5 stelle: un problema dell’Italia

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politica

Tutto nasce da un problema concreto-concreto, al cuore dell’Italia prima di ogni cosa – il “tengo famiglia” supplice per quella pietà che fa la piaga cancerosa.

La questione è: che fare con tutti gli attuali parlamentari a cinque stelle, arrivati al potere dal nulla e che nel nulla potrebbero fra poco tornare? Infatti con la riduzione della rappresentanza al parlamento di un terzo e l’atteso dimezzamento dei voti alla formazione politica, il numero di deputati e senatori M5s alle prossime elezioni potrebbero essere al massimo un terzo dell’attuale.

Due terzi sarebbero necessariamente fuori e disoccupati, quindi già urlano “tengo famiglia” declinato in varie forme.

Allora tanto vale azzerali tutti, mantenere la promessa dei due mandati, e sostituirli con coloro che aspettano fuori, come ha annunciato Beppe Grillo, guru del movimento.

Ma che fare di quelli di ora? Luigi Di Maio, 34enne attuale ministro degli esteri, seguirà il destino di Irene Pivetti, presidente della Camera a 25 anni e ora quasi VIP ectoplasmatica dello spettacolo?

Il neo capo dei M5s, l’ex premier Giuseppe Conte pare stia meditando e mediando.

Intanto, la Casaleggio associati, un altro pezzo importante del M5s, deve essere gestita anch’essa. Chiede il saldo di debiti, e dietro i soldi c’è una re-definizione del suo mandato e i suoi poteri. Erede legale e morale di GianRoberto, il figlio Davide pare non abbia il bernoccolo della politica né ha le visioni “new internet age” del padre.

Con Davide Casaleggio, Conte discute e minaccia cause. Ma i pentastellati finirebbero a pezzi se decidesse di risolvere la questione nelle aule di un tribunale.

Questi elementi moltiplicano ed esasperano le già mille tensioni ideali e personali nel M5s tanto che forse esso potrebbe presto dissolversi nel nulla.

In effetti, al di là dei contratti stipulati dai singoli con la Casaleggio e dell’autorevolezza di Grillo, manca al movimento l’elemento di tutti i partiti del mondo – l’organizzazione.

Il caso dei M5s è il più estremo ed eclatante ma tutti gli altri partiti soffrono in varia misura degli stessi mali.

Partiti senza pensiero

Difettano a ognuno gli istituti di formazione che in Usa sono i think tank, in Cina è la Scuola di Partito, entrambi autentici centri nevralgici di lungo termine della nazione. E manca la cooptazione dei migliori, che in ogni paese è parte integrante e costante (non occasionale) del ruolo della politica e organizza e canalizza le esigenze del popolo e le spinte del futuro.

Senza formazione o cooptazione i partiti si avvitano intorno a parlamentari il cui unico scopo è mantenere il proprio posto di lavoro, come fossero operai del Siderurgico di Taranto, che avvelenerà gli altri ma intanto “io tengo famiglia”.

Così i partiti, non solo gli M5s, si stanno dissolvendo, perdono contatto con il popolo che infatti spesso non vota, né capiscono i tempi, che infatti li travolgono. Ciò diventa un problema di sistema.

La costituzione italiana si regge sulla base dei pilastri dei partiti, che nella loro dialettica aperta avrebbero dovuto impedire l’accentramento di potere avvenuto coi fascisti o minacciato dai comunisti.

Senza partiti lo stato stesso è spogliato e il sistema non gira creando un vuoto pneumatico in cui c’è un’anarchia di fatto che apre a virate autoritarie, dato che in politica, come in fisica, il vuoto non resiste.

Questo genera ed è generata, in un circolo vizioso, dalla carenza di politica estera e carenza di grandi imprenditori patriottici.

Esempio lampante di mancanza di politica estera è la gestione del recente caso di spionaggio a favore della Russia. Di Maio ha affermato di auspicare che questa non dia origine a una escalation, probabilmente non rendendosi molto conto di quel che succede.

Infatti questa è una escalation. Casi di spionaggio simili non si trovano da oltre un secolo, se ha ragione Germano Dottori citando la vicenda dell’ammiraglio italiano scoperto spia austriaca all’alba della prima guerra mondiale.

Se il caso è esploso è forse perché l’Italia è terreno di caccia di spie di ogni tipo e di ogni paese, vicino e lontano. Sentono il disfacimento in atto e le forze di sicurezza cercano di reggere la situazione pur senza un indirizzo politico chiaro da anni.

Quindi questa operazione contro i russi che significa? Dice che l’Italia oggi sta ridefinendo la sua politica estera oppure è un segnale solo contro i russi colpevoli di essere eccessivamente attivi, o entrambi o altro?

La politica estera poi è funzione della politica interna e degli interessi nazionali che si determinano anche a partire dalle forze produttive, ma qui ci sono ancora altri problemi.

I grandi imprenditori fuggono all’estero anche per ragioni fiscali. Questione di sopravvivenza, giusta dal loro punto di vista. Ma fuori dall’Italia aziende come Fiat, Ferrero o Pirelli sono più deboli. Con l’indebolimento dello stato Italia e la progressiva evanescenza del proprio “marchio nazionale” i marchi di impresa diventano più eterei, galleggianti.

Qui il gatto si morde la coda. Lo stato ha bisogno di imprese, senza di esse si svuota, e le imprese hanno bisogno di uno stato che li aiuti a crescere.

Né l’industria statale fa meglio. Dopo la fine dell’IRI, le vecchie aziende a partecipazione statale sono state assemblate e scorporate più volte senza forse enormi successi. Né il recente rilancio di Cassa Depositi e Prestiti sembra avere avuto un impulso miracoloso, anzi, visto che le sue azioni spesso non hanno obbedito a logiche di mercato ma solo di potere.

La realtà

È un corto circuito quindi fatale tra partiti, istituzioni dello stato, imprese, politica estera in cui manca la capacità di pensare, o forse meglio: sembra essersi persa in molti di noi la capacità di ascoltare sul serio, essere consoni alla realtà, parafrasando Papa Bergoglio in un suo saggio[1] e quindi acquisire la capacità di rispondere alla realtà in maniera adeguata.

Scrive il papa: “La realtà rivendica sé stessa, perché «non viene trattata come le spetta». Nella realtà c’è un dinamismo che è capace di di­fenderne la «comprensibilità» quando si arriva a un certo limite di incomprensibilità.”

La realtà in questo caso è che il mercato e la politica devono essere retti da regole apparentemente spietate in realtà pietose, come ricorda anche Franco Debenedetti nel suo Fare profitti. Serve proprio per mantenere la pietà verso le tante persone di carne e ossa che devono avere occasioni di rifarsi una vita e non semplicemente trascinarsi in una vita sempre più stentata.


[1] La Civiltà Cattolica 3/17 aprile 2021 Anno 172 Interpretare la realtà: un inedito di Jorge Mario Bergoglio S.I.

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