi della legislazione di uno Stato europeo, la CEDU tiene conto del contesto politico e sociale: uno Stato può dover agire in funzione delle azioni prevedibili di una particolare comunità religiosa. Ogni Stato fa quello che può in un contesto divenuto piuttosto complesso. Ma i colleghi presenti al colloquio hanno anche mostrato come la stessa giurisprudenza della CEDU sia talvolta poco prevedibile. I criteri sono ancora nebulosi e soggetti alle diversificate valutazioni dei giudici, di cui è difficile prevedere le scelte.

  • Tutto ciò significa che anche in Europa adattiamo le norme caso per caso alla maniera degli ‘‘accomodamenti ragionevoli’’ canadesi?

È il timore di chi vede il venire meno in questo modo della norma comune. L’espressione “accomodamenti ragionevoli” è del diritto canadese. Le polemiche sul vocabolario sono vuote e servono a sviare l’attenzione. La tradizione del diritto europeo – la nostra tradizione – ha sempre assunto come fondamentale il principio di proporzionalità, che è stato costantemente migliorato e precisato. Invece di perdere tempo in discussioni inutili, cerchiamo di comprendere dove tale principio ci porta e come sia possibile non derogare ai nostri principi fondamentali anche in un contesto di paura e insicurezza. Penso, ad esempio, all’obiezione di coscienza, cioè alla facoltà concessa al cittadino d’invocare la tutela dei diritti umani per sottrarsi a un obbligo che violerebbe le sue convinzioni profonde. Né il cittadino né il credente possono essere trattati come robot.

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