Francesco: conversione di un papa

di:

francesco lockdwon

In un incontro con un gruppo di esperti che collaborano con i vescovi francesi su temi legati alla Laudato si’, papa Francesco – parlando a braccio – ha raccontato di una sua conversione rispetto alla questione ecologica. Dapprima non ne capiva molto e, quindi, non era consapevole del rilievo che aveva per il futuro della terra e delle implicazioni teologiche ed ecclesiali che essa portava con sé. Poi lo studio, l’ascolto, la preghiera. Atteggiamenti centrali di ogni processo di discernimento della fede.

E dal discernimento si è generata la sua conversione; da questa l’enciclica. Tra l’altro, uno dei rari documenti della Chiesa cattolica che puoi tranquillamente leggere in un’università con gli studenti – accorgendoti che loro sono molto più vicini al sentire complessivo dell’enciclica di quanto lo possa essere tu (anche se formalmente con la Chiesa cattolica hanno poco o nulla a che fare).

La conversione genera, con questo papa, prossimità generazionali inattese e sorprendenti. Una perla preziosa – tenendo conto che non ne abbiamo molte, da custodire e da cui imparare noi tutti nella Chiesa.

Si è molto parlato negli ultimi tempi della pandemia come l’evento che ha costretto Francesco a rimanere chiuso dentro le mura per lui anguste del Vaticano – un’ascesi per uno come Francesco che vive di contatti e incontri non formali con la gente. Qualcuno ne ha dedotto che essa abbia segnato il punto iniziale della parabola discendente del papato, che Francesco abbia dato quello che aveva da dare negli anni fino al febbraio del 2020. Non vi sarebbe, dunque, nulla di nuovo da attenderci in futuro.

Può essere che le cose stiano così, solo il tempo che verrà ce ne darà eventuale conferma. Ma potrebbe esserci qualcosa che potrebbe sparigliare le carte di questa valutazione. Si tratta proprio della capacità spirituale di Francesco di convertirsi, di assumere la storia come un processo che chiede una ricalibrazione del proprio vissuto e delle proprie prospettive. Ma anche delle proprie responsabilità, nella Chiesa e davanti al mondo.

Il deserto del lockdown e della pandemia è ancora la terra che abitiamo; e insieme con tutti noi Francesco. Forse, quel «siamo tutti sulla stessa barca» del 27 marzo va letto anche in questa chiave. Sappiamo bene cosa successe a Pietro su quella barca, e quale fu il punto di appoggio che gli permise di non affogare nel mare in tempesta dopo un primo slancio di fiducia.

Per quanto non naturalmente nelle sue corde, in questi mesi Francesco ha imparato ad abitare un orizzonte fisicamente ristretto e spiritualmente universale. E deve avere colto il segno di questa condizione non voluta. A partire da qui si è messo a disegnare, nelle solitarie catechesi del mese di agosto, l’architettura del mondo dopo la pandemia. Per tutti, non solo per un gruppetto di eletti che si riconoscono nel nome “cattolici”.

Riconsegnando a questo titolo l’universalismo desiderato dal Signore, che già aveva iniziato a declinare in vari passaggi prima della pandemia. Ma per farlo nelle condizioni dettate dal virus, Francesco ha dovuto piegarsi a una nuova conversione e attraversare il discernimento che coagula la forma di una vita che vuole essere coerente a essa. Generalmente, nella fede, è così che si genera il nuovo; ed è con questa chiave di lettura che dovremo scorrere le pagine della nuova, annunciata enciclica.

Un papa che si converte mediante le cose che capitano nell’esercizio del suo ministero è comunque un bene e una benedizione: per la Chiesa e il mondo, insieme.

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7 Commenti

  1. Adelmo Li Cauzi 9 settembre 2020
  2. Ottotrapen 8 settembre 2020
  3. Rita Viviani 7 settembre 2020
  4. Don Floriano Pellegrini 7 settembre 2020
    • Angela 7 settembre 2020
    • Rosalba 7 settembre 2020
      • Angela 8 settembre 2020

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