Spiritualità e quotidiano

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«Se è vero che la spiritualità richiede tempi e luoghi specifici per essere vissuta pienamente e con profondità, è anche vero che il suo spazio proprio è la vita ordinaria, quella di tutti i giorni». Pubblichiamo di seguito l’introduzione al Dossier del numero di Orientamenti Pastorali 5/2023. La rivista Orientamenti Pastorali è espressione del «Centro di orientamento pastorale» (COP), associazione che contribuisce allo sviluppo della ricerca e dello studio pastorale nella Chiesa italiana, offrendo strumenti di aggiornamento e di formazione.

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Che cos’è la spiritualità per l’uomo d’oggi che vive una vita presa da molti impegni? La parola sembra alludere a una dimensione «altra», sempre ulteriore rispetto a quella che si vive ordinariamente. Pare forse rinviare a un tempo tranquillo, festivo, privo di impegni che distraggono lo spirito da ciò che più conta. In ambito cristiano, poi, a volte si pensa che la spiritualità sia un discorso riservato a persone ben formate e ferventi: una sorta di passo in più, di passo in avanti. Se è vero che la spiritualità richiede tempi e luoghi specifici per essere vissuta pienamente e con profondità, è anche vero che il suo spazio proprio è la vita ordinaria, quella di tutti i giorni, anche quando essa diventa caotica e presa da ritmi faticosi.

Il dossier
  1. Per una spiritualità del quotidiano (Luciano Manicardi)

Due domande si pongono: quali elementi devono contribuire a comporre la fisionomia di una spiritualità del quotidiano? Quale fondamento può ispirare un approccio spirituale cristiano al quotidiano? Nulla esiste al di fuori del quotidiano. Per questo esso esige obbedienza e ribellione, simpatia e presa di distanza. Viverlo spiritualmente significa coglierlo come invito ad andare in profondità, ad entrare nella propria interiorità, ad abitare la propria umanità per inventare pratiche quotidiane illuminate dal senso e abitate dalla gratuità.

  1. Ritorno del «religioso» e spiritualità cristiana (Francesco Cosentino)

In tempi di «ritorno del religioso», di inflazione di spiritualità, di bulimia spirituale, è urgente chiarificare che cos’è lo «spirituale cristiano» e mettere in atto una critica dello «spirituale». Oggi, su questo argomento c’è confusione: sincretismi diffusi, New Age, spiritualità orientaleggianti, si accompagnano alla diffusa indistinzione tra psichico e pneumatico, tra affettivo e spirituale. A quali condizioni è possibile una vita spirituale incastonata nella frammentazione dei giorni feriali?  

  1. Ferialità della vita e vangelo (Dario Vivian)

Il quotidiano, inteso come dimensione dell’esistenza, è l’ambito probabilmente più esteso – in termini sia di quantità che qualità di esperienze – in cui le nostre vite si forgiano. Secondo l’etimologia del termine, «quotidiano» è una parola che rimanda al tempo: essa designa l’«ogni giorno», «ciò che accade ogni giorno». Nell’idea di «quotidiano» sta l’idea di una ripetizione che ha come ritmo specifico la giornata; insieme, sta l’idea che i giorni di cui si parla siano ordinari, «qualunque», che siano tutti uguali, interscambiabili. Proprio perché vi siamo immersi, richiede attenzione e riflessione. Come il Vangelo ci interpella su questa dimensione esistenziale? 

  1. L’umanità di Gesù (Giulio Michelini)

Cogliere la dimensione di Gesù come rivelatore di Dio nella sua umanità porta a vedere i vangeli come scuola di umanizzazione, come ispiratori di un’arte del vivere, come portatori di una parola capace di trasformare la nostra umanità a immagine dell’umanità di Dio che è Gesù di Nazaret. Si tratta di «valorizzare la dimensione sapienziale della persona e della figura di Gesù» e di vedere come «Gesù si rapporta al quotidiano e ci insegna a vivere la nostra umanità nel quotidiano». Questa centralità teologica dell’umanità di Cristo può diventare centralità spirituale per rinnovare profondamente la comprensione e la pratica della vita cristiana nel concreto della quotidianità.

  1. «Questo è il mio corpo» (Rinaldo Ottone)

Se Dio stesso si è incarnato, noi dobbiamo seguirlo su questo cammino. Incarnarci nella nostra carne personale – tutta la nostra carne – è la cosa più difficile ed esigente. Il corpo è la via dalla quale non si può prescindere per lo scambio tra gli uomini e la comunione con Dio. È ancora presente – soprattutto in un certo modo di intendere la spiritualità – ritenere che la ricerca di Dio si porta avanti a rischio dell’umano, a detrimento dell’umanità, nell’astrazione spirituale. Molti pensano che sacrificare in noi la dimensione umana permetta di meglio accedere al divino. L’ideale di queste illusorie vie mistiche si fonda sulla pretesa di favorire la vita spirituale disincarnandola, liberandola dal corpo, dalle sue esigenze, negano la nostra verità di carne. Dio ci ha voluti e fatti con questa carne che viene da lui, ed è l’unica via per trovarlo, l’unico luogo in cui incontrarlo e il solo modo che abbiamo per raggiungerlo.

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