La corsa all’Africa

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Tutti vogliono aiutare l’Africa. Quest’improvvisa voglia di solidarietà, pur senza negare a priori le buone intenzioni, non può che essere sospetta. Ma è un fatto sorprendente che in un momento internazionale particolarmente incerto e critico sul versante dei rapporti delle ex grandi potenze (USA-Russia) ci sia questa improvvisa vampata d’interesse per aiutare il Continente africano che parrebbe estraneo alle attuali contese, come se si volesse dimostrare di non aver dimenticato l’Africa.

Africa

Bisogno di Africa

Tutti sanno che questo Continente oggi sta pagando i conti della guerra in Ucraina e delle tensioni tra Occidente e Oriente, come ai tempi della guerra fredda quando le battaglie tra le grandi potenze si giocavano in Africa. La storia si sta ancora una volta ripetendo. Gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, l’Unione Europea in queste ultimi mesi si stanno attivando per non perdere il contatto con l’Africa che ha sicuramente bisogno, ma della quale essi rivelano di aver altrettanto bisogno.

Sembra di poter prevedere che questa guerra farà nascere un nuovo assetto politico del mondo. E, per quanto sia ancora prematuro immaginare i futuri scenari all’interno dei quali si porrà l’Africa, è facile pensare che questo comprometterà quel “multilateralismo della fraternità” così caro a papa Francesco, e così necessario al mondo perché si possano affermare la pace e il progresso.

Per quanto sorprendente, l’interesse per l’Africa non è per altro nuovo. La storia si ripete anche in questo campo. Nulla di nuovo o di gratuito tuttavia. Tra gli ultimi movimenti significativi, si colloca la mossa del presidente USA, Joe Biden, che intende invitare i leader africani a un vertice che si terrà alla Casa Bianca di Washington nel prossimo dicembre per dimostrare che non è venuto meno (!) l’interesse americano nei confronti dei paesi africani con la dichiarata intenzione di proseguire nella collaborazione per affrontare le “priorità globali condivise”.

Questa decisione americana segue di poco tempo la mossa cinese di istituire un Forum per la Cooperazione Cina-Africa. Pechino intende prolungare e incrementare la già avviata e quasi tradizionale politica di aiuti a molti governi africani intesa a realizzare importanti infrastrutture soprattutto di comunicazione come strade, ferrovie, ponti di cui l’Africa ha assoluto bisogno insieme con la costruzione di scuole e ospedali.

Da molti anni questo genere di aiuti è praticato da Pechino: chi scrive ricorda di aver visto i cinesi che lavoravano, inquadrati e silenziosi, per costruire strade in Burundi e in Congo nei primi anni ’60 del secolo scorso.

I governi africani sono pronti a pagare il prezzo di queste opere – ovviamente non si tratta di regali gratuiti – ma si tratta di un prezzo accessibile, pagabile con le materie prime di cui l’Africa è ricca e con la cessione di fette di potere di cui i Capi africani cedono volentieri, e quasi inconsapevolmente, l’…uso.

Al governo cinese poco importa che i propri interventi siano criticati per la loro qualità scadente (le strade “cinesi” non sono perfette e non durano molto…), quello che Pechino cerca nell’incrementare e nel moltiplicare queste offerte ai governi africani, è di potere allargare la propria zona d’influenza politica ed economica in un tempo in cui essere presenti garantisce un futuro nella spartizione del mondo.

In difesa dei propri interessi

Anche l’Unione Europea ha cercato e cerca di ritagliarsi un posto e una presenza nel mondo africano, anche se i progetti di collaborazione europei piacciono meno di quelli cinesi che sono tempestivi e immediati, liberi dalle pastoie burocratiche dovute ai processi democratici che caratterizzano la cooperazione europea.

A Bruxelles interessa comunque non essere assente in questo momento in cui Cina, USA e Russia stanno occupando e nuovamente spartendosi il continente africano. Perché anche la Russia non manca di dare una nuova attenzione all’Africa. Seguendo una politica, un po’ “scaduta” dopo la caduta del muro di Berlino, nel corso del mese di luglio scorso, il ministro degli esteri russo, Lavrov, in piena guerra dell’Ucraina ha abbandonato il tavolo dei difficili eppure necessari negoziati, per recarsi in Egitto, prima tappa di un viaggio che lo porterà successivamente in altri paesi africani.

Lo scopo è di guadagnare i paesi africani alla causa russa in questo conflitto, consolidando vecchi e nuovi campi di presenza e di influenza (leggi sfruttamento), che in passato appartenevano all’URSS. Così appare che l’Africa serve a suo modo a ricostruire quell’impero sovietico che per Putin è stato scandalosamente lasciato cadere al tempo di Gorbacev.

In mezzo a questa generale corsa all’Africa la missione cristiana non può – non deve – rimanere inerte e silenziosa. Sappiamo tutti che gli effetti di questa inutile guerra dell’Ucraina li dovranno pagare in gran parte proprio i paesi africani. Lo hanno detto ripetutamente i mass media. E non è solo il problema del grano ucraino che rimane fermo nei silos o che rischia di essere distrutto dai missili di questa guerra, di cui l’Africa ha urgente e terribile bisogno. Tanti altri danni sono e saranno scaricati sul Continente africano e si faranno sentire con più violenza di quella che possiamo sentire noi sulle nostre terre.

Anche per questi riflessi africani non possiamo tacere e lasciar andare avanti questa guerra insensata. Per il bene dell’Africa vogliamo che ritorni la pace e soprattutto che ci si renda conto che i problemi dell’Africa continuano anche in tempo di guerra, anzi essi ingigantiscono e pesano sempre più soprattutto sui paesi più poveri. Non è giusto dimenticarli.

E noi cristiani?

I cosiddetti “grandi” si interessano dell’Africa: e noi cristiani? Non abbiamo obiettivi strategici di tipo politico o espansionistici. La nostra preoccupazione è portare il messaggio del vangelo, perché s’instaurino la pace e la giustizia, la solidarietà e la difesa dell’umanità e della casa comune.

Noi chiediamo che in questa corsa all’Africa si affermi il desiderio che quelle popolazioni trovino la strada della loro promozione integrale, umana e cristiana e soprattutto si rendano conto del rischio che corrono di essere vittime dei briganti: la parabola del buon samaritano sembra essere di nuovo vera se applicata all’Africa. Non accada che noi, come i sacerdoti e i leviti, passiamo accanto e tiriamo diritto, mentre i briganti possono saccheggiare ancora una volta questi popoli che sono fratelli e sorelle di tutti noi, membri della stessa nostra famiglia.

Rovereto, 1° agosto 2022.

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