Avvenire-Grillo: questione di stile

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Dopo l’intervento di Rosati sull’intervista di Grillo ad “Avvenire” (qui), pubblichiamo di seguito le riflessioni di Masciarelli. Un dibattito utile e vivace nel mondo ecclesiale.

Il cristianesimo è questione di stile

La parte narrativa ce la risparmiamo volentieri circa due interviste: la prima data ad Avvenire da Beppe Grillo il 19 aprile scorso; la seconda realizzata dal Corriere della sera con il dott. Marco Tarquinio, direttore del quotidiano “cattolico”, lo stesso giorno.

Non ripercorriamo i fatti ma concentriamoci su un grappoletto di domande: Qual è il senso della fumbulesca connessione fra i due interventi? Che bisogno c’era di farla? Si voleva creare un alone mediatico più ampio e più marcato al dialogo tra il dott. Tarquinio e il Signor Grillo? Come mai questa sincronizzazione? Qual è il fine dell’escamotage? Domande secondarie? Chissà…

L’attenzione attizzata sui due dialoghi presenta più di un approccio interpretativo. Il mio intervento riguarda meno il lato politico e più, invece, lo stile ecclesiale che investe il doppio episodio giornalistico. Interessa qui il secondo approccio per un convincimento fortemente costruito: si può convergere con l’intuizione del teologo Christoph Theobald secondo cui il cristianesimo è anche “questione di stile”.

Beppe Grillo

Beppe Grillo (foto LaPresse)

Lo stile dell’interrogazione

Se vuoi essere discreto, interroga. Si potrebbe dire così anche nei rapporti all’interno della Chiesa; ed è ciò che intendo fare qui per una riflessione ecclesiale che – lo dico adesso e lo ribadirò alla fine – ha urgente bisogno di ispirarsi alla sinodalità, una parola capitale del magistero di papa Francesco, che è addirittura una parola da millennio…

Prima domanda – Si ha difficoltà a qualificare (o solo a chiamare) Avvenire: è un quotidiano “cattolico”? Un mezzo di comunicazione può avere una simile qualificazione? Noi usiamo dire: Civiltà cattolica, Università cattolica sono due esempi eccellenti dell’impegno di laici e di religiosi cattolici, ma la loro opera può essere chiamata… cattolica? Forse sarebbe difficile accordare il sì a questa domanda, avendo per matrice necessaria (ma è ancora obbligante il Concilio o è un optional?) la Gaudium et spes (n. 36).

Seconda domanda – Avvenire è il quotidiano dei cattolici italiani? È avventato dire di sì. Il cosiddetto “mondo cattolico” non ha subìto una balcanizzazione evidente? In modo verace e non fittizio, è un quotidiano che davvero dà spazio alle variegate realtà ecclesiali d’Italia? Si dà in esso larga e goduta ospitalità alle Chiese in Italia, cioè a pastori, studiosi, teologi di varia geografia, storia, cultura, sensibilità? Non è bello che il giornale si scriva in una plaga elitaria d’Italia (per bilanciare la cosa non basta che il giornale contenga cronache delle Chiese locali…), mentre nel resto del Paese basta che venga letto e diffuso… Ma è vero o no che in taluni spazi della vita di Chiesa c’è il dominio o il predominio di gruppi ecclesiali? Se fosse vero anche per Avvenire, sarebbe grave soprattutto perché, in tale evenienza, non potrebbe essere chiamato neppure quotidiano dei cattolici italiani…

Terza domanda – Avvenire è il quotidiano dei vescovi italiani? Andrebbe riflettuto bene. Si potrebbe chiedere loro e vedere se, nella maggioranza, essi siano d’accordo sull’intervista concessa dal Signor Grillo e sul commento fatto dal dott. Tarquinio sui tre quarti di convergenza del M5S con “noi” (chi sono questi “noi”?).

Qui urge un’osservazione – sempre sotto forma di interrogazione –, perché si può essere oltremodo convinti sulla forza dell’interrogare illustrata da Edmond Jabés. L’osservazione è questa: quando si farà un vero passo avanti nell’adozione dello stile sinodale nella Chiesa in Italia? Fa sorridere quando, all’inizio delle assemblee episcopali della CEI, dopo la prolusione del presidente, in coro i mezzi di comunicazione titolano: I vescovi italiani hanno detto… e non li hanno ancora neppure delibati…

Teologicamente però la cosa non è risibile: nessun vescovo può essere deprivato del suo diritto pastorale di esprimersi su un tema che interesserà la sua Chiesa… Le Conferenze episcopali sono una grande opportunità pastorale (e anche di più), ma non possono in nessun modo sostituire i vescovi delle Chiese locali nella loro condizione di pastori… Meglio sarebbe dire: I vescovi italiani si sono espressi cosìhanno deciso quest’altra cosa… solo alla fine del loro radunarsi, facendo onesta sintesi di quanto hanno detto e deliberato, dando anche doveroso conto di chi ha dissentito…

Quarta domanda – Tornando alle due interviste di cui parliamo, chiediamoci: con quali criteri si possono affermare consonanze, convergenze e sinergie di un Movimento politico con il sentire cristiano, pretendendo perfino di esprimerle quantitativamente? In che senso il M5S è «su posizioni coincidenti per tre quarti» con quelle dei cattolici? Quale sarebbe “il quarto” su cui non lo è…?

Veramente gratuita appare anche l’affermazione di quei “tre quarti”, perché essi non si vedono né cambiando occhiali di varia gradazione da vicino, né munendosi di binocoli per vederli da lontano. E poi: i valori e il sentire cristiano sono da considerarsi come una torta da affettare?

