I cattolici e la politica /4

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Su Domani del 4 luglio Marco Damilano ha presentato una ricostruzione di alcuni passaggi della storia dell’impegno politico dei cattolici italiani che, a suo avviso, sarebbe da riprendere in questo momento critico come contributo del cattolicesimo odierno al paese. Dopo l’editoriale della redazione e gli articoli di Franco Monaco e Giuseppe Boschini, interviene nel dibattito Giuseppe Savagnone.

Anche se si intitola “Il ritorno dei cattolici alla politica, l’articolo di Damilano su Domani del 4 luglio scorso non sembra indicare in concreto molti segnali precisi che evidenzino questo ritorno. C’è qualche cenno: «Va in questa direzione l’apertura della CEI alla legge sullo ius scholae (…). Vanno in questa direzione alcuni tentativi di ritessitura. Tra i più interessanti, c’è il gruppo Connessioni del padre gesuita Francesco Occhetta». Soprattutto apre prospettive, secondo l’autore, la nomina del cardinale di Bologna, Matteo Zuppi, a presidente della CEI.

Non è molto… È vero, però, che non bisogna aspettarsi la nascita di un nuovo movimento politico. «Il cattolicesimo democratico – scrive Damilano – non è mai stato un’appartenenza, non è mai diventato un apparato. È un insieme di biografie, incontri, letture, amicizie che diventano impegno civile ed ecclesiale. Una cultura che, nella Prima Repubblica, ha incrociato la Democrazia cristiana, ma che non si è mai identificata con il partito».

Il ritorno dei cattolici per ricostruire lo spazio della politica

Proprio perché si tratta di una cultura, la rilevanza di questo cattolicesimo democratico va misurata soprattutto nel concreto delle battaglie in cui si trova impegnata. Ed è proprio una di tali battaglie che – secondo Damilano – ne fa riemergere l’attualità: «Oggi questa cultura torna a essere di fronte a una sfida decisiva per l’Europa e per l’Italia, quella che arriva dall’altra sponda dell’Atlantico dopo la sentenza della Corte suprema sull’aborto che ha cancellato il pronunciamento del 1973 Roe vs. Wade».

Citando Avvenire, questa sentenza viene collegata a «una deriva populista e illiberale, alimentata anche dalla prevalenza degli aspetti emotivi e poco riflessivi (non ultimo il rifiuto della scienza) tipici dell’era dei social media. Serve vigilare con attenzione su questo caso serio d’America, anche perché il contagio non si estenda ad altre democrazie».

Sulla stessa linea degli Stati Uniti sembra muoversi, peraltro, la Polonia, «un paese in cui la gerarchia ecclesiastica si è pesantemente schierata a favore della legge sul divieto di aborto e del partito nazionalista di governo, il PiS, cui ha fornito una base ideologica di riferimento».

Da qui l’interesse di Damilano per il «ritorno dei cattolici alla politica»: «Rispetto alla deriva americana o polacca, la Chiesa italiana di Zuppi può essere un argine». È una significativa occasione per «la cultura della mediazione e del dialogo che ha sostenuto fin dalla sua fondazione il Partito democratico e prima l’Ulivo», e che costituiva la peculiarità del cattolicesimo democratico.

«Ricostruire questa cultura significa ripristinare lo spazio della politica: mediazione e dialogo, non ring di scontro tra valori e interessi che si presentano come assoluti, un mosaico frammentato che non si può tenere insieme. E contribuire a evitare di trasformare la campagna elettorale 2023 in un nuovo scontro di civiltà, in un paese che arriverà al voto sfiduciato, lacerato e impoverito».

Nella consapevolezza che «non basterà la presenza nelle istituzioni, ai vertici dello stato, del governo, dei partiti o della conferenza episcopale, bisogna tornare a una presenza nella società: la crisi culturale e politica dei cattolici va di pari passo con quella delle altre culture democratiche e la ricostruzione interessa tutti. Non basta occupare il vertice nelle istituzioni, le posizioni di potere, c’è la necessità della profezia, ascoltare una richiesta di cambiamento che va oltre i confini delle strutture, che le strutture da tempo non riescono più a rappresentare».

Ma l’individualismo possessivo è «di sinistra»

Che dire di questo discorso? Certamente apprezzabile il riconoscimento del ruolo che i cattolici democratici hanno svolto nella politica italiana per un lungo periodo di tempo e l’auspicio sincero che il loro apporto possa di nuovo rifiorire, dopo una stagione di crisi che ha, peraltro, coinvolto anche le altre culture democratiche. Come pure il richiamo alla necessità della profezia, di cui non può farsi carico il potere costituito, ma deve venire dalla base.

Assai meno convincente, per la verità, appare l’individuazione del tema dell’aborto come esempio di una battaglia di civiltà su cui l’apporto dei cattolici democratici dovrebbe dare prova della sua rinnovata vitalità, affrontando «una sfida decisiva per l’Europa e per l’Italia».

