Erdoğan, uomo solo al comando

di:

Con il 52,7% dei consensi, Recep Tayyip Erdoğan, leader del partito AKP ha vinto le elezioni tenutesi in Turchia domenica 24 giugno riconfermandosi così capo dello Stato, carica che detiene dal 2014. Un successo ottenuto grazie all’appoggio dei partiti nazionalista di estrema destra MHP e ultranazionalista-islamista BBP che gli hanno permesso di prevalere anche in Parlamento dove la coalizione, denominata «Alleanza del popolo», ha riportato 342 seggi su 600, lasciandone all’opposizione, guidata dal laico Muharrem Ince, del Partito Repubblicano (CHP) solo 146. Entra in Parlamento anche il partito filo-curdo HDP, che nonostante la politica repressiva di Erdoğan è riuscito a superare la soglia di sbarramento del 10%, spedendo in Parlamento 67 membri.

Forte della riforma costituzionale varata nell’aprile del 2017 che ha abolito la carica di primo ministro accentrando il potere esecutivo, e per certi versi anche giudiziario, nelle mani del presidente, Erdoğan sarà chiamato a guidare la Turchia fino al 2023. Crisi economica e finanziaria, disoccupazione, migrazioni, repressione interna e stato di emergenza rinnovato per la settima volta sono le sfide principali che attendono il Sultano chiamato anche a ridisegnare una nuova politica estera alla luce degli sconvolgimenti in Medio Oriente, Siria in primis, e dei difficili rapporti con l’Unione Europea.

Dell’esito del voto turco abbiamo parlato con Alberto Gasparetto, dottore di ricerca in Scienza politica e relazioni internazionali all’Università di Padova e autore di una monografia dal titolo La Turchia di Erdoğan e le sfide del Medio Oriente. Iran, Iraq, Israele e Siria (Carocci, 2017).

turchia al voto

Sostenitori di Erdoğan dopo la vittoria del 24 giugno 2018 (foto SIR/AFP)

– Qual è l’aspetto prevalente che emerge da queste elezioni?

Dalle urne esce un uomo solo al comando. Erdoğan ha anticipato il voto per blindare un consenso in calo a causa del peggioramento del quadro economico nazionale sempre più instabile, della svalutazione della lira turca, dell’aumento della disoccupazione giovanile, dell’inflazione e della crescita del carovita. Il voto ha sancito la vittoria del leader turco, resa ancora più forte dai nuovi poteri che la riforma costituzionale del 2017 attribuisce al presidente eletto. Si potrebbe dire che il voto può essere il preludio all’instaurazione di un sistema semi-autoritario privo di contrappesi come potevano essere una magistratura indipendente, un sistema dell’informazione libero, un mondo accademico e intellettuale ancora vivo e capace di esprimere la propria opinione senza timore di repressioni ed epurazioni.

– Nonostante tutto ciò Erdoğan ha vinto. Perché?

Perché Erdoğan è riuscito a infondere, sin dal 2002, l’immagine di uomo politico forte capace di dare sicurezza al popolo turco, avendo guidato il proprio Paese lungo una crescita economica anche del 7-8%, e d’influenza politica regionale senza precedenti. La maggioranza dei turchi ha scelto l’unica persona di cui si fida e che reputa apparentemente in grado di riportare la Turchia al centro della scena anche internazionale, nello scacchiere mediorientale e nei rapporti con l’UE percepita come ostile nella questione del ricollocamento dei migranti, nonché come traditrice del lungo e agognato sogno di diventarne membro effettivo.

– Erdoğan si è imposto anche come difensore dei valori dellIslam. Nel futuro del Paese questa sintesi islamo-nazionalista che effetti potrà portare?

È lecito chiedersi se la politica turca è islamista o meno. È evidente che ci sono dei segni che si richiamano fortemente alla religione: penso, ad esempio, alla rimozione del bando del velo nei luoghi pubblici, il divieto di vendere o bere alcolici, provvedimenti di tipo religioso ma strumentali a guadagnare consensi tra gli strati della popolazione più inclini al nazionalismo. Dubito, tuttavia, che Erdoğan voglia rifondare su basi religiose lo statuto fondamentale della Turchia.

– Gli attentati terroristici che peso hanno avuto nella scelta del voto?

Il presidente è riuscito a sfruttare abilmente il tema della sicurezza e del terrorismo per coagulare intorno a sé ulteriore consenso individuando come nemici i curdi, da sempre considerati solo in chiave securitaria e militare e, in seguito, costretto dagli eventi, lo Stato Islamico presente in Siria. Lì non c’è solo la Turchia ma anche altri attori regionali e internazionali con i quali deve rapportarsi, la Russia su tutti. L’ambizione turca, e vedremo anche in seguito se sarà così, è quella di porsi come principale mediatore delle dispute nell’area e poi imporsi come potenza regionale. Lo abbiamo visto anche recentemente quando Erdoğan si è eretto a paladino della causa palestinese durante gli scontri a Gaza.

– Dalle urne emerge la sorpresa del partito filo-curdo HDP che supera la soglia del 10% e porta in Parlamento 67 deputati…

In Turchia si stima ci siano tra i 15 e i 18 milioni di curdi. Il Partito curdo era già in Parlamento nel 2015. Nonostante la repressione del 2016 che aveva decimato molti deputati HDP, accusati di favoreggiamento dell’attività terroristica, il partito si è confermato con l’11,5% dei consensi. Questo indica che il nuovo Parlamento turco mantiene ancora al suo interno un certo pluralismo. Chi tifa per la democrazia chiede che sia rispettato il pluralismo e le minoranze. Questo del rispetto sarà un banco di prova per Erdoğan e per i suoi alleati ultra-nazionalisti.

– Questo «nuovo corso» turco potrebbe dare adito a una nuova stagione di rapporti tra Stato e minoranze, cristiana in primis?

I rapporti con la minoranza cristiana sono cordiali e improntati al dialogo e a una certa tolleranza. Tuttavia bisogna rimarcare che tutta la storia politica della Turchia è incentrata sul concetto di cittadinanza che coincide con quello di nazione. Questo ha determinato un motivo di esclusione per chi non veniva riconosciuto nel concetto di «turchità». La vera frattura si consuma ancora una volta tra la maggioranza turca e la minoranza curda.

– Uno dei dossier che Erdoğan dovrà affrontare è quello dei rapporti con lUE e con la Nato. Si capirà anche da qui la direzione della Turchia?

Non solo la direzione ma anche l’identità che vuole assumere il Paese. Circa una adesione della Turchia all’UE penso che non ci sia mai stata una reale volontà da ambo le parti di accordarsi come dimostra la storia dei negoziati di adesione avviati da più di 10 anni. In tutto questo la politica turca risente ancora oggi di quella che viene comunemente definita «sindrome di Sèvres» (dall’omonimo trattato di pace del 1920 firmato dopo la caduta dell’impero ottomano, ndr), una sindrome da accerchiamento e abbandono legata alla paura del tradimento. Forse è anche per questo che Erdoğan sta guardando ad altri contesti geopolitici, alla Russia di Putin, ai Balcani, al Caucaso e alla Cina. Migranti, rispetto dei diritti umani, minoranze interne, guerra in Siria sono questioni su cui l’UE dovrebbe cercare di negoziare cercando un compromesso al rialzo. La Turchia non è più solamente un ponte ma un perno su cui Erdoğan punta per creare nuovi equilibri sfruttando anche le divisioni degli europei.

L’intervista di Daniele Rocchi è stata pubblicata sul sito dell’Agenzia SIR il 27 giugno 2018.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto