La necessaria conversione ecologica

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Eccellenza, Signore, Signori,

sono lieto di accogliervi e vi porgo un cordiale benvenuto a Roma. Ringrazio Monsignor de Moulins Beaufort per aver preso l’iniziativa di questo incontro, in seguito alle riflessioni che la Conferenza dei Vescovi di Francia ha svolto riguardo all’Enciclica Laudato si’, riflessioni a cui ha partecipato un certo numero di esperti impegnati per la causa ecologica.

Facciamo parte di un’unica famiglia umana, chiamati a vivere in una casa comune di cui constatiamo, insieme, l’inquietante degrado. La crisi sanitaria che attraversa attualmente l’umanità ci ricorda la nostra fragilità. Comprendiamo fino a che punto siamo legati gli uni agli altri, inseriti in un mondo di cui condividiamo il divenire, e che maltrattarlo non può che comportare gravi conseguenze, non solo ambientali, ma anche sociali e umane.

Rallegra il fatto che una presa di coscienza dell’urgenza della situazione si riscontri ormai un po’ dovunque, che il tema dell’ecologia impregni sempre più i modi di pensare a tutti i livelli e cominci a influire sulle scelte politiche ed economiche, anche se molto resta da fare e se assistiamo ancora a troppe lentezze e persino a passi indietro.

Da parte sua, la Chiesa Cattolica intende partecipare pienamente all’impegno per la tutela della casa comune. Essa non ha soluzioni già pronte da proporre e non ignora le difficoltà delle questioni tecniche, economiche e politiche in gioco, né tutti gli sforzi che questo impegno comporta. Ma vuole agire concretamente là dove ciò è possibile, e vuole soprattutto formare le coscienze al fine di favorire una profonda e duratura conversione ecologica, che sola può rispondere alle sfide importanti cui dobbiamo far fronte.

In merito a tale conversione ecologica, vorrei condividere con voi il modo in cui le convinzioni di fede offrono ai cristiani grandi motivazioni per la protezione della natura, come pure dei fratelli e delle sorelle più fragili, perché sono certo che la scienza e la fede, le quali propongono approcci diversi alla realtà, possono sviluppare un dialogo intenso e fecondo (cf. Laudato si’, 62).

La Bibbia ci insegna che il mondo non è nato dal caos o dal caso, ma da una decisione di Dio che lo ha chiamato e sempre lo chiama all’esistenza, per amore. L’universo è bello e buono, e contemplarlo ci permette di intravedere la bellezza e la bontà infinite del suo Autore. Ogni creatura, anche la più effimera, è oggetto della tenerezza del Padre, che le dona un posto nel mondo.

Il cristiano non può che rispettare l’opera che il Padre gli ha affidato, come un giardino da coltivare, da proteggere, da far crescere secondo le sue potenzialità. E se l’uomo ha il diritto di fare uso della natura per i propri fini, non può in alcun modo ritenersi suo proprietario o despota, ma solamente l’amministratore che dovrà rendere conto della sua gestione. In questo giardino che Dio ci offre, gli esseri umani sono chiamati a vivere in armonia nella giustizia, nella pace e nella fraternità, ideale evangelico proposto da Gesù (cfr LS, 82). E quando si considera la natura unicamente come oggetto di profitto e di interessi – una visione che consolida l’arbitrio del più forte – allora l’armonia si rompe e si verificano gravi disuguaglianze, ingiustizie e sofferenze.

San Giovanni Paolo II affermava: «Non solo la terra è stata data da Dio all’uomo, che deve usarla rispettando l’intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata; ma l’uomo è donato a se stesso da Dio e deve, perciò, rispettare la struttura naturale e morale, di cui è stato dotato» (Centesimus annus, 38). Tutto dunque è connesso. Sono la stessa indifferenza, lo stesso egoismo, la stessa cupidigia, lo stesso orgoglio, la stessa pretesa di essere il padrone e il despota del mondo che portano gli esseri umani, da una parte, a distruggere le specie e saccheggiare le risorse naturali, dall’altra, a sfruttare la miseria, abusare del lavoro delle donne e dei bambini, rovesciare le leggi della cellula familiare, non rispettare più il diritto alla vita umana dal concepimento fino al termine naturale.

Pertanto, «se la crisi ecologica è un emergere o una manifestazione esterna della crisi etica, culturale e spirituale della modernità, non possiamo illuderci di risanare la nostra relazione con la natura e l’ambiente senza risanare tutte le relazioni umane fondamentali» (LS, 119). Quindi non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo, ed è guarendo il cuore dell’uomo che si può sperare di guarire il mondo dai suoi disordini sia sociali sia ambientali.

Cari amici, vi rinnovo il mio incoraggiamento per i vostri sforzi in favore della tutela dell’ambiente. Mentre le condizioni del pianeta possono apparire catastrofiche e certe situazioni sembrano persino irreversibili, noi cristiani non perdiamo la speranza, perché abbiamo lo sguardo rivolto a Gesù Cristo. Egli è Dio, il Creatore in persona, venuto a visitare la sua creazione e ad abitare in mezzo a noi (cf. LS, 96-100), per guarirci, per farci ritrovare l’armonia che abbiamo perduto, armonia con i fratelli e armonia con la natura. «Non ci abbandona, non ci lascia soli, perché si è unito definitivamente con la nostra terra, e il suo amore ci conduce sempre a trovare nuove strade» (LS, 245).

Chiedo a Dio di benedirvi. E vi domando, per favore, di pregare per me.

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