Francesco: il virus e il potere nudo degli stati

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discorso corpo diplomatico

Il potere degli stati è nudo. La sua pretesa di totalità è stata irrisa dalla pandemia, anche se esso è confermato dal fatto che le decisioni in merito sono ancora in mano ai singoli governi. Di questa situazione si è fatto carico papa Francesco nel discorso dell’otto febbraio ai membri del corpo diplomatico accreditato presso Santa Sede (183 stati, 88 con sede diplomatica a Roma) concentrando l’interpretazione dell’anno 2020 sulle conseguenze del Covid-19.

«Le ricadute della pandemia sono davvero globali, sia perché essa  coinvolge di fatto tutta l’umanità e i paesi del mondo, sia perché incide su molteplici aspetti della nostra vita, contribuendo ad aggravare “crisi tra loro fortemente interrelate, come quella climatica, alimentare, economica e migratoria”».

L’elenco diventa sistematico: crisi sanitaria, ambientale, economico-sociale, politica, antropologica. In un discorso ai governi la questione pandemica si intreccia ad assonanze e dissonanze delle varie potenze politiche rispetto all’opera della Santa Sede. Così pure  il riconoscimento di alcuni punti mondiali indicati come particolarmente gravi. Ne accenno, prima di affrontare l’illustrazione delle singole crisi.

Le potenze e la Santa Sede: assonanze e dissonanze

Nei confronti di Russia e USA vi è un apprezzamento per l’estensione del Trattato sulla riduzione delle armi strategicheNew-Start, ma non dev’essere loro piaciuta la richiesta dell’arresto della corsa agli armamenti (nucleari, chimici e convenzionali) e, per quanto riguarda la Russia, l’accenno alle guerre del Caucaso (Armenia-Azerbaigian), senza ignorare quella in Ucraina e Georgia. Dall’insieme è molto evidente la rinnovata (non totale) sintonia con la nuova amministrazione americana di J. Biden.

Verso l’Unione Europea vi sono due rilievi positivi. Il primo riguarda la sua capacità di reagire insieme rispetto alla crisi economica, attraverso il piano Next Generation UE (750 milioni di euro di investimenti che riguardano l’innovazione industriale, abitativa, ecologica e digitale). Il secondo, più sfumato per le resistenze di alcune nazioni come Polonia e Ungheria, si riferisce all’atteso nuovo patto sulle migrazioni. All’Europa e all’insieme dell’Occidente è indirizzata la constatazione «che, con il pretesto di garantire presunti diritti soggettivi, un numero crescente di legislazioni del mondo, appare allontanarsi dal dovere imprescindibile di tutelare la vita umana in ogni sua fase».

Maggiori consonanze con le Nazioni Unite. Sono citati il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, l’impegno dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e la prossima Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP26, Glasgow). Un consenso che si estende più in generale a tutto il sistema multilaterale di rapporti fra gli stati. Prevedibile anche la citazione positiva sull’Accordo Cina – Santa Sede sulla nomina dei vescovi, rinnovato nel 2020. Tema discusso e accordo aspramente criticato dall’amministrazione Trump.

Resta la distanza rispetto alla crescente diffidenza di Europa e USA nei confronti della Cina. Biden in un discorso il 4 febbraio scorso ha rimarcato la fermezza nei suoi confronti e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha più volte confermato che il paese asiatico è «un partner negoziale, un concorrente economico e un rivale sistemico».

Ma ambedue riconoscono la legittimità e forse l’opportunità dell’apertura della Santa Sede che, da parte sua, non è certo disponibile a non vedere le violazioni ai diritti umani a Hong Kong, verso i tibetani e gli uiguri. Del resto, le esplicite parole critiche sulla svolta militare del Myanmar sono una denuncia indiretta all’incapacità della Cina a moderare la pretesa dei militari locali a lei fortemente legati.

