Francesco: il primo discorso in Bangladesh

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Alle ore 18.00 locali (13.00 ora di Roma) del 30 novembre, nel palazzo presidenziale a Dhaka, ha avuto luogo l’incontro con le autorità politiche e religiose, il corpo diplomatico e i rappresentanti della società civile. Dopo l’intervento del presidente della repubblica, Abdul Hamid, il papa ha pronunciato il suo discorso. Al termine, il santo padre e il presidente sono tornati alla Credentials Hall per la firma del Libro d’onore. Quindi, dopo i saluti finali, il papa si è trasferito in auto alla nunziatura apostolica di Dhaka. Pubblichiamo di seguito il discorso che il papa ha pronunciato nel corso dell’incontro.

Discorso del Santo Padre

Signor presidente,
onorevoli autorità,
eminenza,
cari fratelli nell’episcopato
distinti membri del corpo diplomatico,
signore e signori!

All’inizio della mia permanenza in Bangladesh vorrei ringraziarla, signor presidente, per il gentile invito a visitare questo Paese e per le sue cortesi parole di benvenuto. Mi trovo qui sulle orme di due miei predecessori, papa Paolo VI e papa Giovanni Paolo II, a pregare con i miei fratelli e sorelle cattolici e ad offrire loro un messaggio di affetto e di incoraggiamento.

Il Bangladesh è uno Stato giovane, eppure ha sempre avuto un posto speciale nel cuore dei papi, che fin dal principio hanno espresso solidarietà con il suo popolo, intesa ad accompagnarlo nel superare le difficoltà iniziali, e lo hanno sostenuto nell’esigente compito di costruire la nazione e il suo sviluppo.

Sono grato dell’opportunità di rivolgermi a questa assemblea, che raduna uomini e donne con particolari responsabilità nel delineare il futuro della società del Bangladesh.

Durante il mio volo per giungere qui, mi è stato ricordato che il Bangladesh – “Golden Bengal” – è un Paese tutto avvolto da una vasta rete fluviale e di vie d’acqua, grandi e piccole. Questa bellezza naturale è, credo, emblematica della vostra particolare identità come popolo.

Il Bangladesh è una nazione che si sforza di raggiungere un’unità di linguaggio e di cultura nel rispetto per le diverse tradizioni e comunità, che fluiscono come tanti rivoli e ritornano ad arricchire il grande corso della vita politica e sociale del Paese.

Nel mondo di oggi, nessuna singola comunità, nazione o Stato, può sopravvivere e progredire nell’isolamento. In quanto membri dell’unica famiglia umana, abbiamo bisogno l’uno dell’altro e siamo dipendenti l’uno dall’altro.

Il presidente Sheikh Mujibur Rahman ha compreso e cercato di incorporare questo principio nella Costituzione nazionale. Egli ha immaginato una società moderna, pluralistica e inclusiva, in cui ogni persona e ogni comunità potesse vivere in libertà, pace e sicurezza, nel rispetto dell’innata dignità e uguaglianza di diritti di tutti.

Il futuro di questa giovane democrazia e la salute della sua vita politica sono essenzialmente connessi alla fedeltà a questa visione fondativa. Infatti, solo attraverso un dialogo sincero e il rispetto della legittima diversità un popolo può riconciliare le divisioni, superare prospettive unilaterali e riconoscere la validità di punti di vista differenti. Perché il vero dialogo guarda al futuro, costruisce unità nel servizio del bene comune ed è attento ai bisogni di tutti i cittadini, specialmente dei poveri, degli svantaggiati e di coloro che non hanno voce.

Nei mesi scorsi, lo spirito di generosità e di solidarietà che caratterizza la società del Bangladesh si è manifestato molto chiaramente nel suo slancio umanitario a favore dei rifugiati affluiti in massa dallo Stato di Rakhine, provvedendoli di un riparo temporaneo e delle necessità primarie per la vita. Questo è stato fatto con non poco sacrificio. Ed è stato fatto sotto gli occhi del mondo intero. Nessuno di noi può mancare di essere consapevole della gravità della situazione, dell’immenso costo richiesto di umane sofferenze e delle precarie condizioni di vita di così tanti nostri fratelli e sorelle, la maggioranza dei quali sono donne e bambini, ammassati nei campi-profughi.

È necessario che la comunità internazionale attui misure efficaci nei confronti di questa grave crisi, non solo lavorando per risolvere le questioni politiche che hanno condotto allo spostamento massivo di persone, ma anche offrendo immediata assistenza materiale al Bangladesh nel suo sforzo di rispondere fattivamente agli urgenti bisogni umani.

Nonostante la mia visita sia primariamente diretta alla comunità cattolica del Bangladesh, un momento privilegiato sarà il mio incontro domani a Ramna con i responsabili ecumenici e interreligiosi. Insieme pregheremo per la pace e riaffermeremo il nostro impegno a lavorare per la pace.

Il Bangladesh è noto per l’armonia che tradizionalmente è esistita tra i seguaci di varie religioni. Questa atmosfera di mutuo rispetto e un crescente clima di dialogo interreligioso consentono ai credenti di esprimere liberamente le loro più profonde convinzioni sul significato e sullo scopo della vita. Così essi possono contribuire a promuovere i valori spirituali che sono la base sicura per una società giusta e pacifica.

In un mondo dove la religione è spesso – scandalosamente – mal utilizzata al fine di fomentare divisione, questa testimonianza della sua forza di riconciliazione e di unione è quanto mai necessaria. Ciò si è manifestato in modo particolarmente eloquente nella comune reazione di indignazione che ha seguito il brutale attacco terroristico dell’anno scorso qui a Dhaka, e nel chiaro messaggio inviato dalle autorità religiose della nazione per cui il santissimo nome di Dio non può mai essere invocato per giustificare l’odio e la violenza contro altri esseri umani nostri simili.

I cattolici del Bangladesh, anche se relativamente pochi di numero, tuttavia cercano di svolgere un ruolo costruttivo nello sviluppo del Paese, specialmente attraverso le loro scuole, le cliniche e i dispensari. La Chiesa apprezza la libertà, di cui beneficia l’intera nazione, di praticare la propria fede e di realizzare le proprie opere caritative, tra cui quella di offrire ai giovani, che rappresentano il futuro della società, un’educazione di qualità e un esercizio di sani valori etici e umani.

Nelle sue scuole la Chiesa cerca di promuovere una cultura dell’incontro che renda gli studenti capaci di assumersi le proprie responsabilità nella vita della società. In effetti, la grande maggioranza degli studenti e molti degli insegnanti in queste scuole non sono cristiani, ma provengono da altre tradizioni religiose.

Sono certo che, in accordo con la lettera e lo spirito della Costituzione nazionale, la comunità cattolica continuerà a godere la libertà di portare avanti queste buone opere come espressione del suo impegno per il bene comune.

Signor presidente e cari amici,

vi ringrazio per la vostra attenzione e vi assicuro le mie preghiere, affinché nelle vostre nobili responsabilità siate sempre ispirati dagli alti ideali di giustizia e di servizio verso i vostri concittadini. Invoco volentieri su di voi e su tutto il popolo del Bangladesh le divine benedizioni di armonia e di pace. Grazie.

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