Damilano sembra rimanere prigioniero dell’equivoco per cui una sinistra democratica, orfana del marxismo, ha finito per adottare come suo progetto specifico una battaglia per l’affermazione indiscriminata dei diritti individuali che ha sempre caratterizzato la destra liberale, lasciando in secondo piano i grandi temi della giustizia e dell’uguaglianza propri della tradizione socialista.

Marx definiva tutto questo insieme di posizioni «robinsonate», con riferimento al modello di individuo autosufficiente rappresentato nel romanzo di Defoe. Perché è l’individuo il grande protagonista delle battaglie per i diritti che in Italia, come altrove, la «sinistra» ha identificato come suo compito peculiare. Un individuo pienamente autonomo, che è proprietario del suo corpo (Locke) e non deve rispondere delle sue scelte personali – «L’utero è mio e ne faccio quello che voglio» (ma la stessa logica vale per il suicidio assistito e l’eutanasia) –, che non deve nulla a nessuno (perché «si fa da sé») e stabilisce volta per volta con chi mettersi in relazione, senza per questo stringere legami definitivi («Stiamo insieme finché stiamo bene insieme»).

Questa visione insulare, che rappresenta le libertà individuali come assolute, col solo limite negativo di non violarsi a vicenda, è quella che sta dietro il mercato capitalistico (non a caso vi ha un ruolo decisivo il concetto di proprietà privata: da dove la definizione di «individualismo possessivo») e ispira già in larga misura la nostra società.

Quali che siano le derive reazionarie che stanno dietro la recente sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti, la solenne proclamazione del «diritto di aborto» da parte del Parlamento europeo, pochi giorni fa, rappresenta la piena conferma di questa logica (che infatti aveva dominato l’America dal 1973).

Il contributo dei cattolici democratici

Il contributo dei cattolici alla democrazia non sta certo nello scegliere tra la posizione illiberale di Donald Trump e dei suoi seguaci, ostili all’aborto ma anche ai diritti umani dei migranti e delle minoranze, e la promozione ad oltranza di diritti senza responsabilità, rappresentata dall’avversaria storica di Trump nelle elezioni del 2016, Hillary Clinton, grande sostenitrice del sistema di cliniche che, in America, praticano l’aborto.

Il concetto di libertà del cattolicesimo democratico ha sempre escluso sia le discriminazioni disumane che storicamente hanno vessato – e continuano a vessare – donne, neri, poveri e diseredati di ogni tipo, sia l’assolutizzazione dei diritti degli individui, che in realtà, dietro le apparenze, è alla base di quelle discriminazioni. Siamo agli antipodi di una visione repressiva delle libertà, ma anche dell’illusione che vi sia una sfera privata entro cui si può agire senza rendere conto a nessuno, purché non si invada la sfera privata altrui (come nel mercato capitalistico…).

Questa visione insulare è contro la realtà. Veramente il suicidio di una persona – atto personalissimo – non ha conseguenze sugli altri? Oppure è devastante, come dice l’esperienza, per i suoi genitori, per la sua famiglia, per i suoi amici… Lo stesso vale per l’uso della droga… E sono solo degli esempi.

Una seria concezione democratica ispirata all’insegnamento sociale della Chiesa non può avallare né l’autoritarismo sovranista – che monta purtroppo non solo negli Stati Uniti, ma in Europa e in Italia –, né l’individualismo possessivo delle élites borghesi, interessate al mantenimento dell’attuale sistema sociale. Inevitabilmente, se presa sul serio, questa concezione è rivoluzionaria, perché contesta sia la negazione dei diritti umani da parte della «destra», sia il modo attuale di concepirli e di difenderli da parte della «sinistra».

In riferimento alle vicende del nostro Paese, un ritorno dei cattolici alla politica, dopo l’eclisse della Seconda Repubblica, è certamente auspicabile. Ma, diversamente da come pensa Damilano, questo ritorno dovrebbe avere come obiettivo, invece che il diritto di morire, quello a vivere, combattendo le spaventose disuguaglianze economiche e sociali che vedono aumentare ogni giorno la ricchezza di pochi e la miseria di molti.

Dall’ultimo rapporto ISTAT risulta che in Italia 5 milioni e mezzo di persone si trovano in uno stato di «povertà assoluta». Sappiamo tutti cosa la «sinistra» ha fatto in passato per legalizzare l’aborto e per le unioni omosessuali e cosa sta facendo per il suicidio assistito. Attendiamo ancora – da molti anni – di sapere quali misure intende proporre per ridurre lo scarto tra ricchi e poveri.

Questa è «la sfida decisiva per l’Europa e per l’Italia» a cui, da parte loro, i cattolici democratici dovrebbero rispondere, per dimostrare che sono tornati.

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