Il governo, l’ideologia alla prova della realtà

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meloni e lollobrigida

«Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica. Gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro. Non è quella la strada». Sono le parole pronunciate dal ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, parlando, qualche giorno fa, al congresso nazionale della CISAL.

Gli ha fatto eco, nel discorso tenuto alla Fiera del mobile, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «Noi abbiamo sempre più persone da mantenere e sempre meno persone che lavorano (…). Questo problema si risolve in vari modi e il modo in cui lavora il governo non è risolverlo con i migranti: è risolverlo con quella grande riserva inutilizzata che è il lavoro femminile (…) e lavorando sulla demografia e quindi sull’incentivazione della possibilità delle famiglie di mettere al mondo figli».

Due risposte

I due interventi non si capiscono appieno se non si guarda al contesto in cui sono stati fatti. Il ministro aveva certamente presente la pressante richiesta di lavoratori stranieri da parte degli imprenditori italiani e la loro aperta insoddisfazione per i numeri ristretti che il governo prevede di far entrare legalmente nei prossimi mesi. Da qui il monito di Lollobrigida sul pericolo che una maggiore apertura comporterebbe per l’identità nazionale.

La Meloni, a sua volta, rispondeva, senza nominarlo, al presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, che il giorno prima, in una intervista su La Stampa, aveva affermato chiaramente che, per quanto riguarda il rapporto tra lavoratori e pensionati, con l’attuale andamento demografico «dopo il 2040 arriviamo alla soglia dell’uno a uno, un numero che definirei davvero critico» e aveva indicato come unica soluzione l’apertura all’ingresso degli stranieri: «Le economie ricche», spiegava il presidente dell’INPS, «hanno tutte molti migranti… Anche noi abbiamo l’esigenza di coprire lavori medio-bassi da Nord a Sud con gli stranieri. La soluzione non può che essere l’accesso di immigrazione regolare e fluida». E aveva aggiunto, citando il premio Nobel americano Paul Krugman: «Krugman segnala come negli Stati Uniti gli immigrati siano stati la leva più dinamica nel contributo alla crescita dell’economia».

In un momento in cui il governo, sotto la spinta della Lega, sta varando una serie di provvedimenti volti a rendere ancora più difficile di quanto sia già l’inserimento dei migranti nella società italiana, è chiaro che queste parole, pronunziate da un tecnico autorevole, sono state una doccia fredda, a cui la premier si è sentita obbligata a rispondere indicando un’alternativa.

Inaccettabile eticamente

Le aspre polemiche suscitate soprattutto dal primo intervento, con una inaspettata sponda negli alleati di governo – il leghista Centinaio ha definito le parole di Lollobrigida «veramente brutte» – sono state dovute al collegamento ideologico che spontaneamente richiamano alla mente. Era il fascismo a enfatizzare il problema della «purezza della razza» e a insistere sul tema della natalità in vista del sempre maggiore prestigio della nazione.

Incalzato dalle accuse di razzismo, il ministro si è scusato spiegando che non era al corrente della triste storia che stava dietro l’espressione da lui usata – «sostituzione etnica». Non è una risposta rassicurante: un ministro ignorante del passato – a cui viene spontaneo, per interpretare il presente, utilizzare non tanto delle parole, quanto un concetto di casa negli ambienti del suprematismo bianco –, non sembra l’uomo più adatto a capire e a governare il fenomeno migratorio.

Certo, è del tutto condivisibile l’esigenza di far uscire l’Italia dall’inverno demografico in cui si trova, incentivando la natalità con opportune misure, che il governo dice di stare studiando. Si parla, a questo proposito, di una riduzione delle tasse per ogni figlio. Vedremo, perché fino ad oggi ha realizzato ben poco di quanto aveva promesso. Ma, se procederà su questa strada, si potrà solo essergli grati di stare affrontando finalmente un problema gravissimo che finora in Italia è stato sempre trascurato, rendendola fanalino di coda, rispetto agli altri paesi europei, nelle politiche a favore della famiglia.

Quello che è inaccettabile è che questa prospettiva venga proposta come giustificazione dell’assurda politica anti-migranti che il governo, sotto l’impulso prevalente della Lega, sta conducendo fin dal suo insediamento e che ora sta conoscendo una ulteriore «stretta».

