La nuova Commissione europea

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Dopo l’articolo firmato B.P. sulla nuova Commissione europea guidata da Ursula Von der Leyen (cf. Settimananews, 23 settembre), anche Alessia Mosca, deputata al Parlamento Europeo dal 2014 al 2019, interviene con alcune annotazioni personali sulla composizione della nuova Commissione, sulle priorità da affrontare e sui nodi più problematici.

Qualche giorno fa, martedì 10 settembre, Ursula Von der Leyen ha presentato la “sua” Commissione, elencando i membri che comporranno la squadra e la suddivisione delle differenti responsabilità.

La Commissione immaginata dalla neopresidente mostra alcuni elementi di sicuro interesse.

Intanto, è stato rispettato il primo impegno di avere una composizione perfettamente bilanciata tra uomini e donne. Molta attenzione è stata posta anche al bilanciamento geografico, evitando che i soli paesi grandi avessero ruoli di primo piano, e suddividendo accuratamente le responsabilità tra i paesi del nord e quelli del sud Europa.

In più, sono state messe in campo competenze ed esperienze variegate e molto solide, come ripetutamente sottolineato della stessa presidente: una indiretta risposta all’impoverimento culturale e professionale di esponenti politici di tutto il continente, così come una reazione coraggiosa alla critica contro i “tecnici”. Forse un modo per rivendicare che le conoscenze settoriali non necessariamente si traducono in scelte “tecnocratiche”.

La maggior parte dei neocommissari sono noti nelle istituzioni comunitarie per la loro passione e per il loro impegno fortemente europeista, che rende questa commissione una specie di dream-team che gioca con la maglietta dell’Europa unita.

Considerazioni

Tre altre considerazioni interessanti rispetto alla composizione.

La prima: il commissario designato per le questioni ambientali ha 28 anni e questo rappresenta un segnale molto chiaro. Oggi la battaglia per la tutela dell’ambiente vede la generazione dei più giovani battersi in prima fila per smuovere istituzioni e cittadini a prendere iniziative concrete e dirompenti. Un ventottenne dentro il Collegio dei commissari potrà avere la stessa funzione di monito per incalzare tutti ad ascoltare la voce di chi sta ereditando un pianete malato.

La seconda considerazione riguarda la nazionalità e la precedente esperienza del commissario designato per il commercio internazionale: Phil Hogan, attuale Commissario per le politiche agricole, è un irlandese. Entrambi questi elementi potrebbero avere implicazioni interessanti. Da un lato, infatti, ci si aspetta che gli accordi internazionali avranno sempre di più un’attenzione particolare per le questioni legate all’agricoltura e ai prodotti alimentari, capitolo estremamente sensibile per i cittadini europei. Dall’altro, potrebbe avere un peso il fatto che sia proprio irlandese il commissario che dovrebbe occuparsi, in caso di effettiva Brexit, del nuovo accordo commerciale con il Regno Unito.

La terza considerazione riguarda il portafoglio assegnato a Sylvie Goulard, la rappresentante francese nella Commissione: quello del mercato interno. Questo portafoglio è quello che ha subìto il cambiamento più deciso, essendo stato allargato anche all’industria dello spazio e della difesa. Un segnale molto interessante, che denota la volontà di insistere molto nei prossimi anni nel rilancio della politica industriale europea, obiettivo che la Francia sta da tempo cercando di perseguire.

Priorità

Passando più in generale alla suddivisione dei portafogli, le nuove ripartizioni e denominazioni  delineano in modo chiaro quali sono le priorità che la Commissione europea dovrà affrontare nei prossimi 5 anni. La presidente ha infatti dato massimo risalto alle posizioni dei commissari che si occuperanno di European Green Deal, trasformazione digitale, Europa globale, democrazia e European Way of Life.

Su quest’ultimo tornerò dopo. Mi interessa intanto fare una riflessione complessiva su queste aree di lavoro complessivamente prese. Le tematiche sono sicuramente quelle giuste e le più urgenti.

Il vero rischio è quello di considerare sventata la paura del rovesciamento dei valori europeisti da parte delle forze nazionaliste e sovraniste, senza indagare a fondo quali siano state le ragioni per cui tali movimenti hanno acquisito così tanta forza, in poco tempo e in modo così capillare ovunque in Europa. Insomma, la fretta di voltare pagina potrebbe essere un punto di enorme debolezza di questa nuova Commissione che parte invece con tutte le giuste premesse.

Problemi irrisolti

Alcuni dei dilemmi che sono emersi negli anni passati e che hanno causato la spaccatura della società in parti violentemente contrapposte l’una all’altra non sono ancora stati risolti. Ambientalismo vs aumento degli oneri fiscali, salvaguardia delle istituzioni democratiche vs allargamento della partecipazione, integrazione con culture differenti vs salvaguardia dell’identità restano contrasti ancora privi di vere ricette e risposte concrete.

Partiamo dalla giusta battaglia per la tutela dell’ambiente: sta diventando sempre più chiaro che, per poter efficacemente intervenire a invertire la rotta del disastro, tutti dovranno fare la propria parte e cambiare modello di sviluppo ha dei costi. Chi li pagherà? Come potranno essere ripartiti gli oneri senza creare nuove diseguaglianze? Già oggi i cambiamenti climatici stanno acuendo le disparità tra ricchi e poveri: trovare soluzioni senza aggravare tali divari sarà la sfida dei prossimi anni.

Sulla salute della democrazia e delle sue istituzioni si è molto discusso in questi ultimi anni: la necessità di allargare la partecipazione attraverso vari strumenti nuovi e vecchi, dai referendum ai social network, ma non sempre questo ha portato a soluzioni sostenibili e percorribili. Basti pensare a ciò che sta succedendo intorno alla Brexit. Anche su questo punto la nuova Commissione misurerà la propria capacità di trovare strade più percorribili e più efficaci.

Infine, sul binomio culture differenti e identità la strada da percorrere è ancora molto lunga, come ha dimostrato il vero primo scivolone di Ursula Von der Leyen, che ha inserito l’immigrazione nel portafoglio denominato “Proteggere lo stile di vita europeo”, scatenando un’ondata vibrante di proteste.

I commissari designati dovranno passare al vaglio del Parlamento, che ospiterà audizioni a partire dal 30 settembre e che avrà l’ultima parola sull’approvazione della proposta complessiva. Sono audizioni molto serie e incalzanti, in cui si testa la preparazione dei candidati e che normalmente i neocommissari vivono come un momento molto difficile e per nulla formale: è già capitato molte volte in passato che il Parlamento bocciasse alcuni profili. Una pratica che ritengo di massima serietà e trasparenza, e che penso potrebbe e dovrebbe essere importata anche in altri Paesi come il nostro quando vengono indicati possibili candidati per ricoprire cariche di alto profilo di Governo.

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Un commento

  1. Giampaolo Centofanti 27 settembre 2019

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