Chronicon – 6. Le portinaie

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Dopo 30 anni di onorato servizio la signora Antonietta è andata in pensione. Pensione è una parola grossa, visto che la parrocchia non le ha mai dato una lira per il suo servizio di volontariato in segreteria. Per 30 anni, due mattine alla settimana, è sempre stata presente e ha visto tutte le stagioni della segreteria parrocchiale: dai primi anni nei quali lei ha fatto da apripista ad un servizio considerato inedito, agli ultimi, quando l’apparire del mostro che per lei è il computer le ha azzerato le energie residue. Con le altre addette alla segreteria le abbiamo preparato una festa a sorpresa che mi pento di non avere filmato. Tanti i ricordi, le battute, gli abbracci e i baci con l’immancabile lacrimuccia finale.

All’inizio è toccato a me fare il dovuto discorso di saluto. L’ho ringraziata per tante cose. Da una parte per lo sgravio del lavoro di ufficio spesso ripetitivo e noioso: fissare le messe, dare i certificati, prendere le iscrizioni per pellegrinaggi e varie iniziative, dare gli avvisi su quello che accade in parrocchia ecc. Le ho ringraziate tutte perché senza di loro non potrei avere il tempo per una serie di attività che sono importanti per il mio ministero: andare da un malato, ascoltare una confessione, celebrare un funerale ecc. Qualche volta anche potermi assentare dalla parrocchia: è possibile perché ci sono loro. Ho anche chiesto scusa, ad Antonietta e alle altre segreterie presenti, perché a volte le trascuro. Sono loro, le persone più vicine e quotidiane, che vedono meglio i miei difetti e li sopportano. A volte passo velocemente con troppa fretta dalla segreteria. Mi dico sempre che dovrei rallentare e chiedere anche a loro qualche volta come stanno…. Ma non sempre ce la faccio.

Ma al di là di quello che ho detto, tutti i presenti alla festa sapevano bene che la segreteria è un punto strategico della comunità parrocchiale. Da qui si deve passare. In realtà è una delle tante soglie che rendono una parrocchia accessibile, non l’unica ma di certo una delle più importanti. Mi piace pensare che l’accoglienza passa anche dalla cura per le soglie e dallo stile di chi le abita e le custodisce: sono le nostre “portinaie”, nel senso nobile del termine. Un portinaio arcigno e ombroso è un bel problema, ma una portinaia troppo ciarliera e pettegola lo è altrettanto. Come pure non basterebbe una semplice porta aperta senza nessuno. Le soglie vanno abitate.

La segreteria poi è il primo sportello tra la gente e una comunità. Avverto subito il pericolo: “sportello” evoca un servizio burocratico, certificati, ricevute, avvisi ecc. Già questa è una sfida, quella di stare allo sportello senza essere dei burocrati! Ci riusciva benissimo Antonietta ma anche molte altre delle segretarie, perché ci mettono un pizzico di gratuità e di affetto. Vengono chiedendo di tutto, e a volte portano in segreteria anche fatiche e malumori. Penso che una segretaria deve avere attitudini simili a quelle di un confessore: ascoltare con benevolenza e saper custodire sentimenti e frammenti di vita che vengono consegnati da chi passa anche solo per un certificato. Qualcuno arriva con un bambino da battezzare, altri con un congiunto che è defunto, e le prime ad accogliere quei frammenti di vita sono loro!

Mentre festeggiavamo Antonietta si sentiva una certa gioia e un clima disteso. Prego sempre che non venga mai meno perché so che è un equilibrio delicato e incerto. All’inizio di ogni anno devo con perizia pensare agli abbinamenti delle segretarie, e stare attento che si crei un buon clima di comunicazione senza il quale tutto è compromesso. Mi pare che sia una metafora della parrocchia: custodire un clima sereno e far circolare bene le notizie è un modo per far crescere la comunione.

Mentre stavamo per finire la festa, Antonietta ha cominciato a mettere in ordine la scrivania della segreteria, come se fosse un giorno come tutti gli altri. Lei poi è una maniaca dell’ordine e non sopporta tutti i post-it che le altre segretarie lasciano in ogni angolo per comunicare qualcosa. Tutti si sono messi a prenderla in giro per questa sua mania, e bisogna dire che la vita di una segreteria e di una parrocchia è anche questo: un ricettacolo di manie che devono convivere con una certa difficoltà. Anche io in effetti ho le mie: quando entro in segreteria mi infastidisce tantissimo vedere che come sempre hanno lasciato il computer acceso… Ma forse è un esercizio che fa bene a tutti quello di sopportare le manie altrui come gli altri sopportano le nostre, e soprattutto non farne una questione di principio. In genere quando accade significa che stiamo difendendo non dei principi ma noi stessi.

Ora Antonietta è andata a casa, ma io so che la rivedrò ugualmente spesso, in chiesa nel suo banco preferito, semplicemente a pregare. Rimane come una semplice fedele, e forse per questo sarà ancora più preziosa. Si può andare in pensione come segretaria, ma non si finisce mai di essere “fedele”, anzi lo si diventa a pieno titolo proprio quando non si altro da dare che credere.  Succederà anche a me un giorno, lo so, e ti chiedo, Signore, di aiutarmi quel giorno ad essere pronto!

don  Giuseppe

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