Parrocchia: l’Istruzione controversa

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La recente Istruzione sulla parrocchia della Congregazione per il clero, oltre allo slancio missionario raccolto dalla visione di papa Francesco ha in sé anche alcune criticità rispetto a una efficace riconfigurazione della parrocchia nel contesto odierno (cf. SettimanaNews). Il documento rischia di mettere in discussione molte realtà parrocchiali che si stanno sviluppando in maniera interessante dal punto di vista pastorale (in Francia, Stati Uniti e Germania – per esempio). In particolare, vescovi e teologi tedeschi hanno espresso un giudizio piuttosto negativo sulla Istruzione vaticana. Per quali motivi?

L’Istruzione La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa, edita dalla Congregazione per il clero il 20 luglio scorso, ha suscitato nella Chiesa una raffica di commenti: molti improntati a una critica negativa, altri più positivi.

Una carrellata di reazioni

La discussione è stata molto vivace un po’ dovunque, ma soprattutto in Germania dove da alcuni mesi è stato intrapreso il Synodaler Weg, il cammino sinodale per il rinnovamento della Chiesa tedesca, ora rallentato dalla pandemia del Covid-19.

In questo paese sono molti i vescovi e anche i teologi che hanno espresso pareri molto critici su questa Istruzione.

Ne citiamo alcuni: Gerhard Feige, vescovo di Magdeburgo, ha definito l’Istruzione «lontana dalla realtà». Oltre all’irritazione suscitata, avrebbe anche creato un senso di impotenza. Ovviamente – ha sottolineato – la situazione estrema in cui si trova la sua diocesi (ex Germania est) non può essere immaginata a Roma.

La diocesi di Magdeburgo è una Chiesa missionaria, che vive da decenni in una situazione di diaspora. Alla luce dei drammatici cambiamenti non serve molto evocare principi nobili e fare riferimenti canonici. Le condizioni devono invece essere considerate e discusse in modo responsabile e sensibile, oltre che creativo e coraggioso, in cui forme di parrocchie e comunità possano continuare ad esistere e a vivere fino in fondo il loro mandato missionario. «Ogni parrocchia – conclude Feige – deve trovare la propria strada nel futuro».

Aspre le critiche anche dei vescovi Franz-Josef Bode (Osnabrück), Peter Kohlgraf (Magonza) e Franz-Josef Overbeck (Essen).

L’arcivescovo di Bamberg Ludwig Schick ha affermato che l’Istruzione ha recato «più danni che benefici» alla Chiesa e al suo mandato missionario e ha definito il documento teologicamente carente.

L’arcivescovo Stephan Burger ha dichiarato di voler mantenere la riforma parrocchiale nell’arcidiocesi di Friburgo, nonostante il documento del Vaticano, mentre il vescovo Stephan Ackermann si è rammaricato che l’Istruzione limiti la responsabilità personale dei vescovi e delle diocesi.

Il cardinale di Monaco, Reinhard Marx, ha chiesto che ci sia un maggiore ascolto reciproco nella Chiesa. L’Istruzione  – ha detto – ha seminato sfiducia e approfondito i fossati, che portano a nuove divisioni e tensioni. «In questo modo non si produce alcun frutto… Per leggere i segni dei tempi alla luce del Vangelo, bisogna prima avere la sensibilità di ascoltare. Ma decisivo è il passo successivo: comprendere. Non possiamo comprendere da soli. Lo possiamo soltanto se lo facciamo insieme  nella Chiesa. Ciò vale per la Chiesa intera quando cerca la via  per diventare missionaria e annunciare il Vangelo».

Oltre ai vescovi, anche diversi rappresentanti della Chiesa e teologi tedeschi hanno criticato il documento come regressivo.

Di diverso parere invece il card. Rainer Maria Woelki di Colonia – la più grande diocesi della Germania – il quale ha elogiato l’Istruzione. «Sono grato che papa Francesco – ha detto – ci indichi la strada con questo strumento. Il documento contiene molti stimoli e suggerimenti per una partenza della Chiesa. Allo stesso tempo, ci ricorda le verità fondamentali della nostra fede, che a volte possiamo perdere di vista, soprattutto in Germania, quando siamo troppo ripiegati su noi stessi».

«Non siamo noi che creiamo la Chiesa – ha aggiunto – e la Chiesa non è nostra, ma di Gesù Cristo. Il Signore stesso ha fondato la Chiesa e con essa i sacramenti e il sacerdozio speciale. Papa Francesco rimette a posto alcune cose, non come misura sanzionatoria, ma come incoraggiamento a fare affidamento interamente su Cristo per diventare di nuovo una Chiesa missionaria».

Dallo stesso parere anche mons. Meier, di Augsburg, che nell’Istruzione ha trovato parole positive e ha affermato che la sua diocesi può «vivere bene» con le nuova Istruzione del Vaticano.

