Altro che verdi: rischiamo cibi grigi

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I direttori dei settimanali diocesani del Triveneto firmano insieme l’editoriale dell’inserto comune dedicato al tema dell’agroalimentare. L’inserto “Bio Buono Giusto” esce con la data del 30 giugno nei settimanali diocesani del Nordest, una distribuzione in più di 100.000 copie. Propone una carrellata di esperienze nuove che hanno per protagonisti soprattutto giovani. Tutte sono caratterizzate dalla scelta del biologico, del non spreco e dell’attenzione per le persone e il loro lavoro.

La mangereste una bistecca che costa 10 € al chilo anziché 20, ma che è stata prodotta dando ormoni e antibiotici ad un bovino? Lì per lì, quasi tutti diremmo di no. Ma quando questo succederà, e cioè forse nel giro di un paio d’anni, cosa accadrà davvero?

Sì, perché questo potrebbe essere uno degli esiti dell’approvazione del TTIP, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti. Si tratta di un accordo, su cui si sta discutendo dal 2013, fra Europa e Stati Uniti per azzerare i dazi doganali e, soprattutto, per annullare gli ostacoli posti da normative differenti su generi alimentari, farmaci e investimenti finanziari.

L’obiettivo è cioè di appianare le differenti regole, che impediscono a un prodotto americano di essere venduto in Europa e viceversa solo a causa di normative diverse. Di per sé l’idea è buona: è come arrivare a parlare una stessa lingua anziché due; ovvio che ci si capisce subito e tutto va meglio. È come avere l’euro anziché tante monete diverse: si gira il continente e si compra o si commercia senza fastidiosi cambi di valuta.

Secondo i fautori del TTIP, a trattato operativo ci sarà un aumento degli scambi commerciali, con conseguente crescita dell’occupazione e della ricchezza. Probabile. Ma quale occupazione? E più ricchezza per chi?

E le tutele per tutti cresceranno o si allenteranno? Queste le domande su cui si gioca la partita del TTIP. Se in nome della liberalizzazione si arriverà a vendere le bistecche agli estrogeni o il mais «perfetto» grazie ai fitofarmaci, sia pure a buonissimo prezzo, non c’è da rallegrarsi. E chi diventerà più ricco? Il titolare di un caseificio di Rovigo e un’azienda vitivinicola di Udine oppure la multinazionale statunitense o tedesca?

La risposta sembra chiara e non conduce verso l’equa distribuzione della ricchezza. Oltretutto, tra le pieghe del trattato c’è anche l’introduzione delle cause per “perdita di profitto”, da intentare da parte delle imprese contro i governi che regolassero produzione e commerci in maniera restrittiva.

E pensate che possa essere il produttore di prosecco di Conegliano o i negozi a chilometri zero di Bolzano ad aprire una causa legale contro, poniamo, il governo francese o quello del Canada?

Questi e altri esempi non sono fatti a caso: sono alcuni di quelli raccontati in questo inserto, che raccoglie una dozzina di belle esperienze realizzate nel territorio dei settimanali diocesani del Nordest. Esperienze da conservare e far crescere.

E la maggiore occupazione in casi di TTIP sarà certamente buona? Che contratti e che tutele verranno applicati ai lavoratori?

Ancora, e non ultimo: quanto sarà sostenibile il TTIP dal punto di vista ambientale? Perché da domani ammetteremo (pare) 82 fitofarmaci finora vietati in Europa ma permessi negli Usa? E dal punto di vista della tutela della salute dei consumatori? Già, perché non rende del tutto tranquilli l’atteggiamento “sbarazzino” degli Usa nei confronti della chimica e della tecnologia applicate all’agro-alimentare. Certo, si produce di più, ma…

Papa Francesco, nella Laudato si’, sottolinea più volte – parlando di agricoltura e alimentazione – rischi che assomigliano a quelli qui ventilati: dalla concentrazione delle proprietà alla precarizzazione del lavoro, dalla follia dello spreco per troppa produzione all’imprevedibilità dell’impatto ambientale di certe tecnologie.

Non siamo per un no secco al trattato. Ma il TTIP può essere una cosa buona solo se tiene alta l’asticella: se aumenta la ricchezza ma a patto che sia distribuita equamente, perché la persona viene prima del profitto; se accresce la disponibilità di prodotti purché bistecche, pomodori e arance siano salubri nella misura più alta; se incrementa produzioni e commerci, ma solo se contemporaneamente diventa più lieve l’impatto sull’ambiente.

A queste condizioni si crea sviluppo e non solo crescita. Cioè qualità della vita e non solo quantità del PiL A queste condizioni si promuove l’uomo e non lo si sfrutta. E solo così il TTIP può davvero avvicinare le due sponde dell’Atlantico senza rischiare di spaccare il pianeta.

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