8/ Trasmissione della fede

di:

opzione francesco

Riprendiamo l’ottavo contributo (settembre 2022) della rubrica «Opzione Francesco», firmata dal teologo Armando Matteo per la rivista Vita Pastorale. Per gentile concessione del direttore, don Antonio Sciortino, la rubrica viene interamente pubblicata su Settimana News.

Vi è un passaggio dell’Evangelii gaudium di papa Francesco che ad avviso di chi scrive non è stato ancora sufficientemente meditato da parte dei credenti e di moltissimi dei loro pastori, e che offre una descrizione limpidissima di ciò che tocca al cristianesimo occidentale al termine della cristianità.

Ecco il testo:

«Nemmeno possiamo ignorare che, negli ultimi decenni, si è prodotta una rottura nella trasmissione generazionale della fede cristiana nel popolo cattolico. È innegabile che molti si sentono delusi e cessano di identificarsi con la tradizione cattolica, che aumentano i genitori che non battezzano i figli e non insegnano loro a pregare, e che c’è un certo esodo verso altre comunità di fede. Alcune cause di questa rottura sono: la mancanza di spazi di dialogo in famiglia, l’influsso dei mezzi di comunicazione, il soggettivismo relativista, il consumismo sfrenato che stimola il mercato, la mancanza di accompagnamento pastorale dei più poveri, l’assenza di un’accoglienza cordiale nelle nostre istituzioni e la nostra difficoltà di ricreare l’adesione mistica della fede in uno scenario religioso plurale» (70).

Mai come in questo caso – e al più alto livello di magistero – era stato riconosciuto il fenomeno della rottura nella trasmissione generazionale della fede cristiana. Da diversi decenni si discute a proposito delle fatiche che le comunità cattoliche incontrano sul terreno dell’iniziazione cristiana di più piccoli, quasi sempre senza giungere a un qualche punto di vera svolta. E la ragione è presto detta: in quelle infinite discussioni non si ha il coraggio di avvicinarsi alle ragioni ultime di quelle fatiche.

Un cristianesimo da ri-tradurre

In verità, la comunità credente non riesce più a fare nuovi cristiani e nuove cristiane, semplicemente perché essa presuppone come attiva, all’interno delle famiglie cristiane, la trasmissione della fede ai rappresentanti delle nuove generazioni. E continua a fare quello che ha sempre fatto, con più o meno piccoli aggiustamenti.

Ma è proprio il decisivo indirizzamento dei cuccioli all’esperienza della trascendenza, da parte dei genitori, che non è ci più dato. Papa Francesco lo dice chiaramente: oggi sono molti i genitori che non fanno più battezzare i figli, quelli che non insegnano a pregare e quelli che semplicemente non si identificano più con la tradizione cattolica.

Proprio qui raggiungiamo, in presa diretta, cosa significa prendere atto della «fine della cristianità»: significa prendere atto che la popolazione adulta – quella alla quale appartengono i genitori – è quasi del tutto uscita dall’orbita del cristianesimo. Almeno da quella traduzione pastorale del cristianesimo che è stata immaginata e pensata nei tempi passati, prima cioè di quel cambiamento d’epoca – cui costantemente richiama l’Opzione Francesco – che ha radicalmente trasformato l’Occidente da valle di lacrime nell’attuale terra del benessere.

Prendere sul serio l’annuncio della fine della cristianità comporta pertanto un impegno preciso: riconoscere che è tempo di operare una traduzione pastorale nuova del cristianesimo.

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2 Commenti

  1. Fabio Cittadini 26 settembre 2022
  2. Maria Luisa Fappiano 24 settembre 2022

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