Il parere del card. Walter Kasper

Più articolato il parere del card. Walter Kasper, attualmente cardinale emerito della Curia romana. Dal 1989 fino al 1998 è stato vescovo di Rottenburg-Stuttgart e, dal 2010, presidente del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani. È ritenuto uno stretto consigliere di papa Francesco.

In un commento per Dom Radio, lunedì scorso 27 luglio – che qui pubblichiamo di seguito – ha espresso il suo parere in maniera pacata ed equilibrata.

«Ho seguito la discussione sull’Istruzione, che ha sorpreso anche me, solo attraverso i media. Quando poi ho studiato il testo, sono rimasto stupito che la critica tedesca ignori del tutto la vera preoccupazione dell’Istruzione, quella della conversione pastorale per una pastorale missionaria. In questa preoccupazione di fondo si riflette in modo fortemente attuale proprio ciò che sta a cuore a papa Francesco in seguito all’inquietante numero di abbandoni della Chiesa recentemente pubblicati.

D’altra parte, in Germania sono stati chiaramente trascurati i primi capitoli e la sintesi dell’Istruzione, dove si parla ampiamente della comune responsabilità di tutto il popolo di Dio e dell’intera comunità come soggetto di questa pastorale missionaria. La critica riguarda soprattutto le considerazioni sul posto del parroco all’interno (!) dell’intera compagine. Io devo dire di essere riconoscente per queste considerazioni perché la persistente discussione sul celibato, il sacerdozio alle donne, sulle équipe dirigenziali e via dicendo, ha finito – comunque si voglia rispondere a questi interrogativi – per far sì che nessun giovane sa più a che cosa deve impegnarsi qualora decida di scegliere la vocazione sacerdotale.

Un dibattito responsabile della mancanza di preti?

Con una tale diffusione di identità dell’immagine del prete si produce – oltre alle altre cause – esattamente quella mancanza di preti che si vuole contrastare. Se non si riesce a creare nuovamente nelle comunità un clima di accettazione, di riconoscimento, di significato e della bellezza della vocazione sacerdotale (con tutti i problemi che ci sono anche nei compiti della leadership laica), allora possiamo dire addio anche a tutte le altre riforme.

Con l’accentuazione teologicamente legittima della corresponsabilità del prete in quanto parroco della comunità, nell’Istruzione, a mio parere, non c’è nessuna parola che escluda – anzi al contrario riconosce – proprio oggi – che molti compiti non originari del prete devono e possono essere delegati.

Il fatto che questi collaboratori non siano solo semplici assistenti o perfino destinatari di ordini lo si capisce oggi da sé nell’ambito della cultura aziendale. Questo è particolarmente vero nella Chiesa, dove la responsabilità ha un carattere personale – biblicamente, di testimonianza personale – e non si può nascondersi dietro ad anonime strutture ed équipe dirigenziali.

Responsabilità nella collaborazione

Quando si dice che il consiglio parrocchiale ha una funzione consultiva, nel senso del diritto canonico, ciò non significa che il parroco possa trattare questi consigli a proprio piacimento, secondo il motto: «Consigliate pure quello che io ho già deciso». La consultazione di un organo ufficiale ha un peso morale ai sensi del diritto canonico e, nel caso ci si discosti, deve essere obbligatoriamente giustificato.

Nell’Istruzione non si può parlare di un neoclericalismo autoritario. Sarebbe così se il vescovo potesse «per ordre Mufti», per decreto, trasformare le parrocchie, sopprimerle, fonderle. Ma questo è esattamente ciò che l’Istruzione vuole impedire e vincolare il vescovo a criteri e procedure «secondo uno stato di diritto» e giuridicamente applicabili. Simili norme giuridiche dovrebbero ora esistere a livello diocesano per i parroci nei riguardi dei collaboratori. Tuttavia, questa non può essere una questione di un’Istruzione per la Chiesa universale.

La mia critica al documento

Vorrei infine concludere con alcune osservazioni su ciò che dell’Istruzione non mi piace:

  • Sarebbe stato meglio se avesse suscitato meno risentimenti e avesse corrisposto meglio all’idea sinodale del papa, facendo in modo che la pubblicazione fosse preceduta da una consultazione congiunta con i presidenti delle conferenze episcopali in questione.
  • Nella seconda parte dell’Istruzione si parla in maniera unilaterale canonicamente critica per delimitare ed escludere. Avrei desiderato un linguaggio più positivo, incoraggiante e di apprezzamento.
  • I laici impegnati in molte parti della Chiesa universale, in particolare le donne, che spesso tengono unite le comunità in situazioni difficili così e che senza il loro servizio la maggior parte delle parrocchie sarebbero da lungo tempo crollate, avrebbero meritato un parola esplicita di ringraziamento, di incoraggiamento e di riconoscimento».

Mercoledì 29 luglio il card. Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, ha dichiarato alla KNA la disponibilità della Congregazione a un incontro “a tempo debito” con i vescovi tedeschi, se “essi lo desiderano”.

 

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Un commento

  1. Stefania Manganelli 30 luglio 2020

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