Orfani dei femminicidi

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A livello internazionale, i primi dati sul femminicidio[1] sono stati evidenziati dal rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità del 2002, secondo cui la prima causa di uccisione, nel mondo, delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio da parte di persone conosciute, in particolare partner ed ex partner.

L’ultimo rapporto OMS, quello del 2013, ci rivela che, nel mondo, il 35% delle donne subisce nel corso della vita qualche forma di violenza.

La situazione in Italia

Sono 118 i casi di femminicidi registrati in Italia nel 2016. In lieve calo rispetto al 2015, ma questo non può costituire un elemento confortante.

L’Istituto di ricerche economiche e sociali – Eures – che da anni dedica al fenomeno un osservatorio, racconta di una vera e propria strage. Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (pari al 71,9%) in famiglia; e 846 di queste (il 67,6%) all’interno della coppia; 224 (il 26,5%) per mano di un ex.

E, se si va ancora più indietro nel tempo, fino al 2000, anno record con 199 delitti, il dato sale addirittura a 2.800 femminicidi.

Nel periodo 2005-2015, secondo i dati statistici, gli omicidi avvenuti nell’ambito di una coppia hanno avuto nel 40,9% dei casi un movente passionale e nel 21,6% sono stati originati da liti o dissapori.

Le armi più utilizzate per uccidere sono state quelle da taglio (32,5%) e da fuoco (30,1%). Mentre nel 12,2% dei casi si è fatto uso di armi improprie: il 9% ha strangolato la vittima e il 5,6% l’ha soffocata.

Nel 16,7% dei casi il femminicidio è stato preceduto da violenze note, nel senso che si tratta di violenze regolarmente denunciate alle Forze dell’ordine. In tre casi su dieci, l’assassino si è tolto la vita e nel 9% dei casi ci ha provato senza riuscirci.

Per quanto riguarda il riscontro territoriale, si nota che nel 2016 il 53,4% dei femminicidi (62 donne uccise) si è registrato al Nord (Lombardia in testa) e il 75,9% in ambito familiare. Al Sud il dato scende a quota 26,7%, al centro al 19,8%.

L’età media delle vittime è di 50,8 anni, e nel 92,5% dei casi gli assassini sono uomini killer. Anche nel 2016 la famiglia (con 88 donne uccise, pari al 75,9% del totale), si conferma il principale contesto dei femminicidi. Meno frequenti i delitti tra conoscenti (6%), quelli nell’ambito della criminalità comune (4,3%) o scaturiti da conflitti di vicinato (2,6%) e all’interno di rapporti economici o di lavoro (1,7%).

C’è, infine, il dramma degli orfani, i figli che hanno perso la madre per colpa del padre (o del convivente) assassino. Negli ultimi quindici anni il numero è salito fino a quota 1.628. Di loro si parla poco, essendo definiti incredibilmente quali vittime secondarie. Purtroppo, come cresce il numero delle donne uccise, così non può che aumentare anche quello dei figli orfani.

Una Commissione parlamentare ad hoc

Sono questi gli allarmanti, freddi e – come li ha qualificati il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio di fine anno 2016 – insopportabili dati di cui il Senato della Repubblica ha preso doverosamente atto, per deliberare, con 227 voti a favore e 5 astensioni, l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere.[2] La relativa Delibera del 18 gennaio 2017 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 25 gennaio 2017.

La Commissione monocamerale è composta da venti senatori, nominati dal Presidente del Senato, in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari, assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo e favorendo comunque l’equilibrata rappresentanza di senatrici e senatori. Avrà tempo un anno per portare a termine i lavori. Entro il gennaio 2018 dovrà presentare una relazione finale per rendere conto dell’attività svolta, ma soprattutto per illustrare le conclusioni di sintesi e le proposte, in conformità ai compiti ad essa assegnati. Nello svolgimento dei compiti, procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e con le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria, può richiedere agli organi e agli uffici della pubblica amministrazione copie di atti e di documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materie attinenti all’inchiesta.

Compiti della Commissione

Di straordinaria importanza i compiti affidati dalla Delibera alla Commissione:

a) svolgere indagini sulle reali dimensioni, condizioni, qualità e cause del femminicidio, inteso come uccisione di una donna, basata sul genere e, più in generale, di ogni forma di violenza di genere;

b) monitorare la concreta attuazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica[3] – ratificata ai sensi della legge 27 giugno 2013 n. 77 – e di ogni altro accordo sovranazionale e internazionale in materia, nonché della legislazione nazionale ispirata agli stessi principi;

c) accertare le possibili incongruità e carenze della normativa vigente rispetto al fine di tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti;

d) analizzare gli episodi di femminicidio, verificatisi a partire dal 2011, per accertare se siano riscontrabili condizioni o comportamenti ricorrenti, valutabili sul piano statistico, allo scopo di orientare l’azione di prevenzione;

e) accertare il livello di attenzione e la capacita d’intervento delle autorità e delle pubbliche amministrazioni, centrali e periferiche, competenti a svolgere attività di prevenzione e di assistenza;

f) monitorare l’effettiva destinazione alle strutture che si occupano della violenza di genere delle risorse stanziate dalle leggi a partire dal 2011;

g) proporre soluzioni di carattere legislativo e amministrativo al fine di realizzare la più adeguata prevenzione e il più efficace contrasto del femminicidio e, più in generale, di ogni forma di violenza di genere, nonché di tutelare la vittima della violenza e gli eventuali minori coinvolti.