I punti caldi degli scontri di guerra, delle tensioni e dei disastri naturali sono riconosciuti soprattutto in Africa: Burkina Faso, Mali, Niger, Sudan, Sud-Sudan, Mozambico, Sahel, Repubblica Centrafricana, Libia. Vi è un accenno alle situazioni più gravi in America Latina e alla penisola coreana in Asia. Più accorata l’invocazione della pace per il Medio Oriente, in particolare, per Siria, Yemen, Israele-Palestina.

Quest’anno l’attenzione è sul Libano che «rischia di perdere la sua identità», andando incontro al «fallimento del paese, con la possibile conseguenza di pericolose derive fondamentaliste». E il terrorismo fondamentalista è indicato come una «grave piaga di questo nostro tempo».

Cinque crisi

L’elenco delle crisi comincia con quella sanitaria che impatta dimensioni fondamentali del vivere: la malattia e la morte. Papa Francesco sottolinea «l’accesso universale all’assistenza sanitaria di base», sottraendo la cura della salute alla logica del profitto. La distribuzione equa dei vaccini anti-covid va accompagnata da comportamenti personali responsabili.

La crisi ambientale è il segnale della malattia della terra. «Certamente vi sono profonde differenze fra la crisi sanitaria provocata dalla pandemia e la crisi ecologica causata da un indiscriminato sfruttamento delle risorse naturali. Quest’ultima ha una dimensione molto più complessa e permanente, e richiede soluzioni condivise di lungo periodo. In realtà, gli impatti, ad esempio, del cambiamento climatico siano essi diretti, quali gli eventi atmosferici estremi come alluvioni e siccità, oppure indiretti, come la malnutrizione o le malattie respiratorie, sono spesso gravidi di conseguenze che permangono per molto tempo».

La crisi economica e sociale è conseguenza di una «economia basata sullo sfruttamento e sullo scarto sia delle persone, sia delle risorse naturali». «Serve una sorta di “nuova rivoluzione copernicana” che riponga l’economia a servizio dell’uomo e non viceversa». Le attuali difficoltà colpiscono i più poveri, quanti operano in settori informali, senza alcuna assicurazione e copertura, e quanti sono vittime delle diverse emergenze umanitarie, in particolare i profughi, rifugiati e migranti.

Non meno grave la crisi politica e democratica. «Mantenere vive le realtà democratiche è una sfida di questo momento storico, che interessa da vicino tutti gli stati; siano essi piccoli o grandi, economicamente avanzati o in via di sviluppo». «Lo sviluppo di una coscienza democratica esige che si superino i personalismi e prevalga il rispetto dello stato di diritto. Il diritto è infatti il presupposto indispensabile per l’esercizio di ogni potere e deve essere garantito dagli organi preposti indipendentemente dagli interessi politici dominanti».

Ma la crisi più grave è la crisi antropologica, la crisi dei rapporti umani. Nonostante il positivo apporto delle nuove tecnologie, i lunghi mesi di isolamento e confinamento stanno producendo una «catastrofe educativa». Per il bene delle future generazioni c’è bisogno di una «rinnovata stagione di impegno educativo che coinvolga tutte le componenti della società». A partire dalla famiglia.

Breve ma intenso il richiamo alle conseguenze del virus sulle libertà personali, fra cui anche quella della fede, con i confini imposti alle attività di culto, di educazione e di carità. Se le limitazioni sono comprensibili in ordine alla salute di tutti, «non bisogna tuttavia trascurare che la dimensione religiosa costituisce un aspetto fondamentale della personalità umana e della società, che non può essere obliterato».

«Non si può ritenere la dimensione spirituale e morale della persona come secondaria rispetto alla salute fisica». «La libertà di culto non costituisce peraltro un corollario della libertà di riunione, ma deriva essenzialmente dal diritto alla libertà religiosa, che è il primo e fondamentale diritto umano». Solo così si capisce come «fraternità e speranza (siano) come medicine di cui oggi il mondo ha bisogno, al pari dei vaccini».

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