Inaccettabile eticamente, soprattutto da parte di una destra che ha sempre preteso di difendere valori cristiani (vi ricordate quando Salvini si presentava ai comizi col vangelo e il rosario?). La giustificazione, spesso ripetuta, secondo cui il prossimo di cui parla Gesù sono le persone a noi più vicine – i familiari e i connazionali – e non gli africani, rivela la scarsa familiarità con il testo sacro da parte di chi la sbandiera.

Quando Cristo enuncia quello che per lui è il cuore del suo messaggio, l’amore per Dio e per il prossimo, e un interlocutore gli chiede: «Chi è il mio prossimo?», la risposta del Signore è un racconto in cui si parla di un ebreo ferito ai margini della strada e di un samaritano che si ferma a soccorrerlo e se ne prende cura. Ora, ebrei e samaritani erano di stirpi diverse e avevano una lunga storia di inimicizia reciproca. Questa caduta dei muri che dividono i popoli è inscindibile dall’annuncio evangelico, che Salvini e la Meloni lo sappiano o no.

Inaccettabile dal punto di vista economico

Ma la politica del governo è inaccettabile anche sotto il profilo utilitaristico. Le nostre imprese hanno bisogno di lavoratori oggi. Il sistema pensionistico andrà in tilt nel 2040 e già adesso è sempre più in affanno. Non possono certo aspettare che gli italiani e le italiane raccolgano l’appello del governo e si mettano a fare figli, che entreranno nel mercato del lavoro, nella migliore delle ipotesi, fra vent’anni. In ogni caso è molto improbabile che questo appello venga raccolto prima cambi davvero qualcosa, a livello legislativo, in favore della natalità.

Senza dire che alla radice della denatalità ci sono due fattori che né Lollobrigida né Meloni sembrano tenere in considerazione. La prima è una cultura individualista che subordina la generatività all’autorealizzazione e, soprattutto nelle nuove generazioni, porta le coppie – le donne in particolare – a limitare le gravidanze. Non sembra siano le esortazioni del governo a poter cambiare la situazione, almeno a breve. Si tratta di un costume radicato nella maggioranza.

A cominciare dalla Meloni, che punta sul rilancio dei valori della famiglia e sulla crescita demografica, ma nella sua vita privata convive senza essere sposata e ha voluto una sola figlia. Come Salvini, del resto, divorziato, con una figlia, e attualmente solo «fidanzato» dell’ultima fiamma. Gli antichi dicevano: «Da che pulpito viene la predica!».

Il secondo fattore è la mancanza, nel nostro paese, di quella rete di servizi e di sostegni che altrove consentono alle future madri di guardare con fiducia alla possibilità di procreare. Per questo non basterà certo l’esenzione fiscale di cui si parla in questi giorni.

E da queste carenze è inficiata anche la carta del maggiore impiego delle donne nel mercato del lavoro. In mancanza di quei sostegni, così come quelle che lavorano non riescono a fare figli, quelle che fanno figli non riescono a lavorare.

Alla prova della realtà …

La pretesa di fare a meno dei migranti è dunque infondata sia eticamente sia in una prospettiva meramente utilitaristica. Né questa ostilità può essere, in extremis, motivata almeno dal rispetto delle leggi, violate da chi entra come «clandestino», perché le leggi – a cominciare dalla famigerata Bossi-Fini – le hanno fatte i partiti della destra, in nome di una pura ideologia.

Hanno creato i clandestini e ora si indignano perché la maggior parte dei migranti finisce per essere in questa situazione di illegalità. Ma la vera legalità è inscindibile dalla giustizia. Durante il nazismo era illegale nascondere un ebreo, ma chi in quegli anni tristi violò la legge, rispettò la propria umanità.

Alla fine la realtà travolge le ideologie e prima o poi anche questa si rivelerà nella sua inconsistenza. Dispiace che essa stia finendo per distrarre il paese da problemi reali e molto più urgenti e che buona parte dell’opinione pubblica e ne lasci ipnotizzare. Ma la storia insegna che prima o poi tutti i muri sono destinati a cadere.

  • Dal sito della Pastorale della cultura della diocesi di Palermo (www.tuttavia.eu), 21 aprile 2023
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