Crisi di governo

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politica

A quanto sembra ci si avvia verso una crisi di governo, tra personalismi narcisistici e urgenza di non cadere nell’irrilevanza politica dei vari attori in scena. Il paese, l’Europa e il mondo intero sono attraversati da una crisi umanitaria come non la si conosceva da decenni, ma la politica nostrana non sembra volersene fare carico sul piano istituzionale. Forse perché non ha la più pallida idea di come affrontarla, certamente perché non ne vuole pagare il prezzo sociale e civile che, ben presto, arriverà non solo sul suo tavolo ma nelle piazze.

La politica, si sa, è un animale impietoso – segue le sue logiche, dove i cittadini e il senso di cittadinanza sono solo degli effetti collaterali (e ben presto si muteranno in vittime di un azzardo che guarda solo alla preservazione di sé). Si dice spesso che lo spessore dei leader politici è forgiato dal tempo e dalle vicende che sono chiamati a governare – poco importa se dalla maggioranza o dalla minoranza. In Italia sembra che neanche la gravità dell’ora presente riesca a dare un volto quantomeno decente alle aspirazioni dei nostri politici, soprattutto di quelli che pendolano viziosamente tra l’uno e l’altro fronte senza assumersi la responsabilità né del governo né dell’opposizione.

Brandendo proclami di libertà e immaginando chissà quale futuro per sé, non certo per il nostro paese. Su tutti i fronti, la ricerca dei cosiddetti “responsabili” non andrebbe fatta negli emicicli delle due Camere ma nel tessuto vivo e pulsante della nostra società: lì si trovano ancora, dove li si cerca attualmente si trovano solo calcoli opportunistici (almeno in questo momento). Che la politica sia e debba essere cinica può anche essere, ma approfittare di questa necessità naturale in questo momento rischia di mettere a repentaglio quel che resta di coesione civile e nazionale della cittadinanza. E poi, del cinismo politico bisogna essere all’altezza; cosa che l’attuale classe politica italiana, in tutti i suoi rivoli e nomi partitici, non è.

Alla Chiesa italiana toccherebbe una parola non retorica e un convinto impegno per la custodia delle istituzioni del nostro paese, ma è afona da tempo. Se, come sembra, questa crisi di governo ci sarà, si apre la possibilità per un nuovo protagonismo politico della società civile del nostro paese – chiamata, questa volta inderogabilmente, a smettere di lamentarsi di chi ci governa impegnandosi, invece, in una riscrittura storica della politica italiana. Quel che resta del cattolicesimo italiano, anziché partorire progetti di un nuovo protagonismo politico figlio di un Dio e di una Chiesa minore, se non irrilevante, dovrebbe assumere la leadership di questo tornante civile della rappresentanza politica italiana.

La possibilità di non abbandonare decenni di cattolicesimo democratico all’essere solo la memoria fiera di un passato di cui non siamo più all’altezza si gioca in questo momento e in questi giorni. Certo senza sostegno di una classe dirigente ecclesiastica impaurita e incapace di cogliere l’urgenza del tempo civile in cui è immersa vivendo però sempre altrove. Si misurerà qui lo spessore del laicato cattolico italiano, altrimenti possiamo andare tutti a fare gli accoliti e i lettori.

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