I ruoli nella comunità /4

di:

nardello1

L’avvio della fase di ascolto del processo sinodale ha già dato vita a numerosi gruppi di riflessione e di confronto che dovrebbero valorizzare al meglio il senso di fede dei credenti e far emergere ciò che lo Spirito suggerisce alle nostre Chiese italiane.

Anche se questa fase si preannuncia tecnicamente molto complessa, si può essere certi che avrà un esito positivo. Già in molte altre occasioni le varie comunità cristiane hanno attivato percorsi analoghi, e anche se difficilmente hanno fatto emergere contenuti innovativi, almeno per coloro che sono più addentro al cammino ecclesiale hanno comunque rappresentato un momento di arricchimento reciproco e un’occasione preziosa per conoscere esperienze diverse dalla propria.

L’auspicio di papa Gregorio nella “Regola pastorale”

La vera sfida del percorso sinodale inizierà probabilmente quando si tratterà di tradurre le indicazioni emerse dalla fase di ascolto e da eventuali documenti in strategie di riforma, cioè di effettivo cambiamento delle Chiese locali.

A mio parere, su questo aspetto siamo quasi completamente sprovvisti di strumenti, preferendo pensare che idee ampiamente condivise saranno spontaneamente recepite e attuate da tutti. In realtà, qualunque persona che abbia un po’ di esperienza nel mondo delle organizzazioni sa bene che ogni riforma richiede di superare passo per passo una serie infinita di resistenze, soprattutto attraverso l’interazione diretta con le persone che le pongono, pena il fallimento del processo di cambiamento.

A causa di tale ingenuità, forse al termine del percorso sinodale resteremo come disorientati davanti alla fatica di attuare le riforme auspicate, e finiremo per convincerci che, se le cose non cambiano, occorre ricominciare dall’ascolto della voce dello Spirito. In realtà, si tratterebbe solo di tradurre nella prassi ciò che lo Spirito stesso ci ha già detto chiaramente e molte volte, e non di ricominciare tutto da capo.

Ciò non toglie che la fase di ascolto che stiamo affrontando, come quelle che abbiamo già vissuto in passato, siano assolutamente necessarie.

A questo riguardo, anche Gregorio Magno sostiene che un pastore deve ascoltare le persone della sua comunità. In un passaggio della sua Regola pastorale scrive: «È soprattutto necessario che la cura del governo delle anime sia temperata da tanta sapiente moderazione che i sudditi possano esprimere con libera parola quanto hanno rettamente avvertito, anche se poi questa libertà non deve essere tale da erompere in superbia; perché non accada che, se si concede ai sudditi un’eccessiva libertà di parola, essi abbiano poi a perdere l’umiltà della vita. Bisogna pure sapere che è opportuno che le buone guide delle anime desiderino di piacere agli uomini, ma solo per attirare il prossimo all’amore della verità attraverso la dolcezza della stima che esse ispirano; non per desiderare di essere amate, ma per fare dell’amore di cui sono oggetto come una via attraverso la quale introdurre all’amore del Creatore i cuori di coloro che ascoltano. Poiché è difficile che, per quanto dica la verità, sia ascoltato volentieri un predicatore che non è amato (Regola pastorale, II, 8).

Gregorio ritiene che il pastore debba moderarsi, cioè arginare il suo potere decisionale affinché questo non ostacoli la libera espressione delle persone della sua comunità. Nello stesso tempo, però, deve impedire che tale libertà degeneri nella superbia. In effetti, alcune persone particolarmente bisognose di assumere ruoli di rilievo possono fraintendere l’atteggiamento di ascolto del pastore, ritenendo che sia indicativo della sua disponibilità a lasciarsi guidare da loro. Questi fraintendimenti possono poi spingere queste persone a pensare che il pastore si atterrà alle loro indicazioni, dal momento che le ha chieste, al punto da non essere poi disposte ad accettare eventuali sue scelte diverse.

Franchezza e umiltà

Fortunatamente l’orientamento del cammino sinodale della Chiesa italiana prevede che l’ascolto avvenga prevalentemente in gruppi sinodali, nei quali non c’è una figura dominante. Nonostante questo, alcune persone potrebbero comunque vedere questo momento di ascolto come un’occasione per plasmare la loro diocesi secondo le loro convinzioni e aspettative, al punto da porre poi forti resistenze alle decisioni che verranno prese se non collimeranno con le loro istanze. Anche per questo la fase attuativa del percorso sinodale sarà molto complessa.

Forse Gregorio mette in guardia i pastori dal pericolo di alimentare la superbia nel cuore dei fedeli attraverso la loro disponibilità all’ascolto anche per evitare che questi fedeli pongano poi forti resistenze ad eventuali decisioni non gradite.

Noi, a fronte della difficoltà a portare avanti la riforma della Chiesa italiana e delle nostre diocesi, possiamo permetterci di ricominciare ad ascoltare – anzi, forse lo abbiamo già fatto –, ma Gregorio non aveva questa possibilità, avendo problemi ben più drammatici dei nostri. Viveva alla fine di un’epoca, quella del mondo romano antico, ormai devastato dalle invasioni barbariche, ed era l’unica guida spirituale e politica di un popolo che guardava a lui per capire cosa stesse succedendo e quali fossero i disegni di Dio. Non poteva permettersi che la sua leadership fosse indebolita da una schiera di persone arroganti.

Nonostante questo, Gregorio valorizza l’atteggiamento dell’ascolto, al punto da renderlo auspicabile anche quando presumibilmente non porterà ad enucleare idee nuove. A suo giudizio, infatti, il pastore deve ascoltare le persone della sua comunità anche per essere amato da loro, e poter così essere a sua volta ascoltato volentieri. Chi ascolta, infatti, trasmette un senso di umiltà e una stima dell’altro che rende amabili e che apre molte porte. Così, il cammino sinodale che abbiamo intrapreso potrebbe avere come obiettivo primario quello di far sentire ogni cristiano apprezzato al punto da essere degno di essere ascoltato, in modo che a sua volta si renda più disponibile all’ascolto.

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