Dov’è finito il “bene comune”?

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la politica sia “laica”

Parlare di “politica” in ambito religioso sembra improprio. È oramai – purtroppo! – consolidato il principio che la politica sia “laica”. Non si comprende bene che senso abbia il termine “laica”. Nel nostro paese ha assunto il significato di essere esente da ogni interferenza religiosa; in particolar modo lontana dalle indicazioni della gerarchia.

Ogni qualvolta vengono indicati alcuni principi si grida allo scandalo, perché si procurerebbe un’interferenza non sopportabile.

A ben riflettere, il termine “laica” non si sa bene a quale etica si riferisca. Il problema è stato affrontato già da secoli sui principi fondanti la gestione della cosa pubblica. Un tempo si diceva: la volontà del principe; poi si è scesi alla volontà della maggioranza; oggi sembra prevalere la volontà del comune sentire.

In democrazia il parlamento è chiamato a emanare le leggi in base al consenso che ciascun eletto riceve dai suoi elettori. In realtà, l’influenza esercitata su coloro che sono preposti a scrivere le leggi è molto alta, non differente da quella subìta dai propri elettori.

Recentemente – ed è la novità – l’opinione pubblica è fortemente influenzata dai mezzi di comunicazione (giornali, tv, rete) con la particolarità che tali mezzi di informazione sono diventati globali. Ogni notizia può provenire da ogni parte del mondo e attecchire nell’opinione pubblica fino a diventare prevalente. E, di fronte all’opinione prevalente, ogni eletto tende a non “scontentare” i propri sostenitori.

Esistono solo i “miei” diritti

Questo andamento non è negativo in sé: può diventarlo se non è riflettuto e gestito bene. Gli esempi positivi sono molti: l’inquinamento come male globale, il rispetto delle persone a prescindere dal genere, una vita materialmente sostenibile, la libera circolazione delle persone, il diritto all’istruzione, alla salute… Lentamente questi principi, sorretti all’inizio da piccole avanguardie, risultano essere corretti e per questo acquisiti nell’ambito generale, tramutandosi in leggi.

Accanto ad alcuni aspetti positivi, si propongono altri principi che suscitano almeno perplessità, se non opposizione. Anche in questo ambito gli esempi sono molti: eutanasia, diritto all’affidamento di figli da parte di due adulti dello stesso genere, l’ipotesi di aver figli al di là dell’età feconda, il dovere di diventare vegani, il libero mercato, la sicurezza…

La domanda è ovvia: che cosa è giusto, che cosa è sbagliato? Con un’attenzione: lo strumento per mezzo del quale si attivano determinate attese è il concetto di diritto: “io ho diritto a… è un mio diritto…”. In una società molto individualistica e molto egocentrica è facile che quel concetto di “diritto” acquisti valore fino a diventare orientamento. L’esempio più classico è la definizione della famiglia. Da patto tra due per tutta la vita è diventato patto provvisorio, senza necessità di vincoli giuridici, con o senza figli, ma convivenza di fatto, che dura “fino a che amore persiste!”.

In un giro di una ventina d’anni il concetto cristiano di famiglia è talmente cambiato da diventare un optional che ciascuno adatta alle proprie convinzioni.

Di fronte a questi tipi di fenomeni si possono utilizzare due strategie: l’opposizione aperta e coraggiosa, fino ad arrivare ai celebri referendum, oppure la costanza dei propri convincimenti e l’accompagnamento verso principi condivisi. In Italia i referendum per il divorzio e l’aborto hanno portato alle leggi che hanno determinato la loro regolamentazione.

Fermezza delle proprie opinioni

Credo che la strada migliore per un cristiano, di fronte alle trasformazioni profonde del “costume” civile, debba essere la convinta fedeltà alle proprie convinzioni. Il problema vero delle trasformazioni è nello spessore della propria “fede”. Per fede si intende l’insieme dei principi che regolano la propria vita.

È una questione di maturità e di serietà: lasciarsi trascinare dall’opinione prevalente non ha senso, perché si diventa persone incoerenti.

Il nuovo mondo ha portato ad un’apertura che spinge a riflessioni profonde. Le proprie opinioni sono sottoposte a verifica ed è indispensabile distinguere tra esagerazioni e legittime istanze.

Le sperequazioni tra differenti linee di indirizzo della propria vita sono oramai esplose. La difficoltà maggiore è tra diritti individuali e diritti collettivi. Mentre per la propria vita privata si esige il rispetto dei propri orientamenti, non così avviene per i diritti collettivi: si pensi alle povertà, all’immigrazione, alle disuguaglianze, alla finanza, all’economia. Guardando a distanza, la nostra società appare come un composto di individualità molto scrupolose nel creare la propria identità, piuttosto trascurate e distratte sulla vita collettiva.

Anche a questo proposito gli esempi sono molti: ci si lamenta della scarsità delle risorse, ma ognuno tende a garantire per sé il massimo delle sicurezze, senza scrupoli se esse creano disparità; si invoca un habitat sereno ed ecologico, ma la propria casa sia costruita nel più bel sito del mondo; si invoca giustizia, ma si fa passare per diritti acquisiti evidenti ingiustizie.

Il cristiano

È oggettivamente difficile oggi per un cristiano essere tale affrontando il temi della politica. Molto dipende da quale angolatura si osserva la politica. Se dal versante delle libertà, se dal versante della giustizia, se dal versante del rispetto. Principi che dovrebbero essere tutti insieme rappresentati, ma che difficilmente sono incarnati in un unico movimento di rappresentanza.

Si possono indicare tre linee portanti.

La prima riguarda il rispetto delle persone. Ogni persona può e deve essere rispettata, al di là delle condizione in cui vive. Vecchio o giovane, istruito o ignorante, sano o malato, italiano o straniero. È un principio irrinunciabile. Solo così si può creare una società vivibile.

La seconda linea riguarda la giustizia. Nessun provvedimento può essere accolto se non persegue il rispetto della giustizia. È vero che la giustizia è principio complesso: è la coscienza a suggerire se si tutelano gli interessi di tutti con equità.

Infine, è indispensabile essere attenti al benessere della comunità. La lotta tra il proprio bene deve lasciare il posto all’attenzione di tutti: vale per i doveri da offrire alla comunità, al rispetto delle regole, all’attenzione di chi conta di meno.

Queste regole generali sembrano non interferire nella vita quotidiana. Eppure il Signore Gesù, quando ha commentato – come riferisce l’evangelista Matteo – i comandamenti, a cominciare dalle beatitudini, ha sviscerato quelle leggi che erano interpretate umanamente (anche farisaicamente) a una dimensione spirituale e, per questo, profondamente umana.

È l’auspicio che il mondo sia composto come primo passo della costruzione del Regno.

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