“Intervenire sulle coscienze in termini preventivi”

«Sulla violenza di genere si è spesso parlato, correttamente e giustamente, di repressione. Il fatto che questo tipo di violenza continui e aumenti sul piano statistico, oltre che sul piano della qualità dei delitti, ci porta a considerare che non è più sufficiente parlarne solo in termini repressivi, che pure rimane una priorità assoluta, ma è necessario intervenire sulle coscienze in termini preventivi». Lo ha dichiarato il 17 gennaio 2017 nell’aula del Senato la relatrice della proposta di istituzione della Commissione, Doris Lo Moro. La quale ha anche aggiunto: «Abbiamo promosso l’istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta sul femminicidio perché quella che è una violazione dei diritti umani non può essere più considerata come un fatto privato, ma il suo contrasto va assunto come una battaglia degli uomini e delle donne del nostro Paese… Lo Stato, in tutte le sue componenti, deve smetterla di pensare che la violenza all’interno delle famiglie sia un fatto privato. Non può essere considerato privato il fatto che nel 2016, in Italia, almeno 118 donne sono state uccise proprio in quanto donne».

Concetto ribadito dalla prima firmataria della proposta, la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli: «La violenza sulle donne non può più essere considerata un fenomeno privato. È un tema che riguarda tutte e tutti. Ognuno di noi, nel ruolo che ricopre, ha la responsabilità di agire».

Una maggiore tutela agli orfani per crimini domestici

L’Italia, ad oggi, risulta clamorosamente inadempiente relativamente alle misure da apportare per tutelare adeguatamente i circa duemila orfani coinvolti negli episodi di femminicidio.

Secondo la relatrice Lo Moro, la Commissione d’inchiesta «dovrà entrare nel merito delle vicende per capire come si può imprimere una svolta alla situazione, che cosa si può fare per le vittime dei tentati femminicidi e anche per le vittime più deboli e più fragili, che sono i figli rimasti orfani».

L’omicidio del coniuge, infatti, comporta per i figli della vittima la perdita non solo del genitore ucciso, ma anche del genitore autore del delitto. Come dimostrano molti recenti casi di cronaca, al dramma della violenza e della perdita del genitore, per i figli si aggiungono innumerevoli difficoltà di ordine pratico ed economico.

Ben venga una Commissione parlamentare che contribuisca a dare una doverosa e più incisiva risposta anche a questo problema.

Che intanto, però, nella giornata del 1° marzo ha trovato una prima risposta positiva da parte della Camera, la quale ha approvato all’unanimità un testo – che ora passa al Senato – recante disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici.

Si tratta di un disegno di legge che rafforza le tutele per i figli – minorenni o maggiorenni non autosufficienti – rimasti orfani a seguito di un crimine domestico commesso dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato, o da una persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima, consentendo loro l’accesso al patrocinio a spese dello Stato, a prescindere dai limiti di reddito e prevedendo una tutela più incisiva rispetto al loro diritto al risarcimento del danno.

Il disegno di legge prevede – finalmente ! – la sospensione del diritto alla pensione di reversibilità del soggetto indagato per omicidio volontario o tentato nei confronti del coniuge, a partire dalla richiesta di rinvio a giudizio dell’indagato. Durante tale periodo (e fino a quando vi siano i requisiti di legge) la pensione, senza obbligo di restituzione, sarà percepita dai figli della vittima.

Per il soggetto indagato per omicidio volontario o tentato nei confronti del coniuge è altresì prevista la sospensione del diritto a succedere: i suoi beni saranno sequestrati a garanzia del pagamento dei danni subiti dai figli della vittima, che dovranno essere liquidati subito dal Giudice Penale, almeno per una quota del 50% del loro presumibile ammontare.

Queste norme si applicheranno anche nei casi di omicidi commessi a danno della parte dell’unione civile.

L’omicidio del coniuge, del partner civile e del convivente viene equiparato a quello dei genitori o dei figli e rientra pertanto nella fattispecie aggravata per la quale è prevista la pena dell’ergastolo.

Arrivano poi, per gli orfani di crimini domestici, iniziative e sostegni da parte dello Stato per l’assistenza medico-psicologica, per la creazione di borse di studio e per il loro inserimento lavorativo, grazie ad un fondo ad hoc.


[1] Sul femminicidio, cf. SettimanaNews.it n. 28/2016.
[2] Di iniziativa della senatrice Fedeli e altri (Doc. XXII n. 34),comunicata alla Presidenza del Senato il 26 ottobre 2016.
[3] Cf. Settimana n° 23 del 9 giugno 2013.

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