 Quinta domanda – Le due interviste preoccupano molto a causa delle diverse affermazioni del Signor Grillo lasciate scivolare senza il necessario filtro critico dal dott. Tarquinio. Davvero erano da non glossare le affermazioni dense di equivoci, quali: l’“autodeterminazione” e la sua matrice, che è il “concetto di post-ideologico”?

Inoltre, il riferimento del Signor Grillo ai “flussi migratori” non pare sia proprio in consonanza con la spinta di papa Francesco e della Chiesa in Italia sull’argomento, né s’accorda affatto con «la sintonia forte sulla lotta alle povertà e sul valore della partecipazione» generosamente attribuita dal dott. Tarquinio al M5S. Veramente in molti non ci siamo accorti dell’interesse di questo Movimento per la sorte degli immigrati, né della sua preoccupazione per i molti di essi che finiscono nella tomba liquida del Mediterraneo…

La prima intervista del dott. Tarquinio – di cui non si vedeva, in questo momento, né la necessità né l’opportunità – si fa riconoscere soprattutto per i vuoti omissivi dinanzi alle risposte del Signor Grillo; la seconda intervista, invece, si fa ricordare per la facile attribuzione di buoni voti alla pagella del M5S (estesa anche sulla «competenza e onestà» rivendicate dal Signor Grillo?).

 Sesta domanda – era proprio da enfatizzare il pronunciamento di un esponente del M5S sul riposo domenicale? È un’idea che è da tanto nelle cose, nel fermento delle Chiese in Italia ed è anche nella Costituzione, che parla di «riposo settimanale». Fra l’altro, è un’idea quello del riposo festivo che, personalmente, mi fa compagnia dal primo libro che ho scritto, nel quale, parlando del riposo e della festa della domenica, dicevo: «Il gioco-festa si fa proposta di uno stile di vita, personale e comunitario, improntato alle tendenze della creatività, genialità, liberazione, gratuità, dinamicità, disinteresse» (Un cristianesimo festivo. Meditazione sul Giorno del Signore, Ballerini, Pescara 1997, p. 58).

Il passo verso il recupero del valore del riposo, della lentezza, della cura di sé, dello stacco dalla frenesia del correre, per riuscire davvero, va compiuto insieme: vescovi, preti, pedagogisti, sociologi, università, scuole e anche i politici, singoli e organizzati, vanno coinvolti nel numero più alto possibile… Non è questo tema, adottato estemporaneamente a margine di un episodio locale, a giustificare una vicinanza progettuale e ideale del M5S con il “noi” di cui parla il dott. Tarquinio…

Per concludere
  1. Alle obiezioni ricevute sull’inopportuna performance data per aver legato il nome dell’Avvenire ad una vicenda non brillante, il dott. Tarquinio pare si sia difeso dicendo che non ha inteso implicare il pensiero dei vescovi italiani in quello che ha scritto e detto, ma di aver presentato soltanto il suo pensiero personale. Una domanda: le idee personali possono essere avanzate su un quotidiano in cui la Chiesa in Italia espone, sulle importanti opzioni pastorali, il pensiero dei pastori, sebbene non ancora con sinodalità piena ed esemplare? Di quello che ha detto e scritto, il dott. Tarquinio ha valutato bene le conseguenze che si potranno avere sul popolo dei cattolici?
  2. In forma solo ipotetica, una domanda triste pongo al dott. Tarquinio, da teologo di provincia: mi auguro che egli sia pienamente tranquillo sul suo ruolo di direttore di Avvenire nei confronti del pontificato di papa Francesco e che collabori – da sempre e per sempre – a far conoscere e a raccomandare sinceramente, convintamente e responsabilmente tutta la linea pastorale di questo papa che lo Spirito (non altri) ha voluto per la Chiesa nel tempo che stiamo vivendo…
  3. Le resistenze di alcune plaghe della Chiesa a papa Bergoglio sono teologicamente intollerabili… A questo punto, in aggiunta, mi permetto di ripetere pressoché alla lettera quanto ho detto a Roma in occasione di due miei libri sulla sinodalità nel pensiero di papa Bergoglio e che ho scritto su Settimana News per il quarto anniversario del suo pontificato:

«Osservando l’evolversi del papato bergogliano degli ultimi due anni, palesemente constatiamo, insieme al grande “Sì” che il popolo cristiano dà a questo papa che sente vicino, fortemente significativo, semplice, severo e misericordioso, guida sicura e affidabile, un’estesa resistenza da parte di un blocco (dicono consistente) della curia romana. Cosa innegabile, nonostante l’affermazione di qualcuno, da ultimo, che la vorrebbe addirittura negare. Questo pronunciamento “negazionista” è incredibile e assai grave. Un papa non partecipa, col suo servizio petrino, a un festival, con giudici di gara e simili… Due spunti per riflettere. Il primo: in nome di che cosa ci si costituisce in “tribunale permanente” per giudicare l’operato di un pontefice? Il secondo: ma che fine fa lo Spirito che si è invocato e poi si pone in discussione il suo dono? Ma quel “tribunale illegittimo” pone sotto processo anche lo Spirito? Qui una sola glossa di mezza riga: la curia non è l’altra metà della Chiesa».

Di quest’«altra metà della Chiesa» non possono far parte nemmeno quei settori ecclesiali che hanno compiti di servizio particolarmente importanti nella formazione cristiana e nella formazione dell’opinione pubblica nella Chiesa…

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