Canada: il papa e i popoli nativi

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nativi canadesi

In tutti i contatti recenti dei papi con il mondo dei popoli indigeni del Canada (Giovanni Paolo II nel 1984 e 1987, e Benedetto XVI nel 2009) la questione dei limiti e delle contraddizioni nel rapporto della Chiesa con la loro tradizione è sempre emersa.

L’articolata e recente visita a Roma dei loro rappresentanti (28 marzo – 1° aprile) segna però un passaggio di rilievo dopo l’esplosione dello scandalo delle centinaia di sepolture anonime dei ragazzi e ragazze indigeni scoperte dal maggio 2021. Sono quasi un migliaio quelle finora identificate. Tutte nei pressi delle 139 istituzioni educative che, dal 1831 al 1996, hanno raccolto e «rieducato» 150.000 bambini e bambine delle popolazioni native, un sesto della loro popolazione giovanile (cf. qui su SettimanaNews).

La tragedia dello sradicamento

Sia le istituzioni politiche, che hanno più volte riconosciuto i propri errori nei loro confronti, sia la società civile, travolta dallo scandalo e dalla cattiva coscienza, hanno ripetutamente chiesto alle Chiese che gestivano quelle istituzioni su mandato dei governi, di manifestare la richiesta di perdono, da parte dei vescovi fino al papa.

Francesco non si è sottratto e nel discorso all’incontro finale (davanti ai 32 esponenti dei tre ceppi riconosciuti – i meticci, gli Inuits e le Prime Nazioni – presenti anche altri 180 invitati) ha anzitutto riconosciuto la sapienza dei popoli nativi, i loro legami generazionali e i numerosi frutti positivi: la cura del territorio, la memoria degli antenati, il culto del Creatore, l’armonia interiore ed esteriore, il senso della famiglia, la lingua, la cultura e le tradizioni artistiche (cf. qui il discorso completo).

«Ma il vostro albero che porta frutto ha subìto una tragedia, che mi avete raccontato in questi giorni: quello dello sradicamento. La catena che ha tramandato conoscenze e stili di vita, in unione con il territorio, è stata spezzata dalla colonizzazione che, senza rispetto, ha strappato molti di voi dall’ambiente vitale e ha provato a uniformarvi a un’altra mentalità. Così la vostra identità e la vostra cultura sono state ferite, molte famiglie separate, tanti ragazzi sono diventati vittime di questa azione omologatrice, sostenuta dall’idea che il progresso avvenga per colonizzazione ideologica, secondo programmi studiati a tavolino anziché rispettando la vita dei popoli».

Si è trattato di un grandioso e disastroso programma di ingegneria sociale che si è rivelato un genocidio culturale, a cui la Chiesa cattolica, che gestiva attraverso i religiosi il 70% di quelle istituzioni, non può sottrarsi. «Quando il sovrano europeo è arrivato sulle nostre coste – ha commentato Gerarld Antoine – le loro leggi internazionali, conosciute come le “dottrine della scoperta”, sono state applicate alle nostre terre, ci hanno negato la nostra esistenza come esseri umani».

Le istituzioni «educative» non sono che uno dei molti mezzi di pressione per una assimilazione forzata a quella che era considerata una civilizzazione (e religione) superiore. La Commissione nazionale Verità e riconciliazione, che ha chiuso i suoi lavori nel 2015, ipotizzava 3-6.000 le vittime della violenza sui popoli nativi, ma, dopo la scoperta delle sepolture anonime si ipotizzano 12-15.000 le morti fra le loro giovani generazioni.

Lo shock delle sepolture

È cambiata conseguentemente la coscienza degli indigeni, ma anche quella della Chiesa e della società civile. Per questo il parlamento ha adottato come propria la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli autoctoni, inserendola nel diritto nazionale.

Nei confronti della Chiesa le richieste sono anzitutto quelle della domanda di perdono e di scusa verso di loro da parte del papa, da farsi sul territorio nazionale. Ed ecco la risposta del papa:

«[i vostri racconti] hanno suscitato in me due sentimenti: indignazione e vergogna. Indignazione perché è ingiusto accettare il male, ed è ancora peggiore abituarsi al male, come se fosse una dinamica ineludibile provocata dalle vicende della storia». «E provo anche vergogna… dolore e vergogna per il ruolo che diversi cattolici, in particolare con responsabilità educative, hanno avuto in tutto quello che vi ha ferito, negli abusi e nella mancanza di rispetto verso la vostra identità, la vostra cultura e persino i vostri valori spirituali. Tutto ciò è contrario al Vangelo di Gesù». E il papa aggiunge: «Per la deplorevole condotta di quei membri della Chiesa cattolica chiedo perdono e vorrei dirvi di tutto cuore: sono molto addolorato». Promette di essere con loro nel prossimo luglio: «Sarò felice di beneficiare ancora dell’incontro con voi, visitando i vostri territori natii, dove vivono le vostre famiglie».

Fra le richieste che i tre gruppi hanno fatto al pontefice vi sono altre domande che hanno trovato ascolto ma non ancora piena risposta. La revoca della bolla papale emessa da papa Alessandro VI del 1493, che ha dato avvio alle «dottrine della scoperta», è sotto esame.

Più immediato l’accordo sui rimborsi dei vescovi e della conferenza episcopale: ai 50 milioni di dollari già stanziati se ne aggiungeranno altri 30. Da studiare anche l’accesso agli archivi relativi alle istituzioni «educative» verso i nativi, presenti in Vaticano, ma più probabilmente negli archivi delle varie congregazioni religiose operanti sul suolo canadese.

La visita delle delegazioni ai musei vaticani e, in particolare, ad alcuni reperti della sezione etnologica Anima Mundi (dai mocassini alle cinture, dai calumet della pace alle imbarcazioni kayak) hanno acceso nei presenti il desiderio di una conoscenza più ampia dei reperti e la domanda che essi tornino in Canada nelle istituzioni museali dedicate ai nativi.

Umili e coraggiosi

Contestualmente alla visita si è riaccesa la questione di p. Joannes Rivoire. Novantunenne, oblato di Maria Immacolata, operante in Canada per più di trent’anni fra le popolazioni indigene (1960-1991), accusato di aggressioni sessuali su ragazzi e oggi in una casa di riposo francese, il religioso è reclamato da un tribunale canadese dal 1998.

La richiesta non ha mai avuto risposta anche perché la legislazione francese nega l’estradizione dei propri cittadini. Una nuova testimonianza contro di lui è avvenuta con la deposizione di Luisa Uttak, violata a sei anni. Al papa è stato chiesto di adoperarsi perché l’interessato risponda delle proprie azioni.

Gli incontri vaticani, organizzati sulla falsariga delle visite ad limina dei vescovi, si sono conclusi con il reciproco scambio dei doni, con preghiere, danze e musiche. L’elogio del papa ai vescovi – erano presenti una decina – per il loro coraggio e umiltà («l’umiliazione della Chiesa è fecondità») sottolinea il carattere di «guarigione e riconciliazione» del prossimo viaggio papale e l’attesa, espressa dal presidente della Conferenza, mons. Raymond Poisson, «di una rinnovata possibilità della trasmissione della fede e del Vangelo» all’interno della tradizione culturale indigena.

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